Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Una violazione estrema dei diritti e dell’integrità delle donne e delle ragazze. Nella maggior parte dei Paesi del mondo le mutilazioni genitali femminili sono considerate una pratica da abolire, frutto di usanze culturali basate sulla rimozione, totale o parziale, degli organi genitali esterni, con conseguenze importanti sulla salute della donna, che in alcuni casi portano alla morte. Una volta praticato il taglio le ragazze saranno considerate pronte per diventare spose e questo comporta spesso un matrimonio precoce con il conseguente abbandono degli studi.
Si stima che circa 68 milioni di ragazze in tutto il mondo rischiano ancora di subire questa pratica prima del 2030. A pesare in questo dato c’è la pandemia che ha stravolto i piani di molte organizzazioni, costrette a mettere da parte i progetti per affrontare l’emergenza sanitaria. “Una crisi nella crisi”, secondo le Nazioni Unite. Per questo è stato lanciato un nuovo programma sul tema: “Non c’è tempo per l’Inattività Globale. Unitevi, Finanziate e Agite per porre fine alle Mutilazioni Genitali Femminili”.
Una pratica universale
Le mutilazioni genitali femminili sono diffuse principalmente in 31 Paesi dell’Africa e del Medio Oriente, 15 dei quali alle prese con conflitti, povertà crescente e diseguaglianze, ma è corretto definire questa pratica universale perché comune in alcuni Paesi dell’America Latina e dell’Asia. Non sono da escludere, inoltre, l’Europa occidentale, l’America del Nord, l’Australia e la Nuova Zelanda dove le famiglie immigrate continuano a rispettare questa tradizione. Almeno 200 milioni di ragazze e donne in vita oggi hanno subito mutilazioni genitali femminili: circa 1 ragazza e donna su 4, ovvero 52 milioni in tutto il mondo, sono state sottoposte alla pratica per mano di personale sanitario. Questa proporzione è due volte più alta tra le adolescenti, il che indica una crescita nella medicalizzazione della pratica.
In alcuni paesi, le mutilazioni genitali femminili sono una pratica subita da circa il 90% delle ragazze in particolare in Gibuti, Guinea, Mali e Somalia. Un dato allarmante riguarda l’età delle donne, sempre più bassa: in Kenya, l’età media in cui ci si sottopone alla pratica è scesa da 12 a 9 anni negli ultimi tre decenni.