Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Il recente rapporto sulla fame nel mondo (Indice Globale della Fame 2021), pubblicato da Cesvi onlus – Cooperazione e Sviluppo, acquista maggior significato in una ricorrenza come quella della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, un appuntamento importante sottolineato anche da Papa Francesco in un messaggio per l’occasione. A fronte di un mondo che iperproduce, soprattutto in campo alimentare, stride il fatto che nel 2020 siano 155 milioni le persone in stato di denutrizione più o meno grave, 20 milioni in più rispetto all’anno precedente. Secondo il rapporto, guerre, pandemia e cambiamenti climatici sono le cause maggiori di questa caduta, che interrompe i pur timidi miglioramenti degli anni scorsi. Secondo Valeria Emmi, responsabile dell’attività istituzionale del Cesvi, è urgentissimo invertire subito la rotta.
Dottoressa Emmi, stiamo celebrando la Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Che cosa fare affinché questo appuntamento sia qualcosa di realmente concreto?
Questa Giornata è un’occasione per continuare la riflessione e intraprendere delle azioni urgenti. Quest’anno soprattutto ci sono stati e ci saranno degli appuntamenti a livello internazionale cruciali: c’è stato il vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari, ci sarà tra poco la conferenza sul cambiamento climatico dell’Onu a Glasgow, abbiamo il G20 a previdenza italiana, ci sarà il vertice sulla malnutrizione a fine dicembre. Queste sono occasioni e momenti in cui gli Stati, i donatori, i governi devono prendere un impegno concreto e fattivo per far sì che il mondo non soffra più di insicurezza alimentare e che questa lotta alla denutrizione e l’obiettivo ‘Fame Zero’ vengano davvero perseguiti con rigore e con una visione di lungo periodo.
I dati forniti dal rapporto 2021, l’Indice Globale, possono effettivamente considerarsi preoccupanti?
Assolutamente. Siamo fortemente preoccupati, perché la lotta contro la fame è pericolosamente fuori strada. Per intenderci, stiamo registrando una battuta d’arresto e in alcuni casi anche un’inversione di tendenza rispetto ai progressi che abbiamo finora avuto dal 2000 ad oggi nella riduzione della fame nel mondo. E, dato ancora più preoccupante, è che, dopo decenni di declino, la prevalenza mondiale della denutrizione sta aumentando con un incremento molto pronunciato proprio nel 2020.
C’è scarsa sensibilità nella comunità internazionale nel capire che, se ci sono aree del mondo in crisi, poi c’è comunque una ricaduta negativa su tutto il resto del pianeta?
La consapevolezza, in realtà, è cresciuta ed è crescente, sia nella comunità internazionale, che nella popolazione. Però dalla consapevolezza all’azione concreta ce ne vuole e quindi manca un’azione concreta, una decisione politica che inverta realmente questa rotta. Noi abbiamo circa 50 Paesi, tra i 116 analizzati dall’Indice Globale della Fame, che registrano un livello grave, allarmante o estremamente allarmante nel campo della fame. Molti di questi Stati sono afflitti da conflitti. Infatti uno dei temi che abbiamo messo in evidenza quest’anno è esattamente il nesso tra conflitti e fame, tra conflitti, cambiamenti climatici, Covid e fame. Parliamo di tre grandi crisi che si stanno innescando tra di loro in un circolo vizioso. Se non prendiamo delle decisioni urgenti, immediate che contrastino questo andamento, adottando anche decisioni politiche, quindi affrontando i conflitti politicamente, affrontando la pandemia politicamente, allora non invertiremo mai questa rotta. Le crisi si stanno sempre più acuendo, stanno diventando sempre peggiori a causa dei conflitti. Le guerre sono la causa principale della fame, ma è anche importante l’effetto dei cambiamenti climatici e della pandemia. Allora è necessario adottare delle azioni collettive e ragionare sul fatto che decisioni giuste hanno poi un impatto generale, anche su quei Paesi più distanti da noi, proprio perché siamo tutti strettamente interconnessi.
Questa inversione di rotta, auspicabile, servirà a raggiungere entro il 2030 l’obiettivo Fame Zero, che è uno dei più importanti Millennium goals stabiliti dall’Onu?
Secondo i dati che abbiamo oggi, a livello globale non saremo in grado di raggiungere l’obiettivo Fame Zero entro il 2030. Inoltre, alcune proiezioni della Fao confermano, per esempio, che la pandemia nel 2030 genererà circa 30 milioni in più di persone denutrite. Raggiungeremo il numero di 657 milioni di persone, quasi il 8% della popolazione mondiale. Quindi 30 milioni in più di persone affamate rispetto ad uno scenario in cui non si fosse verificata la pandemia. Allora abbiamo delle crisi che possono essere prevenute in qualche modo oltre che affrontate in maniera consapevole, perché la pandemia è un qualcosa che ci ha colti impreparati, ma l’arrivo di un evento del genere era stato previsto da tanti esperti e da diversi anni proprio per i modelli di sviluppo che abbiamo messo in pratica. In definitiva, se noi affrontiamo seriamente questi problemi, è possibile raggiungere ancora l’obiettivo Fame Zero nel 2030. Ma ora siamo pericolosamente fuori strada e ad oggi le proiezioni ci portano assolutamente lontano da quell’obiettivo.