Chiesa Cattolica – Italiana

Graziano Motta, il racconto di un giornalista appassionato

Adriana Masotti – Città del Vaticano

“Graziano Motta appartiene ad una specie professionale in via di estinzione: il giornalista appassionato”. Lo scrive Roberto Fontolan – anche lui giornalista, docente all’Università Cattolica di Milano, responsabile del Centro Internazionale di Comunione Liberazione – nella prefazione al libro “Verità e beffe del secolo passato”. Introduce così alla conoscenza dell’autore del volume pubblicato di recente da Marcianum Press, appunto Graziano Motta che, nel corso di 400 pagine, dà conto al lettore della sua attività professionale, iniziata come giovanissimo cronista, di tante “imprese” di successo compiute in diversi settori compreso quello musicale e anche di qualche delusione, in definitiva della sua vita. Graziano oggi ha 92 anni compiuti il 6 luglio scorso. Leggiamo ancora la prefazione di Fontolan: “Dio sa quanto ci sarebbe ancora bisogno di persone come lui, viaggiatori del mondo con il cuore spalancato, capaci di meraviglia, competenti, curiosi dell’unica curiosità che conta: l’umanità e il suo mistero. Non c’è giornalismo più interessante ed avvincente di quello che ti fa vivere più vite, e più vita…. È il giornalismo che diventa narrazione, epopea, passione appunto”.

Un uomo di fede, intellettualmente febbrile

Graziano e Roberto si conoscono a Beirut, nel 1979, nel Libano in guerra; di lui Fontolan dice che era “uno dei pochissimi corrispondenti stranieri rimasti nel Paese, certamente l’unico italiano” e che in quel contesto, gli era parso “eroico” per l’energia e la concentrazione nel lavoro. “Un uomo intellettualmente febbrile, incapace di soste”. Ma anche debitore di un grande dono, quello della fede, che ha alimentato il fuoco dovuto all’indole naturale. ” La fede – scrive ancora Fontolan nella prefazione – ha istillato in Graziano l’apertura di fronte alla realtà e gli ha inibito il cinismo, vera malattia  del secolo. Il suo racconto testimonia che la fede c’entra con tutto, ‘tocca’ tutto. Perchè ti fa appassionare a tutto ciò che vedi, a ciascuna delle persone che incontri”. 

Il primo tesserino da giornalista

Una vita professionale vissuta sempre intensamente

Nato ad Aci Sant’Antonio, sulle pendici dell’Etna, Motta è stato molto attivo nel mondo cattolico e vaticano in quotidiani cartacei e online, in periodici ed emittenti radio. L’esordio della sua lunga carriera avviene nel 1945-46, ne “L’idea cristiana” di Catania. Nel 1952 si trasferisce a Roma e poi a Milano. Vive importanti esperienze nel mondo della cultura musicale, cinematografica, televisiva e letteraria, ma ritorna nell’arena giornalistica negli anni 1972-1975 a Roma come caposervizio esteri nel quotidiano politico-economico “Il Globo”. Si occupa di Medio Oriente per oltre un trentennio, lavorando per l’Ansa, la Radio Vaticana, Avvenire, L’Osservatore Romano. Durante il grande Giubileo del 2000, Graziano Motta organizza, presso il Patriarcato Latino di Gerusalemme, un ufficio di corrispondenza quotidiano, in sette lingue, per i media vaticani. Partecipa nel 2010 come esperto, al Sinodo dei Vescovi del Medio Oriente di cui continua a parlare a conferenze e convegni in diverse città italiane.

Una foro del giovane Graziano Motta

Verità e beffe: la necessità di raccontare 

Nel 2007 è nominato responsabile per la comunicazione dell’Anno Paolino. Tantissimi, dunque, i fatti, gli incontri, le persone, le emozioni da raccontare per Graziano Motta che di ogni cosa ha una memoria vivissima. Incontrandolo per Vatican News ne rievochiamo solo alcuni. Ma prima di tutto, quale la ragione di un’opera così impegnativa e perchè la scelta del titolo: “Verità e beffe”?

Ascolta l’intervista integrale a Graziano Motta

Si tratta di verità attinenti ad eventi di cui sono stato quasi sempre protagonista e comunque testimone e che hanno investito personalità di prima grandezza della vita religiosa politica e culturale, per varie ragioni dimenticati o boicottati. Faccio solo un esempio, ciò che successe al festival del cinema di Alghero che si chiamava Rassegna internazionale cinema tv narrativa del giugno 1968, che fu contestata dagli estremisti comunisti maoisti a tal punto da non risparmiare addirittura i film, tratti tutti da opere letterarie, della Primavera di Praga che per la prima volta uscivano dalla Cecoslovacchia a un mese dalla famosa repressione compiuta dalle forze armate russe dell’Europa orientale. Questa è una verità del libro, ma ce ne sono tante altre come tante sono le beffe denunciate. La ragione principale per cui ho scritto questo libro, dunque, è stata quella di stabilire dimenticate verità e incredibili beffe che richiederanno anche la rivisitazione delle biografie di parecchie personalità. Ho così colto l’opportunità di esprimere a Dio una parola di riconoscenza e di gioia, il mio grazie per il dono di un traguardo di una vita longeva e incredibile per i tanti eventi gratificanti raggiunti in lucidità di mente e di salute. 

Quattrocento le pagine di questo libro ricchissimo di date, nomi, episodi, luoghi visti e raccontati negli anni della tua carriera e della tua vita, dobbiamo per forza limitarci a qualche capitolo lasciando al lettore la curiosità di scoprire gli altri. Sei conosciuto come esperto di Medio Oriente su cui hai scritto e scrivi tanto, ma io non ti chiedo ora un’analisi politica di quella terra, piuttosto di raccontare cos’è stato per te vivere a Gerusalemme per più di 10 anni lavorando per la Chiesa locale, con un particolare riferimento al grande Giubileo del 2000.

Non per caso sono giunto in Medi Oriente dove ho trascorso metà della mia vita professionale, cominciata quando non avevo ancora 17 anni nel settimanale del lunedì a Catania “L’idea cristiana”, era l’organo della Democrazia Cristiana e nel libro ho voluto che ci fosse la foto del mio primo tesserino di giornalista. Da allora ho scritto sempre per il mondo cattolico e nel mondo cattolico: nella redazione romana del “Popolo nuovo” di Torino, caposervizio del quotidiano L’Italia a Milano, antesignano di Avvenire, artefice del primo ufficio stampa a Milano della nascente televisione nel 1953, mio il testo del documentario Antenne TV il giorno dell’inaugurazione delle trasmissioni il 3 gennaio del ’54 e poi come corrispondente dell’Ansa in Libano, nei Balcani e nel Medio Oriente. A cavallo tra la fine del Novecento e l’inizio del 2000 sono stato al servizio del Patriarcato latino di Gerusalemme, scrivevo per Avvenire, L’Osservatore Romano e soprattutto per la Radio Vaticana. Hai accennato giustamente al Giubileo del 2000: ne ho curato l’informazione per la Chiesa cattolica di Terrasanta e per quell’anno ho costituito una redazione che ha lavorato per la Radio Vaticana tutti i giorni. Era composta da religiosi di 12 diverse lingue ed è stato un dono straordinario del Signore per un evento memorabile. Nel mio libro evoco anche, tra l’altro, particolari sconosciuti del pellegrinaggio di Giovanni Paolo II a Gerusalemme in quell’occasione e precisamente della sua ascesa al Calvario prima di rientrare a Roma, in condizioni di salute difficili. Prima di ritornare a Roma l’esperienza maturata in Terra Santa è stata premiata da Papa Benedetto XVI che nel 2010 mi ha chiamato come giornalista esperto al Sinodo dei Vescovi del Medio Oriente.

Una parte della redazione costituita per il Giubileo del 2000

Prima dell’esperienza a Gerusalemme hai vissuto e lavorato oltre che in Libano, in Bulgaria, Grecia con viaggi frequenti in Albania…

È stato un alternarsi fra la Terra Santa e i Balcani che mi ha consentito di approfondire la conoscenza delle Chiese orientali nella loro storia, liturgia, pastorale, struttura completando la conoscenza di quella Latina, che mi ero fatta scivendo per i quotidiani cattolici italiani, così è stato possibile il servizio alla Chiesa di Terra Santa che mi era stato sollecitato dal nunzio a Gerusalemme, monsignor Carlo Curis ed espletato poi nel Patriarcato Latino ospite per quasi 13 anni ininterrotti del patriarca Michel Sabbah. C’è un episodio che ho vissuto nell’allora Jugoslavia, che mi è rimasto proprio forte nel cuore ed è quando mi sono recato, primo giornalista italiano, nel villaggio delle apparizioni della Madonna nell’ancora ignota Medjugorje.

Un altro capitolo importante della tua vita è stato il servizio prestato come collaboratore per l’organizzazione dell’Anno Paolino e il raggiungimento di un obiettivo, purtroppo rimasto incompiuto…

Ciò che ha consentito la mia chiamata a questa collaborazione nella Basilica di San Paolo fuori le Mura è stata la collaborazione a Gerusalemme con il cardinale Andrea di Montezemolo quando era nunzio. Il cardinale aveva lasciato il segno in Terra Santa per due grandi imprese: aveva costituito l’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra, tentativo a cui avevano lavorato gli altri suoi predecessori ma trovando delle grandi difficoltà, e poi era stato l’artefice dell’Accordo fondamentale fra Israele e Santa Sede che ha dischiuso lo sviluppo della Chiesa cattolica nello Stato ebraico e, in seguito, al riconoscimento da parte di quest’ultimo di tutte le persone giuridiche ecclesiastiche cattoliche e aveva impresso uno sviluppo significativo alle relazioni fra la Chiesa cattolica e l’ebraismo. Avevo seguito da vicino questa attività di Montezemolo e quando è stato chiamato a essere il primo arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura mi aveva voluto come suo collaboratore per la comunicazione. È stata per me un’esperienza di una grande ricchezza, maturata in eventi di cui il cardinale è stato protagonista, ricordo in particolare la ricognizione della tomba di San Paolo fuori le Mura che è stato un evento mediatico che ha sconvolto, praticamente, l’informazione di mezzo mondo e poi un suo sogno: si trattava di una sua iniziativa che assecondava il disegno di Papa Benedetto XVI di fare di San Paolo fuori le Mura un centro dell’ecumenismo a Roma. Di Montezemolo aveva trasformato il battistero di San Paolo in cappella con altare e sarcofagi di reliquie di martiri cristiani dei primi secoli, aveva così realizzato l’altare per la celebrazione dei sacerdoti ortodossi della Divina liturgia proprio come nella Basilica di San Nicola di Bari. Un sogno, l’ho definito, perché si è ritenuto poi opportuno rinviarlo a tempi ecumenici più maturi.

Alcune immagini più recenti presenti nel libro

Leggendo il libro ho scoperto la tua competenza e il tuo lavoro in un campo diverso, quello della musica…

Ciò che desidero proprio ricordare dell’attività musicale è un’iniziativa che vedeva la realizzazione per la prima volta, soprattutto per merito della visione grandiosa e anticipatrice di tanti eventi nel mondo dell’informazione di Papa Paolo VI, ed era la produzione dei primi dischi con brani o anche testi integrali delle registrazioni delle Messe recuperate, grazie a Radio Vaticana, di Papa Paolo VI, della sua enciclica Ecclesiam suam e anche degli interventi a difesa degli ebrei di Papa Pio XII.

Dalle pagine del tuo libro si ricava l’impressione di un filo d’oro che si è snodato lungo la tua vita e ha condotto gli avvenimenti che ti riguardano. È stato solo fiuto del giornalista che ti ha fatto essere presente nei posti e nei momenti giusti o anche qualcos’altro?

Certo, c’è stato qualcosa d’altro e lo testimonio nel libro perché praticamente ho compreso che tutto il corso della mia attività professionale si è svolto come se ci fosse un disegno, quello di prepararmi a questo servizio alla Chiesa che ho dato proprio con tutto il mio entusiasmo sia nei giornali italiani e nei media vaticani, ma anche nell’attività al servizio della Chiesa di Terra Santa, che è stato un privilegio, fino all’attività a gloria e onore di San Paolo e della divina Trinità, come ho dedicato nel mio libro che ricostruisce l’Anno Paolino.

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