Marina Tomarro – Città del Vaticano
Nella Giornata mondiale delle persone con sindrome di down, istituita dall’assemblea generale dell’Onu, Papa Francesco ricorda in un tweet che “ciascun bimbo che si annucnia nel grembo di una donna ha bisogno di essere amato e curato”. Questo appuntamento internazionale, sancito anche da una Risoluzione delle Nazioni Unite, ha l’obiettivo di diffondere una maggiore consapevolezza e conoscenza della sindrome di down. La scelta del giorno 21 non è casuale: infatti il numero 21 richiama la presenza di un cromosoma in più, tipico di questa sindrome denominata anche trisomia 21. Il tema scelto per quest’anno è “Connect”. L’obiettivo è quello di mettere in connessione la comunità mondiale delle persone con sindrome di down in modi innovativi per continuare a sostenere pari diritti e opportunità.
Il diritto di lavorare come gli altri
In Italia ad esempio, oggi sono 48mila le persone con sindrome di down. Alcuni sono ben inseriti, lavorano e partecipano attivamente alla vita sociale, anche grazie alle tante associazioni che si occupano di loro. Ma sono ancora tanti quelli che vivono, spesso, in una situazione di isolamento. CoorDown, il Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di down, in occasione della Giornata mondiale, ha lanciato la campagna di sensibilizzazione internazionale “The hiring chain”. La finalità è quella di affermare che l’inclusione lavorativa non è solo un diritto da garantire oggi più che mai per ogni persona, ma porta benefici nel contesto lavorativo e nella società tutta. Infatti molto spesso le persone con sindrome di down hanno grosse difficoltà nel lavoro, andandosi a scontrare con barriere e pregiudizi. L’obiettivo è quello di far in modo che queste persone possano avere pari opportunità di lavoro, riuscendo così a crescere sia professionalmente sia personalmente.
Una cultura dello scarto sempre più forte
La grave situazione sanitaria della pandemia ha portato inoltre in questi mesi spesso ad un peggioramento della mentalità verso chi nasce con un cromosoma in più. Infatti, in molti Paesi, si va sviluppando sempre di più una tendenza chiamata Down Syndrome Free. In nazioni come la Danimarca e l’Islanda il 98% delle donne incinte alle qualiviene diagnosticato che il bimbo è affetto dalla sindrome, sceglie di abortire. E non sempre si tratta di diagnosi corrette. Papa Francesco ha condannato più volte questa cultura dello scarto che respinge gli esseri umani più deboli e fragili “Per essa – ha spiegato il Pontefice nel Messaggio in Giornata internazionale delle persone con disabilità dello scorso dicembre – certe parti dell’umanità sembrano sacrificabili a vantaggio di una selezione che favorisce un settore umano degno di vivere senza limiti. In fondo, le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili”
La vicinanza della Chiesa
“Il Papa – spiega Vittorio Scelzo del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita – ha mostrato sempre una grande attenzione verso i più fragili. Se noi guardiamo le foto delle udienze generali, delle visite alle parrocchie, dei viaggi, sono pieni di incontri di Papa Francesco con persone con sindrome di down. E guardandoli ci si rende conto che sono troppi per essere casuali. Evidentemente, c’è una grande attenzione dietro questi incontri. E spesso sono immagini nelle quali si coglie la felicità di entrambi, sia del Papa sia di queste persone che lui incontra. È come se fosse un magistero tutto particolare, fatto però soprattutto di gesti, di sorrisi e di abbracci, è un’attenzione che il Papa ha sempre. Anche durante il viaggio in Iraq, ad esempio, ha incontrato alcune persone con sindrome di down. E non si limita certo alla giornata di oggi che pure è molto importante, ma questa attenzione del Papa ci invita ad un rinnovato impegno pastorale, verso una sempre maggiore inclusione delle persone con disabilità. Perciò nel Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, noi percepiamo la necessità di favorire, come Papa Francesco, ha scritto nella “Fratelli tutti” la loro partecipazione attiva alla comunità civile ed ecclesiale; per questo motivo, abbiamo avviato una riflessione su come accompagnare la pastorale delle persone con disabilità e in particolare di quelle con sindrome di down, iniziando in questo senso a prendere contatti con le Conferenze episcopali con le associazioni e con tutti coloro che sono impegnati in questo ambito.
Cosa può fare allora la Chiesa per favorire proprio l’inclusione di queste persone? Tante sono anche le iniziative da parte di parrocchie e di associazioni. Ecco, allora in che modo includere queste persone nella vita della Chiesa?
R- La Chiesa è sempre stata vicina alle persone con disabilità e, storicamente, lo ha fatto con un impegno soprattutto verso la loro cura. Ma dal secolo scorso si è sviluppata un’attenzione particolare anche sulla catechesi, in particolare all’accesso ai sacramenti, prima in Francia, e poi in molti altri contesti, dove sono nati i cammini specifici di iniziazione cristiana. Oggi molte Conferenze Episcopali hanno dedicato un’attenzione specifica alla catechesi delle persone con disabilità, tanto che Papa Francesco in uno dei recenti messaggi per la Giornata delle persone con disabilità, ha scritto che la loro partecipazione attiva alla catechesi costituisce una grande ricchezza per la vita di tutte le parrocchie. Io vorrei ricordare, proprio due giorni dopo l’inizio dell’anno Famiglia Amoris Letitia, quello che si dice proprio in questa Esortazione apostolica. E cioè che le persone con disabilità costituiscono per la famiglia un dono e un’opportunità, per crescere nel reciproco aiuto e nell’unità. Si tratta di un apporto che, con la loro presenza, danno alle nostre famiglie e alle nostre parrocchie. Una fonte di gioia e di unità sia all’interno delle loro case sia delle nostre chiese.
Quanto invece la società civile potrebbe fare per loro?
R- La società civile potrebbe fare molto. Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, parla di partecipazione attiva nella società civile e nella comunità ecclesiale. Nel messaggio che il Pontefice ha scritto lo scorso 3 dicembre, parla dell’inclusione come di una roccia. Noi dobbiamo aver presente che l’inclusione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro, nel mondo della scuola, e in tutti gli ambiti della società civile, deve rimanere uno dei pilastri su cui dobbiamo costruire una società più inclusiva. Quella società che Papa Francesco descrive in Fratelli tutti e che deve essere migliore e non peggiore dopo la crisi.