Jean Charles Putzolu e Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Quello che vedo è che il Papa è consapevole della necessità di migliorare le relazioni tra le religioni e di trovare una base per un’azione comune sulle grandi questioni dell’umanità, che sono la pace, la giustizia, il clima e molte altre cose, tra cui ovviamente i diritti umani”. Monsignor Paul Hinder delinea le direttrici sulle quali si snoderà il viaggio apostolico di Papa Francesco in Bahrein, piccolo Regno costituito da un arcipelago di 33 isole che fa parte del vicariato apostolico dell’Arabia del Nord. Dopo la scomparsa, nel 2020, del vicario Camillo Ballin, amministratore apostolico è appunto Hinder, che fino all’1 maggio di quest’anno ha governato anche il vicariato apostolico dell’Arabia del Sud.
In un’intervista concessa a Vatican News, il prelato fa un quadro del Paese e della presenza delle comunità cristiane, relativamente recente e legata a quella del personale diplomatico, di imprese e lavoratori stranieri, giunti nel Paese a partire dal 1930. Sebbene l’Islam sia la religione ufficiale e sia in vigore la Sharia, la legge islamica, le comunità cristiane e di altre fedi godono della libertà di culto e da tempo la casa regnante degli Al-Khalifa si è fatta promotrice di una politica religiosa tollerante e aperta al dialogo interreligioso, come conferma, tra l’altro, il fatto che il Regno ospita diversi luoghi di culto non musulmani, comprese due parrocchie. La Chiesa locale in Bahrein, spiega monsignor Hinder, è impegnata in attività pastorali e in alcune iniziative caritative portate avanti da gruppi e associazioni parrocchiali, e quella cattolica gestisce anche una scuola.
Chi sono i cattolici in Bahrein?
In Bahrein ci sono circa 80 mila cattolici che provengono da diverse parti del mondo, in particolare dall’Africa, dall’America, dall’India, dalle Filippine e da altri paesi, soprattutto da paesi vicini come il Libano, la Giordania, l’Iraq. Si tratta di comunità di rito latino, siro-malabarese, siro-malankarese, di maroniti, di siriani, eccetera. Questo conferisce un particolare aspetto alla Chiesa locale.
Il Bahrein applica la Sharia, ovvero la legge islamica, ma è anche un Paese in cui le religioni godono di libertà di culto. Questo significa che la Sharia è compatibile con l’incontro di culture e religioni?
Dipende sempre da come viene applicata. Il Bahrein, però, è sempre stato molto aperto alle altre religioni. Per la Chiesa cattolica, bisogna risalire al 1939, quando abbiamo avuto la prima chiesa accanto alle grandi scuole arabe. Questa apertura è maggiore rispetto a quella di altri Paesi della regione.
Il Bahrein viene presentato come uno Stato dove viene applicata la pena di morte – e non è il primo che Papa Francesco visita -, dove i diritti umani non sono pienamente rispettati. A questo proposito, i leader del Bahrein sono aperti al dialogo?
Penso che anche il Papa, con discrezione, parlerà di questa situazione. Lui ne è a conoscenza. Naturalmente, cose del genere, probabilmente, non avranno la pubblicità che alcuni si aspettano. Ma per come conosco il Papa, non starà zitto e forse non parlerà in pubblico di tali questioni.
Il programma di Francesco prevede momenti con la comunità cattolica, ma anche una preghiera ecumenica e un incontro con il Consiglio degli anziani musulmani. E poi ci sarà anche un incontro con l’imam Al-Tayeb, con il quale il Papa ha firmato il Documento sulla fratellanza umana. Cosa pensa di questo rapporto amicizia che si è sviluppato tra Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar?
Credo che il termine “amicizia” sia corretto. L’ho visto già tre anni fa, quando il Papa è venuto ad Abu Dhabi. È stato chiaro, c’è una relazione speciale, che si è sviluppata, più profonda, forse, che con altri leader musulmani. E il Papa sta approfittando di questa particolare relazione per portare avanti, direi, il dialogo. Ovviamente, non vorrà limitarsi solo ad una porzione o solo ad una parte del mondo musulmano e, probabilmente, avrà anche la possibilità di approfondire le relazioni, non solo con i sunniti, ma anche con gli sciiti o con altre tendenze all’interno del mondo musulmano. Quello che vedo è che il Papa è consapevole della necessità di migliorare le relazioni tra le religioni e di trovare una base per un’azione comune sulle grandi questioni dell’umanità, che sono la pace, la giustizia, il clima e molte altre cose, tra cui ovviamente i diritti umani.