Hollerich: il Sinodo, un grande mosaico di fraternità

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Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“Tutta la dinamica del Sinodo deve essere un’offerta” che apra “le nostre orecchie all’ascolto, ci aiuta a vivere un vero discernimento, affinché io non manipoli il processo sinodale per i miei fini, per i miei obiettivi di una Chiesa che sogno e desidero”. Il mio sogno di Chiesa “deve diventare il nostro sogno di Chiesa grazie al contributo delle mie sorelle e dei miei fratelli”, perché “Sinodalità è entrare in un ‘noi’ sempre più grande, è cercare ciò che ci costruisce insieme come comunità, come popolo di Dio”. Così il cardinale Jean-Claude Hollerich, relatore generale del Sinodo, presenta il lavoro che attende tutta la Chiesa nell’assemblea sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” nel suo saluto che, dopo il discorso di Papa Francesco, apre il momento di riflessione per l’inizio del processo sinodale, nell’aula nuova del Sinodo.

Hollerich: Instrumentum laboris da riempire insieme

Il porporato, presidente della Commissione delle conferenze episcopali europee, confessa subito “di non avere ancora idea del tipo di Instrumentum laboris che scriverò”, le pagine sono vuote, “sta a voi riempirle”. Perché uno strumento di lavoro sulla sinodalità “può venire solo dal lavoro di gruppo”. Quindi, sviluppa il suo saluto su sei punti: cammino, ascolto, preghiera, comunione, discernimento e offerta.

Un cammino fatto di tanti piccoli pezzi di puzzle colorati

“Una Chiesa sinodale – esordisce il cardinale Hollerich – è una Chiesa relazionale, una Chiesa dell’incontro”.  Ci saranno incontri nei gruppi di lavoro, “a livello di diocesi, a livello di conferenze episcopali, a livello di continenti e infine l’Assemblea generale con i Padri Sinodali nell’ottobre 2023 in questa stessa sala”. Ci prenderemo del tempo l’uno per l’altro, aggiunge “per camminare insieme”. La direzione del cammino la sceglie lo Spirito Santo, che “a volte, come a Pentecoste, si manifesta e riempie i nostri cuori di gioia e di chiarezza” per illuminare il cammino, ma molto più spesso, “ci lascia condurre il nostro cammino con piccoli pezzi di un puzzle, un puzzle con molti colori che vengono da tutti i miei fratelli e sorelle”.

Partecipare tutti, a partire dai poveri e le periferie

Sta a noi il discernimento. “dobbiamo scegliere i pezzi giusti uno dopo l’altro, in un certo ordine, con la partecipazione di tutti”. “È un puzzle enorme – prosegue il porporato – dove tutti possono partecipare, soprattutto i più poveri, i senza voce, quelli alla periferia. Se escludiamo dei giocatori, il puzzle non sarà completo”.

Le tentazioni del maligno che non vuole una Chiesa unita

E dato che “il maligno che non vuole vedere la Chiesa di Cristo camminare insieme” per il relatore generale, cominceranno anche le sue tentazioni. Ci sarà chi dirà: “È una buona idea, ma non ho tempo”. Altri: “Non è forse un modo per farci ingoiare dei cambiamenti che sono già stati decisi in anticipo?”, oppure: “Che utopia, ascoltare l’esperienza di tutti!”, e ancora: “Non voglio cambiare, il cambiamento disturba la mia vita e i miei piani pastorali”. Ma in questo cammino, chiosa il cardinale, “i pastori devono ascoltare la voce delle pecore”.

Con l’ascolto passiamo da un “io” ad un “noi”

L’ascolto “va controcorrente rispetto a una società come la nostra, dove bisogna mettersi in mostra, dove bisogna ‘realizzarsi’. E’ un passaggio da un ‘io’ a un ‘noi’. E’ una qualità divina”. Ascolto anche per i vescovi , che ascoltano il Vangelo, proclamato dal diacono, non lo proclamano essi stessi. “Non siamo i padroni del Vangelo, siamo i suoi servitori. Il nostro ascolto deve sempre includere la nostra conversione al Vangelo”. Infatti, chiarisce il cardinale Hollerich, “Il vescovo proclama la Parola di Dio nella sua omelia solo dopo aver ascoltato Cristo e la Chiesa”. E questo stesso atteggiamento di ascolto “caratterizza il nostro ruolo nel cammino sinodale”.

Preghiera per una vera comunione con Dio e tra noi

Ma perché “il Vangelo di Cristo in noi diventi azione, dobbiamo passare attraverso la via della preghiera”. Per questo, prosegue il porporato, “il cammino sinodale nelle diocesi deve essere aperto con una preghiera vera e profonda”. La sola che “può portarci ad un atteggiamento interiore di apertura e disponibilità e a quella pace che ci permette di fare scelte in libertà”. Una preghiera per “la vera comunione con Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo” che “ci impedirà di trasformare il Sinodo in un dibattito politico dove ognuno combatte per la propria agenda”. E che è garanzia “della cattolicità, cioè dell’universalità del Sinodo”, del fatto che “non siamo solo in questo cammino, con un gruppo di amici, che la pensano come me”. Garanzia “della partecipazione universale”.

Discernimento che parte dal locale e arriverà al globale

Quello che la Chiesa vivrà, chiarisce ancora il relatore generale, sarà “un momento di discernimento a spirale verso l’alto: da una piccola comunità al momento sinodale globale, passando per diverse tappe nel tempo e nello spazio, un passaggio da un “io” a un “noi” sempre più grande. Il discernimento personale si espande nel discernimento comunitario e alla fine diventa un vero discernimento ecclesiale”. E Il movimento da un livello all’altro “richiede un momento di offerta, dove ognuno può aprire le mani e consegnare tutto al padrone del raccolto”.

L’ offerta del lavoro al Padre, che ci manderà in missione

È a Lui, conclude il porporato, “che consegniamo i frutti del nostro ascolto, dei nostri discorsi, delle nostre preghiere, delle nostre delibere e delle nostre decisioni. È un momento supremo di libertà spirituale perché Dio confermi il nostro cammino”. Non è rimanendo seduti “che potremo discernere la volontà del Padre”, ma camminando insieme e facendo scelte. “La Chiesa non è autoreferenziale, è una comunione profonda che richiede la partecipazione di tutti ed è inviata in missione” da Dio Padre, che “dovrà accettare le nostre scelte”.

La giovane Yon (Sud Africa): fede più forte nella comunità

Dopo il saluto del cardinale Hollerich, sei testimoni da tutti i continenti portano la loro condizione di battezzati, il loro ruolo nella Chiesa e le attese per questo processo sinodale sulla sinodalità. A partire da Dominique Yon, del Consiglio dei Giovani del Sudafrica, che prega perché tutti noi nella Chiesa abbiamo coraggio, forza, fede e visione per raccogliere la sfida “di portare l’inclusione nella struttura della Chiesa, includendo anche le donne e i giovani nei suoi processi”. La sua meditazione parte dalla dolorosa ma illuminante esperienza di un cancro, dal quale oggi è guarita, che le ha dato “una nuova percezione della fede e della missione” grazie anche all’amore “travolgente” e all’accompagnamento nella preghiera della “mia famiglia parrocchiale”. La sua fede si è rafforzata, soprattutto per “il mio coinvolgimento nella Chiesa e le relazioni che ho avuto con i responsabili e con la comunità lungo questo percorso”. Ora è impegnata nella pastorale giovanile, coinvolta nell’International Youth Advisory Body, e grazie “ai miei impegni ecumenici globali, ho imparato che la comunione nella missione è la chiave per costruire la civiltà dell’amore”.

L’impegno di unire tutti i fedeli in una sola Chiesa in Cristo

Dominique si dice “particolarmente ispirata ed entusiasta davanti alla prospettiva di una Chiesa sinodale che procede in comunione per perseguire una missione comune attraverso la partecipazione di ciascuno dei suoi membri, compresi quelli alla periferia come i perseguitati o oppressi a causa dell’età, della religione, del colore o del genere”. E si augura “nonostante le costanti divisioni che dobbiamo affrontare in questo mondo”, questo processo sinodale “aiuterà ad unire tutti i fedeli in una sola Chiesa in Cristo, ciascuno col suo ruolo da giocare”. “Non vedo l’ora – conclude – di trasformare la nostra Chiesa, insieme”.