Marina Tomarro – Città del Vaticano
Proteggere e custodire le fragilità. Quelle delle famiglie, specialmente giovani e numerose, che vivono situazioni di povertà assoluta, disoccupazione, precariato o di conflitto. Ma anche quelle delle persone anziane, vittime in gran numero del Covid-19 e spesso ancora adesso in una condizione di solitudine e paura. Quelle dei popoli più poveri, dove la profilassi del vaccino anti Covid ancora non è riuscita a coprire abbastanza persone e la malattia continua a colpire e mietere vittime. Sono questi i temi affrontati nel messaggio del Consiglio episcopale permanente della Cei per la 44.ma Giornata Nazionale per la Vita che si celebra e intitolata “Custodire ogni vita. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse (Gen 2,15)”.
San Giuseppe custode della Vita
Riprendendo le parole di Papa Francesco nella lettera apostolica Patris Corde, i presuli italiani hanno indicato proprio la figura di San Giuseppe come modello da seguire per coloro che si impegnano nel custodire la vita. “Nelle diverse circostanze della sua vicenda familiare – scrivono i vescovi – egli costantemente e in molti modi si prende cura delle persone che ha intorno, in obbedienza al volere di Dio. Pur rimanendo nell’ombra, svolge un’azione decisiva nella storia della salvezza, tanto da essere invocato come custode e patrono della Chiesa”. Di grande importanza diventa quindi la protezione di ogni esistenza. “Le persone, le famiglie, le comunità e le istituzioni non si sottraggano a questo compito, imboccando ipocrite scorciatoie, – sottolineano ancora i vescovi – ma si impegnino sempre più seriamente a custodire ogni vita. Potremo così affermare che la lezione della pandemia non sarà andata sprecata”.
Affrontare la denatalità partendo dalla famiglia
Tante le iniziative promosse per la Giornata, tra cui il convegno “La denatalità, fenomeno stabilmente espansivo: prospettive per il futuro”, che si è svolto ieri a Scerne di Pineto, in provincia di Teramo, presso il Centro Studi Sociali “Don Silvio De Annuntiis” e promosso dalla diocesi di Teramo Atri in collaborazione con i dipartimenti ostetrico – ginecologici di dieci università italiane. Papa Francesco ha voluto far sentire la sua vicinanza ai partecipanti al convegno attraverso un telegramma, letto dal vescovo della diocesi monsignor Lorenzo Leuzzi, in cui ha espresso apprezzamento per l’attenzione posta ad una tematica quanto mai attuale, auspicando che “i lavori congressuali possano favorire l’adesione al valore primario della vita umana, e l’accoglienza di tale incommensurabile dono divino, in tutta la sua ricchezza, promuovendo una progettualità, che ponga al centro l’amore coniugale”.
L’importanza delle comunità educative
Nel documento finale dell’incontro, i direttori dei dipartimenti ostetrico-ginecologici delle università hanno voluto sottolineare che la crisi della natalità coinvolge non solo la famiglia, ma tutte le comunità educative, in primis la scuola. “Le realtà educative – hanno evidenziato nel documento i direttori – sono chiamate ad indicare nuovi obiettivi, allontanando i giovani da un ‘consumismo che consuma’ e sostenendoli nella ricerca di un equilibrato progetto di vita, idoneo a costruire un futuro di società nella quale la nascita è segno di speranza e di apertura verso nuovi orizzonti e non semplice evento di crescita produttiva”.
La famiglia: tramandare le radici
“L’inverno demografico che stiamo vivendo – spiega il professor Domenico Arduini, docente e ginecologo all’Università di Roma Tor Vergata e coordinatore del convegno – non può essere limitato solo a cause economiche, perché in questo caso le nazioni più ricche non dovrebbero viverlo. Invece sappiamo che non è così. La Danimarca e l’Olanda, ad esempio, hanno questa stessa problematica ed anche in Francia, dove sono presenti molti aiuti sociali dati alle mamme e alle famiglie, ugualmente c’è un abbassamento dell’indice demografico”. Le ragioni quindi sono molteplici. “Sicuramente c’è una causa economica – continua il professor Arduini – che va ad incidere sulla ricerca di una sicurezza lavorativa, che spesso dura per anni, rendendo poi sempre più difficoltoso il concepimento di un figlio. Il nostro compito allora deve essere quello di far rinascere nei giovani il desiderio di avere una famiglia, restituendo alla famiglia stessa il suo grande valore. È questo il progetto che noi vorremmo costituire come università: far capire ai nostri giovani che la bellezza di creare una famiglia vuol dire tramandare le nostre radici nel tempo”.