Chiesa Cattolica – Italiana

I fiori e le piante di Natale, simboli di gioia e di festa

Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano

In inverno la natura non dà frutti, eppure in questa atmosfera rarefatta e fredda, dove il silenzio e il buio riempiono l’aria, esistono alcune piante che risplendono rigogliose. Forse per questo motivo l’abete, l’agrifoglio, il vischio, ad esempio, fin dalla notte dei tempi sono stati legati a miti e storie che colmano l’atmosfera di quel senso magico e stupefatto che contraddistingue il Natale. Leggende che provengono soprattutto dai Paesi del nord, come se l’inverno volesse spandersi ovunque, verso sud, con tutta la potenza del mistero di una natura solo in apparenza addormentata.  

Il solstizio d’inverno

Sono dette piante solstiziali perché tipiche dell’alba del solstizio, il passaggio dall’autunno all’inverno, momento in cui il sole sembra “fermarsi” e i minuti di luce dopo essere diminuiti giorno dopo giorno, di nuovo tornano ad aumentare. Per questo motivo nell’antica Roma si celebrava la festa del Sol Invictus, il sole invincibile, che vince le tenebre e ricomincia ad avanzare per raggiungere il suo culmine luminoso nel solstizio d’estate, esattamente sei mesi dopo, a giugno. I miti e le leggende, sia del nord che del bacino del Mediterraneo, fanno riferimento a un bambino divino: a un sole bambino. Questi racconti sono un inno all’inverno e al suo significato più profondo: la stagione del segreto che custodisce nel grembo della terra il seme che spunterà a primavera e maturerà in estate; la stagione del silenzio, apparentemente addormentata e in realtà di preparazione a una realtà pronta a erompere e a realizzare il progetto, proprio come la Pasqua è il compimento del progetto salvifico di Dio.  

Piante di Natale

Se sfogliamo le pagine del celebre libro di Alfredo Cattabiani, Florario, rimaniamo colpiti dalla quantità di piante legate al solstizio e al Natale: l’abete, il ceppo, il vischio, l’agrifoglio, il pungitopo, il ginepro, il corbezzolo, l’elleboro e la stella di Natale. Miti e leggende che attraversano spazio e tempo e si stratificano tra loro con narrazioni, significati e simboli che sembrano andare verso la stessa direzione, verso la luce.

I colori simbolici di Natale

Il verde, il rosso e il bianco sono i colori natalizi per eccellenza e sono gli stessi delle piante del solstizio. Il verde di queste sempreverdi è così fulgido da virare alcune volte nei riflessi dell’argento. È il colore della resistenza al gelo, di una invincibile speranza. Le foglie acuminate degli abeti o dell’agrifoglio e del pungitopo rivelano anche una funzione che impressionava i nostri antenati. Con le loro foglie acuminate assumevano un valore di difesa, specie nell’ambiente agreste, e per questo erano usati come amuleti ma ancor di più per ricoprire e proteggere le scorte per l’inverno di carne salata, dall’attacco dei roditori.

Il verde e l’albero di Natale

Quando pensiamo al Natale e al colore verde, subito ci viene in mente uno dei simboli più diffusi, quello dell’abete addobbato, dell’albero di Natale. Nell’antichità, in Egitto e in Grecia, l’abete era legato al significato della nascita. Nel calendario celtico la lettera corrispondente al 25 dicembre dell’alfabeto ogamico, l’ailm, la A, apre l’anno e si lega all’abete bianco del calendario arboreo. Come lettera di inizio è anche dedicata al parto e alla nascita e simboleggia la nascita del fanciullo divino del solstizio. L’abete è un “albero cosmico” ritenuto da alcune popolazioni dell’Asia settentrionale raccordo tra cielo e terra, con le radici sprofondate negli inferi e la cima fluttuante nel cielo. Il legame tra l’abete e il solstizio è riscontrato anche nelle leggende dei paesi scandinavi e germanici, attraverso l’eco delle feste che si svolgevano nel bosco in quei giorni, quando l’abete veniva tagliato, portato a casa e quindi addobbato con ghirlande e dolciumi. Nei Paesi latini invece appare molto più tardi, alla metà circa del XIX secolo. Fu introdotto per la prima volta dalla principessa Elena di Mecklenburg nel palazzo reale di Tuileries, a Parigi.  A poco a poco l’albero di Natale si diffuse quale simbolo di Cristo, albero della vita e della Sua nascita. Anche le decorazioni hanno un significato religioso. È la luce del Signore che brilla tra i rami come simbolo di Vita spirituale, mentre i doni raccolti alla base sono l’emblema dell’amore che ci viene donato.  

Il rosso dell’agrifoglio 

Il rosso è il colore natalizio per eccellenza. È beneaugurante, rappresenta l’energia, l’amore e la passione. È il colore della regalità e nell’arte con questa tonalità accesa viene dipinto il mantello di Cristo, il re dei re. I frutti dell’agrifoglio sono rossi come quelli del pungitopo e della stella di Natale, anche se quest’ultima è una pianta esotica introdotta in tempi recenti, scoperta nel XVI secolo, coltivata in casa nell’Ottocento e diffusa in Europa solo negli ultimi decenni. L’agrifoglio nel Medioevo era assimilato al sangue di Cristo e i suoi aculei alle spine della corona che gli fu posta sul capo in segno di scherno. E sempre con il riferimento alla passione di Cristo questa pianta è cantata in una canzone inglese medioevale:  

L’agrifoglio è germogliato,
giglio bianco è il suo colore.
Una bacca ci ha donato,
rosso sangue è il suo colore.
Una spina ci ha donato,
essa punge ogni mortale,
da Maria Cristo è nato
nel mistero del Natale.

Il rosso è infine il colore del fuoco che arde, dal giorno di Natale fino al 6 gennaio, consumando il tradizionale ceppo o ciocco, attorno al quale si riuniva la famiglia nel segno dell’unità e della pace. Secondo alcune tradizioni, specialmente nell’Italia settentrionale e in Toscana, era simbolo di prosperità e simbolo di Cristo venuto sulla terra e del suo sacrificio per la salvezza.

Il bianco del vischio

Anche il bianco è un colore natalizio carico di significati di purezza e spiritualità. Nella corona di Avvento, al centro delle quattro candele, spesso se ne trova anche una bianca che viene accesa il giorno del 25. Bianco è il colore delle bacche perlescenti del vischio, una pianta che affascinava gli antichi perché cresce senza radici sugli alberi. Per i Celti sarebbe stato generato da un fulmine caduto sul ramo di una pianta, simbolo della discesa sulla terra di un dio immortale. Pianta che rimane sospesa tra cielo e terra, ospite degli alberi, paragonata al mistero della nascita di Cristo, perché sarebbe stata generata in un modo inspiegabile. Plinio, nella Naturalis historia, racconta che i Celti veneravano il vischio perché cresceva sulla quercia, albero sacro al grande dio dei cieli e delle folgori, ed era traccia del suo fuoco celeste. Nel VI libro dell’Eneide, Virgilio ci parla di un ramo d’oro che avrebbe consentito ad Enea di scendere nel regno dei morti. E leggende assai posteriori, di epoca medievale, ritenevano che la croce di Cristo fosse stata ricavata dai rami di vischio. Il bianco è anche il colore dell’elleboro, la rosa di Natale dai grandi petali che cresce nell’ombra. Secondo una leggenda, una pastorella, vedendo gli splendidi regali portati dai Magi, si sarebbe vergognata di non poter offrire niente al Bambino appena nato, sciogliendosi in lacrime che cadendo sulla neve si sarebbero trasformate in questi fiori.   

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