Global Risks Report 2022: la minaccia più grande per il futuro arriva dal clima

Vatican News

Michele Raviart – Città del Vaticano

Non è la pandemia di Covid-19 la maggiore minaccia globale che dovrà affrontare l’umanità nei prossimi anni, bensì il cambiamento climatico e le disuguaglianze economiche e sociali che questo porterà qualora non siano intraprese politiche efficaci e sostenibili. È quanto emerge dal Global Risks Report 2022 del World Economic Forum, l’organizzazione svizzera che organizza ogni anno il meeting di Davos e che ha condotto un sondaggio tra mille esperti a livello globale.

Pensare fuori dagli schemi

Cinque tra i dieci maggiori rischi sono infatti legati al cambiamento climatico, con il primo che riguarda proprio “l’inazione di fronte climatico” – altri sono gli eventi meteorologici estremi, la perdita della biodiversità e il fallimento delle politiche ambientali e la conseguente perdita di coesione sociale. Tra gli esempi dei cambiamenti in corso, tra cui siccità, incendi e inondazioni, l’aumento di temperature estreme, come i 42,7 gradi a Madridi lo scorso anno e -19 gradi registrati a Dallas, mentre regioni come il Circolo Polare Artico hanno avuto temperature medie estive superiori ai dieci gradi rispetto agli anni precedenti. In questo senso, l’invito del Wef ai leader mondiali è quello di “pensare fuori dagli schemi dei report trimestrali e a creare politiche che gestiscano i rischi e definiscano il programma degli anni a venire”.

Solo il 6% dei vaccinati nei Paesi più poveri

Il secondo rischio per importanza è quello riguardante la crisi economica dovuta alla pandemia. Ad aumentare le disuguaglianze è innanzitutto la differenza nella somministrazione dei vaccini, con solo il 6% della popolazione vaccinata nel 52 Paesi più poveri dove vive il 20% della popolazione mondiale. Un dato che rallenterà la ripresa economica, che già si preannuncia “volatile e irregolare” nei prossimi tre anni, aggravando fratture sociali e tensioni geopolitiche. Entro il 2024, le economie in via di sviluppo saranno lontane il 5,5% dalle previsioni precedenti la pandemia, mentre le economie avanzate le avranno superate dello 0,9%. Uno squilibrio, spiega il Wef, “avrà un impatto sulla capacità del mondo di affrontare le sfide comuni”, tra cui sicurezza informatica, concorrenza nello spazio, pressioni migratorie e, appunto, transizione climatica.

Impegni insufficienti sul clima, ma non è troppo tardi

Il mancato intervento sul cambiamento climatico, si legge nel rapporto, potrebbe ridurre il Pil globale di un sesto e gli impegni assunti alla Cop26 di Glasgow non sono ancora sufficienti a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. “Non è troppo tardi”, tuttavia, per governi e aziende per intervenire sui rischi “che devono affrontare e promuovere una transizione innovativa, decisa e inclusiva che protegga economie e popolazioni”.

I rischi di una transizione disordinata

Attenzione, tuttavia, a una transizione “disordinata”. Per il Wef “un’adozione precipitosa di politiche a favore dell’ambiente” potrebbe avere “anche conseguenze indesiderate per la natura: vi sono infatti ancora molti rischi sconosciuti derivanti dall’implementazione delle biotecnologie e delle tecniche di geoingegneria, mentre la mancanza di sostegno pubblico a utilizzi alternativi del suolo o a nuovi schemi di prezzo creerà complicazioni politiche che rallenteranno ulteriormente le azioni richieste”. “Una riconversione che non tenga conto delle implicazioni sociali non farà che acuire”, anche in questo caso, “le disuguaglianze all’interno e tra i Paesi, intensificando le tensioni geopolitiche”. Sul piano economico altre criticità riguardano le bolle finanziarie dovute alle valutazioni gonfiate di alcuni asset e di crisi del debito, con le politiche delle banche centrali che rischiano di pesare sui Paesi emergenti.