Gli appelli del Papa, voce di pace tra i fronti della guerra mondiale a pezzi

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Nella giornata che Francesco invita a dedicare all’invocazione della riconciliazione in Medio Oriente, ricordiamo le circostanze in cui il Successore di Pietro ha mobilitato spiritualmente cattolici e non per chiedere il dono della fraternità. Dalla Siria al Sud Sudan e Congo, dal Libano all’Afghanistan, il richiamo del Pontefice è a dire no alla violenza, “sconfitta per l’umanità”

Antonella Palermo – Città del Vaticano

La ricerca della pace come ‘assillo’ che non fa riposare il cuore. È quanto, in dieci anni di pontificato, Papa Francesco si è determinato a fare, non perdendo occasione, invitando varie volte, credenti e non credenti, a vivere giornate di digiuno e preghiera proprio per invocare questo dono così prezioso. E anche per oggi, 27 ottobre 2023, il Successore di Pietro ha indetto una Giornata in cui fermarsi in preghiera e astenersi dal cibo per invocare da Dio il dono della pace nella Terra Santa ferita dalle violenze.

Digiuno e preghiera: binomio in cui l’uno alimenta l’altra, reciprocamente, creando uno spazio di discontinuità rispetto ai ritmi quotidiani e una postura che è apertura all’accoglienza. Sperimentare una condizione di debolezza è una forma di disarmo, una consapevolezza della sofferenza altrui che stimola empatia e fratellanza, un senso di privazione che allontana l’autocentrismo e invita a sentirsi in connessione, non in scontro, con l’altro.

7 settembre 2013: pace in Siria, finisca il rumore delle armi

Era il 2012, la guerra civile in Siria si radicalizzava: tre quarti dei ribelli contro il regime di governo veniva permeato da una componente estremista di stampo salafita, il conflitto diventava regionale. Il 7 settembre Papa Francesco indiceva quella che oggi ricordiamo come la prima Giornata di preghiera e digiuno per la pace “nell’amata nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo!”. Nella veglia sul sagrato di piazza san Pietro, in migliaia si ritrovarono per concentrare il proprio sguardo interiore a quella stessa regione che ancora oggi patisce le conseguenze di distruzione, dolore e morte. “Il mondo di Dio è un mondo in cui ognuno si sente responsabile dell’altro, del bene dell’altro”, ricordava il Papa. “Quando si rompe l’armonia, succede una metamorfosi: il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere”. Poi la denuncia del fatto che “abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci”. E il grido: “La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! […] la guerra è sempre una sconfitta per l’umanità”.

23 febbraio 2018: Sud Sudan e RD Congo, dire no alla violenza

Era il primo venerdì di Quaresima. Il Papa e la Curia romana concludevano gli Esercizi spirituali in quella che era stata pensata come speciale Giornata di digiuno e preghiera per i popoli sud sudanese e congolese. La preoccupazione del Pontefice per questi due Paesi, dove solo cinque anni dopo si sarebbe potuto realizzare il viaggio apostolico tanto desiderato, si esprimeva ancora nell’invito a gettare semi di pace dove guerra civile e instabilità politica seminano invece morte, insicurezza, terrore. Già il 23 novembre 2017, il Successore di Pietro partecipava nella Basilica vaticana all’iniziativa di preghiera per queste nazioni chiedendo anche a non cattolici e a non cristiani di trovare modalità opportune per “dire concretamente ‘no’ alla violenza”. “Perché – scandiva il Papa – le vittorie ottenute con la violenza sono false vittorie; mentre lavorare per la pace fa bene a tutti!”. Il pensiero in quella circostanza andava in particolare alle donne vittime di violenza nelle zone di guerra, ai “bambini che soffrono a causa di conflitti a cui sono estranei, ma che rubano loro l’infanzia e a volte anche la vita”. Il richiamo era ad allontanare ogni forma di ipocrisia nel tacere o negare le stragi di donne e bambini. “Qui – era la denuncia – la guerra mostra il suo volto più orribile”. E poi l’appello ai governanti affinché fossero pervasi da uno spirito nobile, retto, fermo e coraggioso nella ricerca della pace, “tramite il dialogo e il negoziato”.

4 settembre 2020: ricostruire il Libano, per il bene comune

Dopo un mese dalla tragedia che aveva colpito il Libano, con l’esplosione al porto della città di Beirut, all’udienza generale del 2 settembre 2020 Papa Francesco invitava ad una Giornata universale di digiuno e preghiera da dedicare in segno di solidarietà, il 4 settembre, al Paese dei cedri. Perché, come ripeteva San Giovanni Paolo II nel lontano 1989, “il Libano non può essere abbandonato nella sua solitudine”. In questo caso, pur non essendo in corso un conflitto, a rischio era la tenuta politico, economica e sociale del Paese. Considerato che tolleranza, rispetto, convivenza, pluralismo hanno plasmato la società libanese rendendola un unicum nella regione, “per il bene stesso del Paese – affermava Francesco – ma anche del mondo, non possiamo permettere che questo patrimonio vada disperso”. L’incoraggiamento era continuare a sperare e ritrovare le forze necessarie per ripartire. La richiesta ai politici e ai leader religiosi era di “impegnarsi con sincerità e trasparenza nell’opera di ricostruzione, lasciando cadere gli interessi di parte e guardando al bene comune e al futuro della nazione”. Alla comunità internazionale, l’esortazione del Pontefice a sostenere il Paese per aiutarlo ad uscire dalla grave crisi. Il 4 settembre sarebbe stato il cardinale Parolin a rappresentare il Papa nel paese mediorientale e a portare qui il suo messaggio perché il Libano “realizzi la sua vocazione di fraternità”.

29 agosto 2021: appello per il popolo afghano “così provato”  

“Intensificare la preghiera e praticare il digiuno, preghiera e digiuno, preghiera e penitenza, questo è il momento di farlo”: così Papa Francesco all’Angelus dell’ultima domenica di agosto di due anni fa, nel pieno della crisi in Afghanistan. Al Paese asiatico, che viveva settimane terribili con il ritorno violento al potere dei talebani, il Pontefice raccomandava di chiedere al Signore misericordia e perdono. “lo dico sul serio”, precisava in quel frangente, convinto che pregare e digiunare sono efficaci se osservati con sincerità di fede, che non sono da prendere sotto gamba. Non si annunciava dunque una data particolare in cui raccogliersi in questa modalità, ma si mobilitava il popolo di Dio a non mostrarsi indifferente per una popolazione “così provata”. E anche in questo caso, l’apprensione del Papa andava soprattutto alle donne e ai bambini, verso cui domandava di non stancarsi di inviare il proprio aiuto e la propria accoglienza. A raccogliere con particolare sollecitudine l’invito di Bergoglio, la Comunità di Sant’Egidio che a Roma, il 15 settembre, si riuniva nel cuore di Trastevere secondo le intenzioni del Pontefice, nella consapevolezza che digiuno e preghiera non sono esperienze anacronistiche o spiritualistiche.

2 marzo 2022: pace in Ucraina, Dio ci vuole fratelli, non nemici

“La Regina della Pace preservi il mondo dalla follia della guerra”: le parole di Francesco all’Udienza generale del 23 febbraio dell’anno scorso, quando lo scenario in Ucraina si prefigurava compromesso. L’annuncio del Papa era a vivere il mercoledì delle Ceneri, il 2 marzo, all’insegna della preghiera e del digiuno per la pace nel Paese. Parole tragicamente profetiche: all’indomani dell’appello, l’esercito russo invadeva la nazione ucraina. Quanti hanno responsabilità politiche facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, affermava il Successore di Pietro, che “è il Dio della pace e non della guerra, il Padre di tutti, non solo di qualcuno, che ci vuole fratelli e non nemici. Prego tutte le parti coinvolte – proseguiva il Pontefice – perché si astengano da ogni azione che provochi ancora più sofferenza alle popolazioni, destabilizzando la convivenza tra le nazioni e screditando il diritto internazionale”. Ne sarebbero seguiti molti altri, decine e decine, di appelli con il cuore straziato dalla sofferenza. E il popolo di Dio non si stanca di vegliare e di implorare, ancora, pietà, conversione e riconciliazione.