Antonella Palermo – Città del Vaticano
Secondo un rapporto di Human Rights Watch, rifugiati eritrei sono stati sottoposti ad abusi, esecuzioni sommarie e stupri. Il rapporto parla del ruolo dei soldati eritrei e dei combattenti ribelli della regione etiope del Tigray rilevando violenze su larga scala con rimpatri forzati e la devastazione di due campi profughi. “Le orribili uccisioni, gli stupri e i saccheggi tra i rifugiati eritrei nel Tigray sono chiaramente crimini di guerra”, ha detto Laetitia Bader, direttore di HRW per il Corno d’Africa.
Scambi di accuse in una guerra civile dai danni umanitari incalcolabili
Il governo dell’Etiopia ha accusato le forze del partito locale Fronte di liberazione del popolo del Tigray (Tplf) di aver massacrato fino a 200 civili nel villaggio di Chenna, ma il Tplf nega, accusando il primo ministro, Abiy Ahmed, di aver mandato “preti, donne e bambini” in battaglia come carne da macello. E’ l’ennesimo scambio di accuse nell’ambito della guerra civile che da oltre dieci mesi coinvolge le due parti e che ha provocato migliaia di morti e una grave crisi umanitaria. I medici hanno dichiarato all’agenzia Afp che il bilancio delle vittime di uno dei peggiori episodi riportati in questo conflitto è di 125 persone, ma potrebbe salire. Chenna è situato nella regione degli Amhara, che sorge a Sud del Tigray. Nonostante Abiy avesse infatti promesso una rapida vittoria dopo l’offensiva militare sferrata lo scorso 4 novembre, i combattimenti negli ultimi mesi si sono diffusi nelle confinanti regioni degli Amhara e degli Afar, sfollando centinaia di migliaia di persone e uccidendo un numero incalcolabile di civili. Le violenze sono scoppiate a Chenna agli inizi di questo mese, e il villaggio – un insieme di abitazioni fatte con il fango – è ora prevalentemente vuoto, con i suoi abitanti lontani per il tanfo di morte che vi aleggia. “Non abbiamo sepolto tutti. Abbiamo sepolto la nostra gente massacrata. Lo abbiamo fatto per quattro giorni di fila”, ha detto all’Afp Yalew Kasse, combattente nella milizia degli Amhara.
Gli sfollati eritrei non sono al sicuro
“Per molti anni, il Tigray è stato un rifugio per gli sfollati eritrei in fuga dalle persecuzioni nel loro Paese”, ricorda il direttore di HRW e aggiunge: “Oggi, non si sentono più sicuri lì”. Il regime eritreo – che ha governato l’Etiopia durante il sanguinoso conflitto di confine tra i due Paesi dal 1998 al 2000 – ha sostenuto militarmente Addis Abeba inviando truppe in questa regione con cui confina a Sud. Prima dell’inizio del conflitto, 92.000 rifugiati eritrei si trovavano nel Tigray, compresi 19.200 nei campi di Hitsats e Shimelba, secondo l’Agenzia etiope per i rifugiati e i rimpatriati (ARRA). L’AFP ha potuto documentare come, una volta che i combattimenti hanno raggiunto il campo di Hitsats, i miliziani pro-TPLF abbiano preso di mira i rifugiati per rappresaglia, uccidendo nove giovani eritrei fuori da una chiesa. Quando gli eritrei hanno preso il controllo del campo, hanno riferito di aver trasportato 17 rifugiati feriti in Eritrea per essere curati, secondo il rapporto di HRW. Ma la maggior parte di questi rifugiati sono ancora dispersi, insieme ad altri 20-30 che sono stati arrestati “tra cui membri del comitato dei rifugiati e sospetti membri dell’opposizione, comprese due donne”, ha dichiarato l’organizzazione.
L’appello di HRW alle parti in conflitto: garantire l’accesso agli aiuti
Dal rapporto di Human Rights Watch si apprende inoltre che dopo aver ripreso il controllo dell’area all’inizio di dicembre scorso, le forze del Tigray hanno iniziato a derubare, imprigionare, violentare e attaccare i rifugiati con armi. Centinaia di persone non hanno avuto altra scelta che tornare in Eritrea: alcuni sono andati nei campi di Mai Aini e Adi Harush più a Sud. Ma questi sono poi passati sotto il controllo del TPLF a luglio. Le autorità etiopi stanno cercando di accelerare il reinsediamento dei rifugiati del Tigray meridionale in un sito di 90 ettari nella regione di Amhara, vicina al Tigray. Ma la zona è stata presa dai combattimenti a luglio. HRW chiede a tutte le parti in conflitto di permettere ai rifugiati la libertà di movimento e il libero accesso agli aiuti.