Michele Raviart – Città del Vaticano
Più del 60% della popolazione lavorativa mondiale – oltre due miliardi di persone tra uomini, donne e giovani – si guadagna da vivere attraverso l’economia informale, cioè senza percepire un salario. Una definizione che copre una varietà di situazioni, dall’autoconsumo famigliare di quanto prodotto al lavoro in nero, ma che a livello sistemico aumenta povertà e disuguaglianze. La regolarizzazione dell’impiego è infatti il tema per il 2022 della Giornata internazionale della giustizia sociale, che dal 2007 si celebra ogni 20 febbraio su iniziativa delle Nazioni Unite.
Due volte più a rischio di povertà
I lavoratori informali, si ribadisce nel comunicato dell’Onu per la Giornata, spesso mancano di qualsiasi forma di protezione sociale e di tutti quei benefici legati all’impiego, che li rendono due volte più a rischio di povertà rispetto ai lavoratori regolari. Inoltre, chi entra nell’economia irregolare la maggior parte delle volte non lo fa per scelta, ma per mancanza di opportunità nella cosiddetta economia formale.
L’impegno degli Stati membri
In accordo con una risoluzione del 2015 e con l’Agenda 2030 del segretario generale delle Nazioni Unite si ribadisce come gli Stati membri dell’Onu debbano impegnarsi nel promuovere la transizione verso un’economia formale, far progredire il lavoro dignitoso, aumentare la produttività e la sostenibilità delle imprese ed espandere l’azione dei governi in questo settore, soprattutto in tempi di crisi.
L’effetto del coronavirus
In questo senso, un duro colpo al lavoro regolare è stato inflitto dalla pandemia di Covid-19. In tutti i Paesi, soprattutto in quelli più poveri, le restrizioni alla circolazione per rallentare il contagio del coronavirus hanno ridotto drasticamente le possibilità di lavoro, si pensi ai lavori occasionali che si svolgevano all’aperto o quelli legati al flusso di turisti.
OIL: dalla crisi un’occasione per una maggiore giustizia
“È difficile pensare a un momento in cui la richiesta di giustizia sociale sia stata più chiara, o più grande”, ha ribadito in un videomessaggio Guy Ryder, direttore generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro. “La crisi del Covid-19”, infatti, “ha esacerbato le disuguaglianze, sia all’interno che tra i Paesi” e “coloro che erano svantaggiati prima della pandemia sono stati quelli più colpiti – giovani, donne, lavoratori informali e migranti, piccole imprese”. Tuttavia “niente di tutto questo è inevitabile” e la Giornata mondiale della giustizia sociale del 2022, sottolinea, arriva proprio in questo momento di flessione dell’economia e del lavoro. Tutto dipenderà dalle scelte che saranno fatte dalla politica e dai governi, spiega ancora Ryder, “e scegliendo le misure giuste possiamo plasmare la ripresa nel modo che vogliamo”. “Abbiamo bisogno di una risposta che si concentri sulle persone. Che promuova la giustizia sociale per tutti mentre protegge il pianeta da cui tutti dipendiamo. Attraverso l’implementazione di una protezione sociale universale, migliorando la condizione dei lavoratori e la sostenibilità delle imprese e favorendo una transizione ecologica per l’economia globale a zero emissioni di carbonio, “abbiamo la rara possibilità di dare forma a una ripresa che offra anche una maggiore giustizia sociale”.
Il Papa: l’impresa deve rispettare i diritti dei lavoratori
Il ruolo della politica nella giustizia sociale è stato ribadito di recente anche da Papa Francesco nel suo Messaggio per la 55 ma Giornata mondiale della Pace del 2022, svolgendo “un ruolo attivo” e “promuovendo un giusto equilibrio” tra questa e la libertà economica e imprenditoriale. “Vanno stimolate, accolte e sostenute le iniziative che, a tutti i livelli, sollecitano le imprese al rispetto dei diritti umani fondamentali di lavoratrici e lavoratori, sensibilizzando in tal senso non solo le istituzioni, ma anche i consumatori, la società civile e le realtà imprenditoriali”, ha ribadito il Pontefice: “Queste ultime, quanto più sono consapevoli del loro ruolo sociale, tanto più diventano luoghi in cui si esercita la dignità umana, partecipando così a loro volta alla costruzione della pace”.