Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Solo pochi versetti. Hanno ispirato centinaia di capolavori nel corso dei secoli. Sono i primi dodici del secondo capitolo di Matteo, l’unico Vangelo sinottico che ricorda l’evento dei Magi venuti da oriente per adorare il Bambino.
Dalle catacombe ai sarcofagi
Il tema compare nei primi secoli del cristianesimo: in particolare un affresco delle catacombe di Priscilla, riconducibile al III secolo, mostra l’incontro dei tre sapienti con la Sacra Famiglia, parafrasando per immagini il racconto evangelico: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono.” Anche le testimonianze scolpite sugli antichi sarcofagi paleocristiani presentano questi personaggi, ciascuno con un dono in mano, in cammino verso la stalla, vestiti di mantelli corti e di un cappello frigio che identifica la loro provenienza da oriente. “Nelle opere funerarie – spiega Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano di Milano che durante le feste natalizie sta proponendo sul web un ciclo di conferenze gratuite – questo tema aveva anche un senso metaforico: i doni corrispondevano all’offerta dell’anima a Dio”.
Il richiamo della stella
Nel tempo questo episodio è stato sviluppato in senso narrativo. “La stella, nominata quattro volte da Matteo, diviene un elemento ricorrente: essa conduce al riconoscimento della capanna di Betlemme”. Inizialmente è identificata dai pittori con un puntino circondato da raggi. Mantegna e Botticelli le conferiscono l’aspetto di una vera e propria stella con un fascio di luce allungato come una freccia che indica il gruppo divino.
Giotto e la cometa di Halley
“Un’eccezione è Giotto che nella Cappella degli Scrovegni – nota Nadia Righi – inserisce una cometa vera e propria”. Secondo gli studiosi essa è la riproduzione della cometa di Halley che il 25 ottobre 1301, ben visibile nei cieli italiani, aveva effettuato il suo 21mo passaggio noto al perielio.
I doni, le etnie e le tre età dell’uomo
Sono stanti gli elementi decorativi e simbolici che arricchiscono nel corso delle epoche le figure dei Magi. Un corteo di ricchi signori, indefinito nel numero, o tre re, come i doni che portano a Gesù: l’oro simboleggiante la ricchezza; l’incenso, la regalità; la mirra, le sofferenze che il Bambino venuto a salvarci dovrà patire attraverso la morte di croce. “I Magi – prosegue la direttrice del Diocesano di Milano – sono andati caratterizzandosi fisionomicamente e hanno assunto nel tempo i tratti del moro o dell’orientale: tre etnie diverse venute ad adorare il Salvatore. I pittori li hanno associati anche alle tre età dell’uomo: sono infatti anche simbolo dell’umanità in cammino”.
Un corteo regale
L’aspetto legato al lusso e alla ricchezza di questi personaggi conosce un boom nell’epoca Tardo Gotica. “Un tema che poteva avere declinazioni profane – osserva Nadia Righi – era particolarmente congeniale agli artisti del Quattrocento: il corteo regale, le vesti meravigliose, gli oggetti preziosi, opera di raffinata oreficeria, gli animali più svariati con valenza simbolica come pavoni, cammelli e dromedari offrono innumerevoli spunti alla creatività artistica nel periodo che va dal Tardo Gotico al Rinascimento. L’Adorazione dei Magi diviene uno dei soggetti maggiormente trattati dall’arte, molto più della venerazione dei pastori che si si sviluppa solo dopo il Trecento. Precedentemente i pittori infatti si erano concentrati sull’annuncio dato agli umili dall’angelo”.
Gentile da Fabriano
Tra le opere proposte online dal Museo Diocesano di Milano non poteva mancare l’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, conservata alle Gallerie degli Uffizi e dipinta nel 1423 a tempera d’uovo su legno e tela di lino. “E’ l’Adorazione dei Magi per eccellenza. Tutti hanno visto almeno una volta questo capolavoro dipinto da uno degli esponenti più importanti del Tardo Gotico in Italia”, rileva . Ricchezza, splendore, capacità narrativa emergono dirompenti dal polittico a scomparto unico. E’ scandito da tre lunette, all’interno delle quali si sviluppa la storia: nella prima i Magi vedono la stella per la prima volta; nella seconda il lungo corteo si dipana lungo le colline verso Gerusalemme; nella terza entra nella città santa; quindi si snoda al centro dell’opera fino ad arrivare al cospetto del Bambino.
Il quarto re
“Incredibile la serie di dettagli: la scimmia, il ghepardo che spaventa i cavalli agitati, il levriero sotto le gambe dei destrieri e naturalmente i Magi rappresentanti le tre età dell’uomo. Il più anziano, deposta la corona, è prostrato al cospetto di Maria, riconosce la divinità del neonato a cui bacia i piedi dopo aver consegnato il dono ad una delle ancelle. Una grazia principesca contraddistingue la gestualità degli altri magi, vestiti di broccato ed altre stoffe preziose”. Dietro di loro, tra gli astanti, spicca un personaggio con in mano un falcone: probabilmente è il banchiere Palla Strozzi, committente del quadro che si fa raffigurare vestito elegantemente come il “quarto re” narrato dai vangeli apocrifi.
Dalla bellezza alla Bellezza
Arriva immediata l’arte con il suo messaggio, anche a secoli di distanza. Lo confermano i numerosi partecipanti – tra i 500 e gli 800 in media – alle lezioni online del Museo Diocesano di Milano. “Abbiamo cominciato con le conferenze online ad inizio Avvento per stare vicino al pubblico, raccontando su Zoom le Adorazioni che abbiamo ospitato fisicamente al Museo negli anni passati come il capolavoro di Artemisia Gentileschi proveniente da Pozzuoli. Le persone in questo periodo – conclude Nadia Righi – desiderano guardare cose belle. Il nostro vuole essere un modo per tenere compagnia a chi è a casa da solo. Desideriamo anche cercare di portare a casa un po’ di bellezza con la b minuscola ed aiutare ad alzare lo sguardo verso la Bellezza con la B maiuscola”.