Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Passare dal “dover fare”, quindi dalla nobiltà delle intenzioni e dalle belle promesse, al “fare”, cioè all’azione concreta. Perché in Amazzonia, polmone del mondo ferito da criminalità e deforestazione, da progetti predatori e dalle malattie della terra e della gente, oltre che da problematiche pastorali, da fare c’è ancora tantissimo. È quasi un grido d’aiuto la lettera pubblicata dal cardinale Claudio Hummes, arcivescovo emerito di Saõ Paolo e presidente della Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia (Ceama), perché i propositi del Sinodo della Regione Panamazzonica indetto dal Papa nel 2019 non cadano nel vuoto, ma trovino applicazione pratica nelle diverse comunità. “Va bene continuare a discernere su ciò che dobbiamo fare, ma anche se ciò è bene, non basta”, dice il cardinale
Invito all’azione
Quella di Hummes è una lettera accorata che trae le mosse dalla Querida Amazonia, l’esortazione, anzi, la lettera d’amore redatta dal Papa per l’Amazzonia dopo l’assise sinodale, in cui Francesco chiedeva che tutto il ricco lavoro svolto nell’Aula vaticana trovasse applicazione pratica grazie all’impegno di pastori, consacrati e laici. Passi avanti in quasi due anni, con in mezzo una pandemia globale, ne sono stati fatti, ma secondo Hummes – che di quel Sinodo fu relatore generale – c’è ancora molto da fare. Restare in quello che dobbiamo fare, “non basta”, scrive nella lettera: “Invece di chiederci solo cosa dovremmo fare, come farlo, quando farlo, guardiamo e stimoliamo quello che stiamo facendo, quello che abbiamo fatto ieri”.
Andare nelle comunità
Passare al “fare” significa camminare “in rete e in sinodalità”. Proprio quella sinodalità che il Papa ha indicato come strada in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi, che inizierà “dal basso”, cioè dalle diocesi e comunità concrete. Ecco, afferma Hummes, questa è la prima tappa: “Andare alle comunità, presentare loro i risultati del Sinodo, ascoltarli e costruire con loro” i nuovi cammini; poi, “comunicare a tutta la rete quello che stiamo facendo”. “È lo Spirito Santo che deve guidarci”, afferma il porporato.
Criminalizzazione, violenza, sfruttamento ambientale
Hummes rivolge poi lo sguardo alle minacce che deturpano il volto dell’Amazzonia, quindi la distruzione e lo sfruttamento ambientale, la violazione sistematica dei diritti umani elementari della popolazione, in particolare i popoli originari che vedono annullare via via il loro “diritto al territorio, all’autodeterminazione, alla demarcazione dei territori e alla consultazione e al consenso preventivo”. Il cardinale indica quindi quelli che sono i problemi più urgenti oggi, emersi da molteplici consultazioni effettuate in molte regioni amazzoniche: “La criminalizzazione e l’assassinio di leader e difensori del territorio; l’appropriazione e la privatizzazione delle risorse naturali, come l’acqua; le concessioni legali di disboscamento e l’ingresso di compagnie illegali; la caccia e la pesca predatorie, soprattutto nei fiumi”.
Poi ci sono “i megaprogetti”: dighe idroelettriche, concessioni forestali, disboscamento per produrre monocolture, strade e ferrovie, progetti minerari e petroliferi. Essi contribuiscono all’inquinamento che “causa problemi e malattie, specialmente ai bambini e ai giovani”. A tutto ciò si aggiungono le piaghe sociali associate a tali minacce, come il traffico di droga, l’alcolismo, la violenza contro le donne, il lavoro sessuale, il traffico di esseri umani, la perdita della cultura e dell’identità originale (lingue, pratiche spirituali e costumi) e tutte le condizioni di povertà a cui sono condannati i popoli dell’Amazzonia.
Formare agenti missionari con pratica sinodale
Infine Hummes cita urgenze di carattere pastorale: “Siamo anche consapevoli – scrive – delle ripetute richieste di Papa Francesco di moltiplicare il numero di diaconi permanenti nella regione amazzonica, dove sono molto scarsi, così come il numero di ministri laici dei vari ministeri istituiti, specialmente quelli indigeni, sia per i diaconi che per i ministri laici”. Propone pertanto iniziative concrete, come “l’apertura di scuole di diaconato permanente, di catechisti e animatori di comunità, siano essi donne o uomini, agenti missionari con pratica sinodale, così come il rinnovamento sinodale del nostro attuale clero e religiosi. Queste scuole, a loro volta, dovranno innovare e inculturarsi, sia nella metodologia che nel curriculum”.
Da qui, una preghiera conclusiva: “Preghiamo lo Spirito Santo di mantenere il fuoco sinodale acceso nella Chiesa pan-amazzonica!”.