Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Da oggi, mercoledì 27 aprile, la Russia ha interrotto le forniture di gas verso Polonia e Bulgaria. La notizia, anticipata ieri da alcune agenzie internazionali, ha trovato conferma nelle ore seguenti. “La polacca Pgnig ha rifiutato di pagare le consegne di gas russo secondo la nuova procedura che prevede la conversione obbligatoria in rubli e in relazione a ciò, Pgnig ha affermato di aver ricevuto un avviso da Gazprom Export secondo cui le forniture di gas russo al Paese saranno completamente interrotte dalla mattina di mercoledì 27 aprile”. La notizia è riportata da Interfax, che cita una nota dell’operatore polacco Pgnig. Gazprom ha inoltre informato la Bulgaria che interromperà le forniture di gas a Sofia, come reso noto dal ministro dell’Energia bulgato. “La parte bulgara ha pienamente adempiuto ai propri obblighi e ha effettuato tutti i pagamenti richiesti dal suo attuale contratto in modo tempestivo, rigorosamente e in conformità con i suoi termini”, ha denunciato in una nota il ministero.
I primissimi effetti
Nelle ore successive all’annuncio, c’è stata un’improvvisa accelerazione del prezzo del gas sui mercati europei: il metano nel tardo pomeriggio di ieri ha visto il prezzo salire fino a 107 euro al megawattora, con un aumento massimo del 17% rispetto alle 24 ore precedenti. Quindi un lieve calo, per attestarsi intorno ai 100 euro sul listino di Amsterdam. Sono però gli effetti nel medio periodo a destare maggiore preoccupazione. Sulla questione è intervenuta anche Washington. “Nei mesi scorsi gli Usa hanno lavorato per aumentare forniture di gas naturale e alternative per quei Paesi che dipendono dalla Russia” da un punto di vista energetico, ha detto la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, parlando di “uno sforzo continuo” da parte dell’amministrazione Biden.
La dipendenza dal gas russo
Secondo le stime più recenti, la polacca Pgnig nel primo trimestre di quest’anno aveva acquistato dalla Russia il 53% del gas importato in Polonia. La società polacca ritiene che l’interruzione delle forniture costituisca una violazione dei contratti e sta valutando quali iniziative portare avanti per far valere i propri diritti. Il governo polacco ha comunque fatto sapere che grazie alle attuali forniture da altri Paesi, e alla minore domanda in vista dell’arrivo della stagione calda, non sarà comunque necessario attingere alle riserve di gas e che non ci saranno tagli per le attività produttive e domestiche.Il premier polacco Mateusz Morawiecki, parlando al Parlamento, ha affermato che il “ricatto del gas” messo in atto dalla Russia non avrà alcun effetto sulla Polonia. Il Paese è al sicuro grazie ad anni di sforzi volti a garantire l’arrivo del gas da altri Paesi, ha aggiunto il premier. In Bulgaria il ministero dell’Energia ha detto che valuterà altre soluzioni per l’approvvigionamento di gas e che non ci saranno nell’immediato limitazioni per industrie e privati. La dipendenza bulgara dal gas russo è però nettamente superiore a quella polacca: Sofia importa da Mosca il 90% del gas totale. “Il ricatto unilaterale non è accettabile”, ha detto il primo ministro bulgaro Kiril Petkov a proposito dell’interruzione da parte di Gazprom delle forniture di gas al Paese.
Le conseguenze
Cosa comporta dunque questa decisione per la popolazione civile? La dipendenza energetica può decidere le sorti della guerra iniziata lo scorso 24 febbraio e quali altri Paesi sono a rischio? Risponde l’economista Leonardo Becchetti, Ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata” e componente delle Settimane sociali dei cattolici.
Professore, partiamo dalla decisione di queste ore: Polonia e Bulgaria non riceveranno più gas russo, da cui dipendono rispettivamente per il cinquanta e il novanta per cento. Cosa significa per la popolazione?
Sicuramente non è un problema quantificabile in giorni o settimane, ci sono comunque le riserve. Certamente c’è almeno un mese di tempo. Naturalmente sostituire le fonti di energia non è qualcosa di rapido, l’Italia ad esempio potrebbe fare a meno del gas russo nel giro di un paio di anni. Potrebbero esserci dei problemi a partire dal prossimo inverno, che possono essere risolti ricorrendo alla sobrietà, con limiti alla temperatura, ma soprattutto accelerando la transizione già prevista dall’Unione Europea, ovvero liberandosi dalle fonti fossili.
Questa guerra iniziata da oltre due mesi potrebbe essere decisa proprio sotto il profilo economico? Da un lato le sanzioni, dall’altro la questione energetica.
L’economia può dare degli indirizzi, ma non sono convinto che con le sanzioni economiche si fermerà la Russia, né che lo stop al gas cambierà le sorti del conflitto. La guerra si risolve se si trova un punto di equilibrio tra le parti, accettabile per entrambi. Ci stiamo comportando in modo diverso rispetto alla Guerra Fredda, c’è un’enorme aggressività verbale che non condivido. I leader politici hanno il dovere di cercare il negoziato, la pace, riducendo i rischi di escalation che possono iniziare anche da eccessi verbali.
Quali altri Paesi rischiano di pagare un prezzo alto, ammesso che la Russia possa permettersi di chiudere i rubinetti anche con altri Stati…
Va detto che questo è un costo anche per la Russia, che certamente da un giorno all’altro non può diversificare la fornitura di gas. Un costo importante. La Russia può comunque farlo per tutti i Paesi schierati con l’Ucraina, da quelli dell’Est Europa alla stessa Italia. Secondo me dalle tragedie nascono grandi opportunità. Questa è una grande opportunità per andare in due direzioni. La prima è quella della sobrietà, a cui ci invita nella Laudato si’ anche Papa Francesco. Non dimentichiamo la decisione del Governo italiano di mettere dei limiti alla temperatura di condizionatori e riscaldamento, che a volte usiamo in maniera sconsiderata. L’altra è l’accelerazione verso le fonti rinnovabili che oggi convengono per la salute, per il clima, per i prezzi e anche per raggiungere quell’indipendenza energetica che ci evita di dover finanziare le guerre di Putin, cosa che oggi stiamo facendo nonostante le sanzioni.