Gli uomini che portano a spalle in processione il carro con la macchina di Santa Rosa, durante la festa patronale di Viterbo, ogni 3 settembre, sono stati ricevuti ieri dal Papa che ha ricordato loro l’esperienza mistica della giovane Rosa, con la sua scelta di povertà assoluta e di dedizione alla carità. “Un’emozione che non dimenticheremo mai più”, queste le parole di Massimo Mecarini, presidente del Sodalizio
Marina Tomarro – Città del Vaticano
E’ una storia antichissima risalente addirittura al XIII secolo quella del Sodalizio dei “Facchini di Santa Rosa”, coloro che, ogni 3 settembre, portano sulle spalle in processione la Macchina di Santa Rosa per le strade del centro di Viterbo. Una struttura spettacolare alta circa trenta metri e dal peso medio di oltre cinquanta quintali, sulla cui cima è posta la statua della santa, un segno che vuole mostrare a tutti il suo grande esempio di vita vissuta alla luce del Vangelo, come ha ricordato anche Papa Francesco ai Facchini ricevuti ieri in udienza. È stato un momento davvero molto commovente – racconta Massimo Mecarini, presidente del Sodalizio dei “Facchini di Santa Rosa” – vedere anche l’entusiasmo del Papa di fronte ai nostri racconti, questa cosa ci ha davvero molto colpiti, e non lo dimenticheremo, diciamo che la nostra gioia era come quella che si respira il 3 settembre!”
L’orgoglio di essere facchini di Santa Rosa
Una tradizione antica che nasce da un sogno. Infatti nel 1258 Papa Alessandro IV sognò per tre volte Santa Rosa che chiedeva di essere traslata, dalla nuda terra dove era stata riposta, al Monastero delle Clarisse di San Damiano a Viterbo. E il 4 settembre di quell’anno il corpo incorrotto della giovinetta viene trasportato in una solenne processione al monastero, portato in spalla da alcuni cardinali. Per commemorare quel primo trasporto, nasce la stupefacente macchina di Santa Rosa. I facchini, per ricordare i cardinali che condussero la santa in spalla, portano ancora oggi in vita la fascia rossa. “Col passare degli anni – racconta ancora Mecarini – la processione è diventata sempre più imponente con questi baldacchini sempre più alti e che oggi hanno raggiunto l’altezza di 30 metri”. Per diventare facchini, precisa il presidente del Sodalizio, “non è necessario essere viterbesi, possono essere facchini sia le donne che gli uomini, ma bisogna superare una prova: trasportare una cassa di 150 kg per un percorso di 90 metri, questo per capire se ci sarà la resistenza di fare il percorso della processione che è quasi di un km. Una prova che va ripetuta tutti gli anni, sia dagli aspiranti facchini, sia da chi lo è già, per dimostrare di essere ancora in forma”. Chi sceglie di diventare facchino di Santa Rosa, inoltre, non lo è solo in quella giornata, ma lo resta per tutta la vita. “È come una seconda pelle – spiega Mecarini – e bisogna tenerne conto in ogni momento della vita. Oltre alla fede bisogna cercare di vivere secondo quei valori che ci sono stati insegnati da Rosa, come l’umiltà, l’aiuto a chi ne ha bisogno, l’onestà nei comportamenti. È una scelta di vita che si fa ogni giorno e non solo il 3 settembre”.
Un ciuffo per Papa Francesco
I facchini, in occasione dell’udienza, hanno regalato al Papa il così detto ciuffo, cioè il tipico cuscinetto in cuoio utilizzato da coloro che trasportano la Macchina. “In realtà si tratta di una specie di copricapo – descrive il presidente – usato dai facchini più esperti per proteggere la zona cervicale durante il trasporto, coloro che lo indossano vengono chiamati i ciuffi. Chi occupa quella postazione di solito ha molta esperienza perché è tra le più importanti. Dopo i ciuffi ci sono solo i capo facchini”.
La grande attesa e i riti di preparazione
Ogni anno si ripete questo rito che inizia già dalla mattina per poi giungere al suo culmine la sera intorno alle 21 con la partenza della Macchina. “Quel giorno succedono cose straordinarie che se non vengono vissute diventa difficile perfino raccontarle – racconta emozionato Mecarini – Di solito ci ritroviamo a fine mattinata con le autorità per un saluto, poi iniziamo il giro delle sette chiese per ricevere in ognuna la benedizione, dopodiché ci rechiamo al bosco dei cappuccini, dove incontriamo le nostre famiglie, viviamo insieme a loro un momento conviviale e le salutiamo. Una volta rimasti da soli, il capo facchino ci fa il discorso dove ci incoraggia a dare il meglio di noi quella sera. Così partiamo verso la chiesa di Santa Rosa, facendo però il percorso inverso alla processione. Arrivati alla chiesa di San Sisto, dove si trova il capannone che contiene la Macchina di Santa Rosa già accesa e pronta per essere portata, entriamo nella chiesa e riceviamo la prima benedizione “in articulum mortis”, poi usciamo e davanti alla Macchina riceviamo la seconda benedizione, e così siamo finalmente pronti per il trasporto. Man mano il capo facchino ci fa entrare tutti sotto la Macchina. Alla fine pronuncia la frase che ci fa partire: Facchini di Santa Rosa semo tutti di un sentimento? E a quella domanda diventiamo davvero tutti uniti come fratelli, ed è proprio questa magia che si crea che ci permette di superare tutte le difficoltà del percorso. Quando arriviamo è un’esplosione di gioia indescrivibile!” Il Sodalizio guarda già al prossimo 3 settembre 2024, “naturalmente ci stiamo già lavorando – conclude il presidente – quest’anno avremo una nuova Macchina che si chiama dies natalis e che riprenderà un po’ lo stile delle Macchine del diciannovesimo secolo, ma è una sorpresa e ancora non possiamo svelare molto. Ma come sempre la protagonista sarà lei, la nostra Rosa, e quindi evviva Santa Rosa!”