Lisa Zengarini – Città del Vaticano
A poco più di un mese dall’allarme lanciato dai vescovi haitiani sulla situazione “esplosiva” e insostenibile che sta vivendo il Paese, la Conferenza dei religiosi e delle religiose haitiani (Chr) lancia un duro atto di accusa contro il Presidente Jovenel Moïse, ancora saldamente al potere nonostante la società civile haitiana ne chieda da tempo le dimissioni, anche in seguito a scandali ed episodi di corruzione, e la scadenza del mandato.
Moïse, che ha voluto avviare una contestata riforma della Costituzione, governa da più di un anno a colpi di decreto, perché non esiste un parlamento e le elezioni legislative, previste originariamente nel gennaio 2020, sono state rinviate al prossimo settembre, insieme alle presidenziali. Questo mentre la popolazione haitiana, già vessata da miseria e malattie, vede il proprio futuro sempre più incerto, minacciato adesso anche dalla pandemia del Covid-19: il 60% vive sotto la soglia di povertà, l’inflazione è altissima e mancano cibo e carburante. A ciò si aggiungono le violenze perpetrate dagli squadroni della morte che seminano terrore ovunque in un contesto di “impunità quasi totale”, come denunciato dagli stessi vescovi nella loro lettera pastorale del 2 febbraio. Ad Haiti, infatti, l’insicurezza e i rapimenti sono all’ordine del giorno. Nessuno è risparmiato, creando così una paura diffusa tra la popolazione.
Secondo i religiosi e le religiose haitiane, a un mese di distanza , il “quadro cupo” descritto dai vescovi nella loro lettera continua a diventare sempre più oscuro: “Nessuna decisione seria è stata presa per alleviare le sofferenze delle persone o per proteggerle dalle aggressioni”, è la denuncia contenuta in una lettera aperta indirizzata a Moïse. “L’unica cosa che sembra premerla – scrivono – è portare a termine il vostro cosiddetto mandato a tutti i costi, in spregio delle legittime richieste di un intero popolo. Viene da chiedersi – prosegue la missiva – che senso ha aggrapparsi al potere anche illegittimamente o illegalmente, quando più della metà della sua popolazione vive in condizioni di insicurezza alimentare cronica? Perché volere a tutti i costi estendere o revocare una parvenza di mandato senza poter garantire la sicurezza della vita e dei beni, la libera circolazione delle persone? A cosa serve un presidente o un governo incapace di fermare il treno della morte che semina quotidianamente il lutto tra la popolazione?”
Ricordando l’invito a cambiare il Paese lanciato da San Giovanni Paolo II in occasione del suo viaggio apostolico ad Haiti nel 1983, i religiosi haitiani lamentano come a 38 anni di distanza il cambiamento si sia verificato in peggio: “Il Paese – scrivono – sta morendo, la popolazione è sotto giogo, l’insicurezza dilaga, i più poveri non ce la fanno più, la popolazione è allo sbando e al limite della disperazione, il Paese non è più governato. Siamo testimoni e vittime di troppi crimini, troppe ingiustizie e disuguaglianze”. Per la Chr la responsabilità di questa “discesa agli inferi” ricade interamente sul Presidente Moïse che , afferma in conclusione la lettera, ha “il dovere di dare risposte rapide e concrete alle richieste del popolo, a cominciare dal rispetto delle leggi del Paese”.