Chiesa Cattolica – Italiana

Giornata mondiale della Radio. Arbore: una palestra per i comunicatori

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Proclamato nel 2011 dagli Stati membri dell’Unesco e adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2012 come Giornata internazionale, il 13 febbraio è diventata la Giornata mondiale della radio.

La radio garante di pluralismo e libertà fondamentali

A livello globale, la radio rimane il mezzo più utilizzato. “Oggi più che mai abbiamo bisogno di questo mezzo umanista universale, vettore di libertà”, ricorda la direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay. “Senza la radio – afferma – il diritto all’informazione e la libertà di espressione e, con essi, le libertà fondamentali sarebbero indeboliti, come anche la diversità culturale, poiché le stazioni radio della comunità sono le voci di chi non ha voce”. Per questa occasione, l’Unesco invita le stazioni radio a celebrare il decimo anniversario di questo evento e gli oltre 110 anni di radio.

Renzo Arbore

Evoluzione, innovazione, connessione

Sono le tre parole chiave per celebrare questa Giornata. Il mondo cambia, la radio evolve, si adatta alle nuove tecnologie per rimanere il mezzo di riferimento della mobilità e dell’accessibilità. E’ pressoché unica la resilienza che la radio è capace di mostrare nel tempo. E bene sa raccontare, per esempio, le ripercussioni sociali della pandemia in corso.

In Italia, tra i pionieri del rinnovamento di stili e linguaggi della radio, c’è Renzo Arbore, classe 1937. Difficile ridurre il personaggio in un’unica categoria professionale. Di fatto, ha contribuito a rinverdire un mezzo di cui non riesce a fare a meno. Così parla della radio, oggi:       

Ascolta l’intervista a Renzo Arbore

R. – E’ la comodità di avere informazioni subito, con tempestività. E’ anche una grande palestra per coloro che lavorano nella comunicazione. Lo è stata per me, come per tanti altri, da Mirabella a Fiorello. Si pensava che la radio potesse essere superata prima dalla televisione e poi da internet. E invece la radio si difende in una maniera straordinaria. Anzi, diventa sempre più indispensabile. Ha fatto suo internet, per esempio, lo ha fagocitato. Oggi, attraverso il computer, il conduttore radiofonico può dialogare col pubblico, può interagire mentre sta lavorando alla radio stessa.

E la radio ha tirato dentro anche il video, se pensiamo all’uso delle webcam, per esempio. Secondo lei è una diminutio, questa, o una potenzialità aggiunta?

R. – E’ una potenzialità per chi non ha tempo di ascoltare la radio in diretta. Attraverso facebook, io riesco a vedere e sentire delle trasmissioni che dovrei beccare solo in diretta. Però, certo, toglie un po’ di quella magia della radio. Infatti, la grande invenzione, la ragione sociale della radio è la fantasia che scatena nell’ascoltatore, almeno nell’intrattenimento radiofonico. Quando, per esempio, con Boncompagni inventammo Alto gradimento, noi facevamo immaginare al pubblico che nello studio nostro arrivassero realmente dei venditori di fumo, ci chiamassero degli astronauti… Certamente oggi il conforto di vedere bravissimi operatori della radio è un grande insegnamento per le generazioni future.

La Radio Vaticana compie 90 anni. Si sente di fare un augurio a questa comunità che oggi parla oltre quaranta lingue nel mondo?

R. – Sì, vi conosco. La Radio Vaticana ha tanti meriti. Molte persone che sono migrate in tv, per esempio, sono nate alla Radio Vaticana. Una emittente di grande professionalità. Una radio internazionale che io ammiro moltissimo e che continuerò ad ascoltare appena posso.

Il 13 febbraio ricorre la Giornata mondiale della radio, mezzo resiliente per eccellenza…

R. – Speriamo che la radio non muoia mai. La radio trova sempre una personalità. Io ho cominciato quando era tutta scritta. Poi naturalmente si è rinnovata. Io ho contribuito a questo adattamento. La sua comodità, la sua versatilità nel farci compagnia è la ragione del successo e del futuro della radio.

Peraltro la radio ha svolto e continua a svolgere un ruolo importante durante la pandemia…

R. – Certamente, ho sempre pensato a chi ascolta la radio: agli ammalati, costretti in ospedali. Devo spendere anche una parola per i detenuti. A loro la radio fa davvero molta compagnia. La radio non è prepotente, non assorbe completamente.

Renzo Arbore

Abbiamo appena celebrato la Giornata mondiale del malato. Lei da oltre trent’anni è impegnato a promuovere l’opera della Lega del Filo d’Oro che è accanto a persone disabili gravi. Come incide questa sua testimonianza a loro favore, nel suo lavoro fatto di estro, colore, musica?

R. – Nei centri della Lega del Filo d’Oro anche i nostri ospiti, bambini, ragazzi e anche qualche persona anziana possono vivere dignitosamente grazie agli operatori, che sono bravissimi. Fanno traduzioni in modo che si possa stabilire con loro un canale di comunicazione. Con la pandemia, certo, è tutto più complicato, e bisogna aiutarli, se possiamo, nella loro opera di solidarietà. E’ una realtà serissima che cerca di alleviare il lavoro dei familiari. Io mi ritengo fortunato: il fatto di mettere a servizio quel poco di fortuna che ho avuto per una organizzazione come questa mi solleva anche da qualche insoddisfazione che si può avere. Insomma, mi dico, almeno servo a qualche cosa. Adesso stiamo portando avanti una campagna per le volontà testamentarie di alcune di queste persone. Anche questa è una cosa che faccio con grande passione.

Papa Francesco invita sempre ad essere accanto ai più fragili…

R. – Papa Francesco è nel mio cuore per la sua missione verso i più vulnerabili, i più sfortunati. Io condivido le sue preoccupazioni verso i migranti, i nostri fratelli africani e per la missione della Chiesa, che è stare vicino ai più deboli. Questo mi fa veramente essere vicino al sentimento cristiano.

Lei come fa i conti con la fede?

R. – Io cerco di rispettare i comandamenti della Chiesa ma soprattutto cerco di amare il prossimo. Credo che questo sia il comandamento più importante della fede. Oddio, ‘ama il prossimo tuo come te stesso’ è un ideale pressoché irraggiungibile, però è una cosa che si deve fare. In questo tempo in cui gli avversari diventano nemici, divampano gli odii, le ripicche, le polemiche, un sentimento da riscoprire è proprio la gentilezza, il rispetto delle opinioni altrui. Qualcosa si muove anche per merito di Papa Bergoglio. Speriamo ci sia una inversione di tendenza perché quest’epoca di cattiveria, chiamiamola proprio così, debba finire ed essere sostituita da un’epoca più gentile.

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