Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Diciassette milioni di dollari, uno per ogni missionario rapito. Questa la richiesta di riscatto avanzata dalla banda che ha sequestrato 17 religiosi americani, tutti statunitensi e uno canadese, nei giorni scorsi ad Haiti. Tutti fanno parte dell’organizzazione Christian Aid Ministries. Lo scrive il Wall Street Journal riportando le dichiarazioni del ministro della Giustizia di Port au Prince. Liszt Quitel, secondo la quale l’Fbi e la polizia haitiana sarebbero in contatto con i rapitori, ai quali hanno chiesto il rilascio dei missionari rapiti.
Sempre alta la tensione
Dopo il devastante terremoto dell’agosto scorso, che fa seguito a quello del 2010 e della pandemia di colera scoppiata subito dopo, nel Paese caraibico è sempre altissima la tensione. Ieri il primo ministro Ariel Henry e la sua scorta sono stati costretti a fuggire da una cerimonia ufficiale a Port-au-Prince, minacciati da un gruppo armato. I miliziani hanno poi sfilato al posto della delegazione governativa, Un segno di come Haiti sia sempre di più nelle mani della criminalità e sia un Paese abbandonato dalla Comunità internazionale che forse non percepisce la drammatica urgenza della situazione. Per Luigi Bonanate, docente emerito all’Università di Torino di Relazioni Internazionali, questa è la triste storia di Haiti, una nazione con mille potenzialità, ma con una storia drammatica che si ripete periodicamente:
Professor Bonanate, di fronte ad un Paese colpito profondamente qual è l’atteggiamento della Comunità internazionale?
Nei confronti di Haiti c’è l’indifferenza più totale che si possa immaginare. La storia di Haiti purtroppo è sempre stata questa. Potrebbe essere considerato come uno dei paradisi terrestri nel pianeta, perché butti per terra un seme e cresce una pianta. E’ una terra prediletta dalla natura, però gli esseri umani l’hanno completamente distrutta. A questo poi si aggiunge la sfortuna della situazione sismica e così il bene e il male che si alternano sono il marchio di Haiti. E’ terribile veramente questa storia.
Un Paese che oggi è in mano alle bande armate, alle quali continuano ad arrivare armi…
Le armi arrivano da ovunque come sempre. Le armi purtroppo sono il secondo o terzo mercato più redditizio del mondo dopo la droga e dopo il commercio di esseri umani. E quindi non è difficile trovare armi, il problema è, ahimé, come ho scritto invano tante volte nella mia vita, le armi non sparano da sole, sono oggetti inerti, simo noi esseri umani che le attiviamo e che continuiamo a non capire che questa è una condanna spaventosa. Eppure non si riesce a fare assolutamente nulla. Lo vediamo oggi ad Haiti, lo abbiamo visto in Afghanistan, ma lo possiamo vedere in ogni angolo della Terra. Il problema è che dobbiamo imparare ad educarci. Cioè è l’educazione che manca, educazione come formazione, non certo come uso delle buone maniere o delle etichette, nell’imparare fin da giovani che la violenza fa solo del male e non produce mai nulla di buono.
Manca la consapevolezza nella Comunità internazionale che abbandonando certe zone come Haiti, ma guardiamo anche a Paesi dell’Africa, dell’Asia, c’è una ricaduta negativa su tutto il Pianeta, anche i cosiddetti Paesi del benessere?
Non c’è nessun dubbio sul fatto che il comportamento occidentale non sia altro che un tentativo di completare lo sfruttamento di tutte le zone possibili della Terra, sulla base però di una consapevolezza che si vuole mascherare. Non ci si vuole rendere conto che l nostro modo ricco e incosciente di consumare, sprecare, di vivere bene, tutto questo un giorno finirà. Il futuro non è più dell’occidente, il futuro è l’ampliamento di tutte le risorse al resto del mondo, soprattutto a quelle regioni che chiamiamo ‘terzo mondo’. Vediamo un mondo che sta declinando e che rischia una crisi profonda, esistenziale, direi e cerchiamo di aggrapparci alle fortune che abbiamo ancora.