L’organizzazione ha presentato il doossier annuale in occasione dell’imminente Giornata mondiale delle bambine, il prossimo 11 ottobre. Tra gli ospiti il Premio Nobel per la pace 2022, l’ucraina Oleksandra Romantsova. Paolo Ferrara, direttore generale di TdH: la situazione è migliorata, ma in situazioni di crisi le più giovani perdono subito i loro diritti
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
La notizia arriva alle ultime battute del dibattito, e l’applauso scoppia fragoroso: il Premio Nobel per la pace 2023, anche quest’anno, è andato ad una donna, un’attivista per i diritti umani, l’iraniana Narges Mohammadi, vice presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani, attualmente detenuta in un carcere iraniano. Oleksandra Romantsova è commossa ed emozionata: lo scorso anno, lo stesso prestigioso Premio, è andato a lei, quale Direttrice Esecutiva della ong Centro per le libertà civili di Kiev, fondata il 30 maggio 2007 con il proposito di far avanzare i diritti umani e la democrazia in Ucraina. Oleksandra è ospite a Roma dell’incontro organizzato da Terre Des Hommes e dedicato alla presentazione della XII edizione del Dossier ”La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo” in vista della Giornata Mondiale delle Bambine, il prossimo 11 ottobre. “Sono eccitata per questa notizia, questo Premio non sarà solamente un esempio per le donne iraniane, ma per tutte le donne del mondo”, dice Oleksandra, che racconta i nove anni di guerra in Ucraina, dal 2014 ad oggi, e di come le donne nel suo Paese abbiano subito violenza di genere e sessuale senza poter mai denunciare, perché “quando non si vive in sicurezza si ha paura a farlo”. Ma oggi le donne ucraine, spiega, stanno imparando a proteggersi e a riorganizzare la propria vita.
Il dopo Covid e la difficoltà di tornare a scuola
L’orrore che il rapporto denuncia è lo “sproporzionato peso della guerra su bambine e ragazze”, rispetto ai coetanei maschi, “privandole dei loro diritti e violando i loro corpi”. I numeri non ingannano, e quelli che le pagine del dossier fornisco raccontano la condizione di inferiorità nella quale ancora si trovano le bambine e le ragazze. “In questi ultimi vent’anni si sono fatti progressi su molti fronti – spiega Paolo Ferrara, direttore generale di Terre des Hommes – ma quello che succede è che, spesso, quando ci sono situazioni di crisi, le donne, le ragazze, sono le prime a perdere quei diritti che stavano acquisendo. Questo è successo in questi ultimi anni per il Covid, che ha allontanato moltissimi bambini e bambine dalla scuola, per via del confinamento, ma che soprattutto ha reso difficile a molte bambine e ragazze tornare sui banchi di scuola, perché nel frattempo la loro vita era cambiata, erano state costrette a lavorare, a misurarsi con i lavori domestici o erano state costrette a sposarsi precocemente”.
Le violenze contro le bambine
Parità di genere, eliminazione di ogni discriminazione, di ogni forma di violenza e pratiche nocive erano tra gli obiettivi dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, a soli sei anni da questa data, la situazione è gravissima e ogni possibilità di successo si allontana sempre più. Il Dossier elenca la vergogna e l’indicibile: la violenza sessuale, in tutti i suoi aspetti, soprattutto durante i conflitti: matrimoni forzati, sfruttamento sessuale, stupri hanno colpito, tra il 2005 e il 2022, dati Unicef, almeno 16 mila minori. La quasi totalità delle vittime, il 97%, tra il 2016 e il 2020 è stata costituita da bambine. Oltre 4 milioni di bambine nel 2023 rischiano di subire mutilazioni genitali, entro il 2030 aumenteranno a 4,6 milioni e se questo è all’ordine del giorno in Paesi dell’Africa, del Medi Oriente e dell’Asia, oggi è dato certo che avviene anche in Europa, Italia compresa. A tutto questo si uniscono la difficoltà di accedere all’istruzione per molte bambine, soprattutto nelle zone di conflitti, e poi la piaga dei matrimoni e delle gravidanze precoci, spesso conseguenze di stupri. “Quando la situazione economica della famiglia peggiora – prosegue Ferrara – la prima cosa che si fa è liberarsi in qualche modo del fardello di una donna, di una ragazza, dandola in sposa a qualcun altro. Questa cosa è ancora più vera quando parliamo di conflitti e in questo momento il mondo è pieno di conflitti. Ce lo racconta la situazione in Afghanistan, ce lo ha raccontato in questi anni il conflitto mediorientale che si è scatenato dopo le varie primavere arabe e con la guerra siriana. Ce lo sta raccontando drammaticamente la situazione ucraina”.
I conflitti e il coraggio delle donne
Qualsiasi conflitto, è la triste realtà, vede vittime privilegiate soprattutto le bambine e le ragazze, da se una parte perché rimangono, al pari di tutti, vittime degli scontri, dall’altra la loro vita cambia definitivamente. “Le povertà che i conflitti portano con sé – spiega ancora Ferrara – fanno perdere molti dei diritti acquisiti e molti dei progressi fatti proprio da bambine e ragazze”. Se è pur vero che il sogno di vedere un mondo a misura di bambine e bambini è ancora lontano, resta però la verità di chi, coraggiosamente, lotta per il cambiamento climatico o per il diritto all’istruzione, e “spesso e volentieri i nomi degli attivisti sono quelli di ragazze che non hanno ancora compiuto 18 anni”. E a raccontarlo, negli ultimi mesi, sono state le immagini dei capelli tagliati delle giovani iraniane. “Queste cose – conclude Ferrara – forse fino a qualche tempo fa non erano possibili se non con poche eccezioni. Oggi stanno diventando una costante e questo significa che abbiamo seminato, perché se le donne e le ragazze hanno avuto la forza di prendere in mano il loro destino, di prendere in mano un microfono, un social network e scendere in piazza, è perché un lavoro è stato fatto in qualsiasi Paese del mondo, e non soltanto in Occidente”.