di Gaetano Vallini
È bella la Terra vista dall’alto. Dallo spazio emerge nel buio del cosmo come una gemma preziosa. E più ci si avvicina, più essa appare in tutta la sua bellezza, maestosa e rigogliosa, piena di vita. Ma a guardare bene, è proprio dall’alto che si scoprono le ferite che le stiamo infliggendo. Ferite sempre più ampie e profonde. Le immagini satellitari che proponiamo in queste pagine e in copertina ne sono la testimonianza. Rappresentano quel “grido amaro” di cui parla Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato che oggi apre il Tempo del creato, la cui chiusura è prevista il 4 ottobre, festa di San Francesco.
Riferendosi al tema scelto per questo periodo di riflessione, Ascolta la voce del creato, il Pontefice scrive che, «se impariamo ad ascoltarla, notiamo nella voce del creato una sorta di dissonanza. Da un lato è un dolce canto che loda il nostro amato Creatore; dall’altro, è un grido amaro che si lamenta dei nostri maltrattamenti umani». Ma è un grido che ci ostiniamo a non voler ascoltare, malgrado sia assordante e insistente.
Siamo infatti sopraffatti dalle notizie di violente piogge torrenziali e di inondazioni con decine e a volte centinaia di morti, come pure di lunghi periodi di siccità e di carestia con migliaia di vittime e esodi di sfollati. Eventi sempre più estremi, conseguenza di un modello produttivo ed economico non più sostenibile, che continua a violentare e a sfruttare la natura, inquinando terra, aria e acqua, senza porsi limiti né darsi pena per il futuro. E a pagare il prezzo più alto di questo “antropocentrismo dispotico”, come lo ha definito Francesco nella Laudato si’, sono i più poveri, che vivono nei Paesi depredati delle proprie preziose risorse — senza ricevere nulla in cambio — da quella parte di mondo che già ha tanto e che vuole sempre di più.
Tuttavia, per quanto si voglia far finta di nulla, come se riguardassero solo altri, lontani, da qualche tempo ci si accorge che certi fenomeni estremi sono sempre più vicini, frequenti e devastanti. Ora ovunque le piogge cominciano a fare paura, così come allarmano i fiumi a secco per mancanza d’acqua, i ghiacciai che si sciolgono e collassano per le temperature in aumento, il livello dei mari — sempre più caldi — che si alzano e divorano le coste. Adesso, nonostante negazionisti irrazionali e bugiardi consapevoli, molte più persone anche nell’occidente industrializzato si stanno rendendo conto che il cambiamento climatico è qualcosa di reale e riguarda drammaticamente tutti.
Lo sostiene da tempo Papa Francesco, secondo cui «lo stato di degrado della nostra casa comune merita la stessa attenzione di altre sfide globali quali le gravi crisi sanitarie e i conflitti bellici», sottolineando la necessità di «agire, tutti, con decisione», perché «stiamo raggiungendo “un punto di rottura”». Da qui il suo reiterato e ineludibile appello: «Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie estrattive — minerarie, petrolifere, forestali, immobiliari, agroalimentari — di smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i popoli e gli alimenti».