Giornata della vita consacrata: la testimonianza di suor Veronica

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Un’occasione per “lodare e ringraziare il Signore per il dono della nostra vocazione e missione”, scrive in una Lettera il cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, descrivendo la Giornata di oggi. “Una giornata – prosegue – cara a tutti noi, consacrate e consacrati, perché dedicata alla nostra meravigliosa vocazione che in diverse modalità fa splendere l’amore di Dio per l’uomo, la donna e l’universo intero”.  

Suor Veronica: essere in Cristo per la gente

Ogni persona ha un compito da svolgere nella sua esistenza, una vocazione o, nell’ottica della fede, un disegno di Dio da realizzare. E il percorso per comprendere il proprio per ciascuno è diverso. Suor Veronica Bernasconi, 37 anni, originaria di Como, è una “professa temporanea” della Congregazione delle Figlie di San Paolo, note anche come Paoline. Il carisma del fondatore, il beato don Giacomo Alberione, condiviso con la venerabile suor Tecla Merlo, è l’apostolato attraverso i mezzi di comunicazione sociale. Dopo essere stata a Roma, suor Veronica vive ora a Messina. Anche se dal suo ingresso nella Congregazione sono passati già 7 anni, suor Veronica non ha ancora pronunciato i voti perpetui, una tappa fondamentale della vita religiosa solo rimandata, però, a motivo degli studi da completare, e da poco terminati, per ottenere il Baccellierato in teologia. Ai nostri microfoni suor Veronica racconta come è arrivata alla decisione di donarsi a Dio attraverso la professione religiosa: 

Ascolta l’intervista a suor Veronica Bernasconi

R. – Rispetto ad altre storie dove ci sono conversioni eclatanti, nella mia storia c’è stato più un incontro quotidiano con il Signore. Per me è stato fondamentale l’incontro con alcuni miei coetanei durante un campo con la Caritas in Albania. Quello che io facevo per abitudine, loro lo facevano a rischio della vita perché durante il regime andare a Messa voleva dire, appunto, rischiare la vita. Da lì ho cominciato a farmi delle domande. Questa è stata la prima grande spinta che ho ricevuto, l’altra è stata quella della Parola di Dio: io ero una ragazza un po’ riservata e facevo fatica a esprimere i miei sentimenti, ma piano piano, grazie anche a chi mi accompagnava, attraverso un percorso di preghiera, ho incontrato il Vangelo e nel Vangelo ho scoperto che quelle parole dicevano quello che io sentivo, quindi mi sono sentita letta e capita da una Parola che poi è sempre più entrata nella mia vita.

Sono passati ormai 7 anni dalla sua prima professione. Alla luce degli anni già vissuti, le è venuto qualche rimpianto, qualche tentazione di fare un passo indietro?

R. – Rimpianti no, e nemmeno tentazioni, è vero che la vita è bella ma anche difficile, però credo che questo valga per ogni vocazione. La cosa bella per me è che ogni giorno è nuovo. Io dico sempre che mi sono trovata a fare cose e in situazioni che non avrei mai pensato di vivere. Questa, secondo me, è davvero una grande grazia. Le fatiche ci sono soprattutto, credo, in una realtà italiana in cui la vita religiosa ha un’età più avanzata, dove si vive in un certo senso una tradizione che a volte rischia di essere un po’ pesante per una giovane che entra. Ma rimane sempre la bellezza della vita comunitaria a tutte le età. 

Qual è la cosa più bella della sua vita tra le Figlie di San Paolo e quello che invece le costa un po’ più fatica?

R. – Quello che mi piace di più è essere sempre, in qualche modo, al passo coi tempi. Si pensa spesso alla vita religiosa come a qualcosa di chiuso in un convento, ora, se è vero che la preghiera, lo studio della Parola sono fondamentali, nella mia vocazione è importante l’aggiornamento, essere al passo con i social media, poter trovare modi nuovi per raccontare quella Parola di sempre. Quindi per me questa è la cosa più bella. La fatica rimane, forse, quella a cui accennavo prima. Devo dire la verità, la comunità per me è una grande spinta, un grande fattore positivo, però inevitabilmente l’età media delle religiose nelle Congregazioni, non solo nella mia ma in generale, è un po’ alta, quindi a volte anche nel momento della formazione, anche potendola condividere con altri istituti, si sente la fatica un po’ dello scarto generazionale. E’ vero che le sorelle più anziane portano tutto un carico di esperienza e di benevolenza, dall’altra parte alcuni piccoli elementi quotidiani, sono un po’ diversi.

Di recente, sono emersi sulla stampa alcuni problemi legati alla vita delle consacrate, una mancata valorizzazione, una tendenza a chiedere loro mansioni non tanto di servizio, quanto di servitù, qualche tensione con le madri superiori ecc… Che cosa pensa di tutto questo?

R. – Io credo che siamo all’interno di un periodo in cui queste questioni emergono e questo, secondo me, è una grazia: devono emergere perché se non emergessero non riusciremmo a cambiarle. E inevitabilmente il ruolo della donna nella società prima, ma ancora di più nella Chiesa, è in grande fermento. Non possiamo più essere considerate come religiose e come donne in generale, quelle che, appunto, servono nel più banale del termine, è vero che le donne portano con se una generatività, ma non ci dobbiamo dimenticare che anche l’uomo è chiamato ad essere padre. Quindi, credo che dobbiamo trovare una complementarietà. Qualche problema c’è ancora, lo vediamo negli studi: la possibilità che le suore hanno di studiare è minore o comunque con minori sbocchi  rispetto ai sacerdoti. Bisogna che venga sistemata questa situazione, altrimenti il rischio sarà che le suore rimarranno sempre un passo indietro.

Lei invece ha un’esperienza diversa riguardo agli studi perché si è laureata alla Facoltà di teologia…

R. – Sì, io credo che le Congregazioni debbano sempre più puntare su questo aspetto. La mia esperienza è questa, ma le dico che la percentuale di donne con cui ho studiato è molto basta. Noi eravamo in assoluta minoranza ed è ancora più difficile per le donne laiche perché lo sbocco poi di uno studio teologico è abbastanza limitato. Credo che lo studio sia un primo passaggio fondamentale perché la Chiesa deve poter pensare insieme, cioè non può essere pensata solo da uomini, non per una malintesa parità ma perché la Chiesa ha bisogno di tutte le sue componenti, di quella maschile e di quella femminile.

Suor Veronica, per questa Giornata della vita consacrata, il cardinale Joao Braz de Aviz ha esortato i consacrati a farsi veri artefici di fraternità tra loro e nel mondo e di promuovere la cultura dell’incontro e del dialogo. Che risonanza hanno in lei queste parole?

R. – Pensavo l’altro giorno, proprio leggendo la lettera del dicastero, che è fondamentale questo aspetto della fraternità. Io credo che se dovessi esprimere che cos’è la vita religiosa dovrei tornare a quel brano evangelico che la festa di oggi ricorda, cioè quello della Presentazione di Gesù al Tempio. Chi c’era lì? C’erano Simeone e Anna e chi sono? Sono profeti ma anche persone normali che, in ascolto dello Spirito, sono riusciti a vedere in un bambino, che è una cosa normale, qualcosa che va oltre e hanno avuto la forza, il coraggio e la possibilità di farne parte ad altri. Allora io credo che questa sia l’importanza della vita consacrata: il vivere con la gente, tra la gente, e per la gente. Mi piace pensare che la vita consacrata sia la vita delle preposizioni, quelle che creano rapporti: con la Parola, per gli altri, in Cristo. 

Per concludere, suor Veronica, se lei dovesse parlare con una ragazza o un ragazzo che si sentono in qualche modo chiamati alla vita consacrata, che cosa vorrebbe dire loro?

R. – Direi di non aver paura, perchè il Signore davvero accompagna la nostra storia, qualunque sia la loro specifica espressione vocazionale. E di tenere sempre presenti questi due aspetti: essere radicati in Cristo, nella Parola, nell’Eucaristia e, dall’altra parte, essere davvero con i piedi e le mani all’interno del mondo e circondati da questa fraternità, da questa umanità, immersi in questa realtà. Con queste due basi, credo che la vita consacrata anche per loro potrebbe essere bella.