Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Per il Giappone questo lunedì 9 agosto è un giorno decisamente particolare. Da tre quarti di secolo si ricorda il bombardamento nucleare di Nagasaki, avvenuto a tre giorni di distanza da quello di Hiroshima. Un momento di dolore, lutto e preghiera, l’occasione per ascoltare come ogni anno le voci dei sopravvissuti. Le testimonianze di chi, di generazione in generazione, porta ancora nel cuore e sul corpo quelle ferite purtroppo aperte. Oggi è anche il giorno che segue la chiusura dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020, attesi un anno in più del previsto a causa della pandemia di Covid-19. A rischio rinvio fino all’inizio dello scorso mese, le Olimpiadi si sono regolarmente disputate e le oltre mille medaglie in palio – un record nella storia dei Giochi – sono state attribuite ad atlete e atleti di ogni continente. Nelle stesse ore, dunque, la memoria di lungo periodo, dolorosa e doverosa, e quello di poche ore fa, con gli occhi rivolti già al prossimo grande appuntamento che avrà inizio tra un paio di settimane: le Paralimpiadi.
Tokyo 2020: gioia mista a rammarico
Inutile nasconderlo, quando Tokyo fu scelta per ospitare i Giochi – la seconda volta nella storia, dopo l’edizione del 1964 – si immaginava tutt’altro evento rispetto a quello vissuto negli ultimi 15 giorni. La pandemia non solo ha fatto slittare di un anno le Olimpiadi, ma ha comportato la chiusura al pubblico di stadi, piste di atletica, palazzetti dello sport. Un problema non da poco, sia per l’atmosfera di festa che accompagna i Giochi che, ovviamente, per i mancati introiti legati anche al turismo ed agli sponsor. Eppure lo spirito olimpico è prevalso, tante le storie di amicizia e fair play raccontate in questi giorni, mille e più le emozioni vissute di ora in ora. Ma che atmosfera si respira oggi a Tokyo? Padre Andrea Lembo, missionario del Pime da più di 10 anni in Giappone, risponde a questa domanda nell’intervista rilasciata a Radio Vaticana – Vatican News:
“L’aver rinviato le Olimpiadi ha certamente creato non solo problematiche organizzative, ma anche un calo dell’entusiasmo e non possiamo dimenticare l’ingente capitale investito per accogliere l’enorme numero di turisti che sarebbero dovuti venire. Le decisioni ad un certo punto sono state politiche, c’erano anche movimenti sociali a favore o contrari. Però avendole iniziate, lo sforzo, l’impegno, il sacrificio degli atleti ha avuto un seguito mediatico importante, anche – aggiunge – senza presenza di pubblico. Soprattutto le gare in serata e quelle di sabato e domenica sono state seguite”. I giovani come hanno vissuto queste Olimpiadi? “Parallelamente ai Giochi ci sono tante attività sportive portate avanti dalle persone semplici. Si respira lo spirito olimpico anche lì”. I problemi però non mancano. “La Chiesa è in prima linea per le famiglie, per i tanti senzatetto perché la povertà è in aumento. La pandemia – spiega – ha causato grandi disagi e nonostante la luce dei Giochi, questi problemi rimangono”.
Le Paralimpiadi e quell’attenzione ai più fragili
Il 25 agosto iniziano le Paralimpiadi. Qual è l’attesa nel Paese per quest’evento? Per padre Andrea questi Giochi “sono molto attesi, direi anche più delle Olimpiadi”. Il motivo è duplice. “Da un lato – spiega – le date coincidono con una delle vacanze più lunghe in Giappone, dunque ci saranno più spettatori televisivi. Ma soprattutto la società giapponese ha molta attenzione verso la disabilità, questo è l’elemento più importante. Quindi con questo evento il Giappone vuol fare vedere al mondo questa sua positività, l’attenzione al debole, al disabile, a chi per nascita o per incidenti ha una vita diversa, difficile, ma su questa vita scommette, gioca, compie uno sforzo. Tutto ciò – sottolinea – è di grande sprone, fa vedere che il coraggio e la speranza, la capacità di superare se stessi nei limiti ci porta alla vera umanità. L’andare sempre avanti, l’obiettivo di raggiungere un punto per il quale dico che sì, è bello vivere! Anche in una società che chiede l’eccellenza, una realtà meritocratica, vedere questi atleti paralimpici sarà di grande incoraggiamento per tutti”. In particolare per i più giovani. “Non è facile per le nuove generazioni costruirsi un futuro, questo può essere un vero incentivo per la vita dei giovani”.
Dalla bomba atomica alla fiamma olimpica
Il Giappone si appresta, dunque, a vivere nuove emozioni, ma è chiamato al tempo stesso a ricordare la pagina più dolorosa della sua storia: il bombardamento atomico statunitense di Hiroshima e Nagasaki. Una coincidenza di cui anche l’arcivescovo di Nagasaki, monsignor Joseph Mitsuaki Takami, ha parlato a Radio Vaticana – Vatican News, e che padre Andrea vede come “una fortunata e bella coincidenza, anche perché lo scorso mese la Corte Suprema giapponese ha stabilito di allargare il chilometraggio di residenza delle persone che, a causa dei danni provocati dall’atomica, hanno una serie di benefit sociali e sanitari. Entrano così nel gruppo delle migliaia di sopravvissuti vittime dell’atomica altre centinaia di persone che oggi hanno tumori o altre malattie in conseguenza di quell’attacco nucleare. Lo Stato riconosce che gli effetti di quella tragedia non si fermano solo ad una generazione o ad un certo chilometraggio”. Il sacerdote sottolinea poi l’importanza delle celebrazioni che ricordano i giorni del 6 e 9 agosto 1945. “Ogni anno la nazione si ferma e medita sulla pace e sull’assurdità della guerra. Sempre – aggiunge – vengono ricordate le parole di san Giovanni Paolo II ed anche i messaggi di Papa Francesco. La Chiesa in tal senso ha un ruolo importante e fornisce un grande contributo nella riflessione sul nucleare e sul possesso delle armi nucleari”.
Accanto ai giovani
Dallo scorso mese padre Andrea Lembo è il nuovo direttore di un Centro che la diocesi di Tokyo ha creato negli anni ’30 dello scorso secolo per aiutare i giovani nella crescita umana e cristiana, favorendo momenti di incontro e di convivialità. Il Centro si chiama Shinseikaikan, ovvero Verità e Vita. “I giovani vivevano in quel tempo sotto un imperialismo molto forte, con una diffusa unicità di pensiero. Negli anni quel Centro, che voleva far conoscere il Vangelo, si è sviluppato ed oggi – afferma padre Andrea – è un grande onore per me e per il Pime dirigerlo. Certo è anche una grande responsabilità. Noi cerchiamo di portare Gesù ed il Vangelo soprattutto a quelle persone che vivono le esperienze più drammatiche del cammino umano. Penso alla malattia, alle famiglie divise, ai tantissimi suicidi e dunque più in generale alla solitudine. Vogliamo – conclude – essere un seme che possa crescere, dando una boccata d’ossigeno evangelico alle persone vicine a noi con attività giornaliere, di svariato tipo con l’intenzione di essere sempre accanto ai bisognosi e favorendo l’incontro internazionale, in un mondo sempre più chiuso a causa della pandemia, recuperando la bellezza del vero incontro tra fratelli di culture, lingue, tradizioni diverse”.