Chiesa Cattolica – Italiana

Gerusalemme, padre Faltas: la comunità internazionale si faccia Osservatore speciale

Il vicario della Custodia di Terrasanta è terrorizzato dalle conseguenze di un assalto su Gaza. Lamenta che i suoi reiterati appelli alle diplomazie occidentali sono rimasti per decenni inascoltati e che mai si sia seriamente realizzato un tavolo di dialogo. Serve una delegazione internazionale, non servono le armi, scandisce: “Serve che si prenda una reale coscienza di riportare questa terra alla pace, perché è possibile”

Roberto Cetera e Antonella Palermo – Città del Vaticano

“La situazione è sempre più grave, di ora in ora”. Lo riferisce da Gerusalemme ai media vaticani padre Ibrahim Faltas, vicario generale della Custodia di Terra Santa. Il suo appello al dialogo giunge mentre nella città scattano nuove sirene di allarme e mentre gli aggiornamenti dell’esercito sul campo parlano di alcuni sospetti miliziani che si sarebbero infiltrati dal Libano in territorio israeliano. Ai residenti di numerose località è stato detto di chiudersi in casa. Il bilancio delle vittime sale a 560, 2.900 i feriti. 

Olaf Scholz, Emmanuel Macron, Joe Biden e Rishi Sunak si sentiranno stasera, 9 ottobre, per fare il punto sulla situazione in Israele. Intanto, i ministri degli Esteri della Lega araba hanno deciso di incontrarsi mercoledì al Cairo per discutere dell'”aggressione israeliana alla Striscia di Gaza” a seguito dell’assalto a sorpresa di Hamas contro Israele. L’occasione “straordinaria” cercherà di trovare “vie di azione politica a livello arabo e internazionale”.

L’assedio su Gaza sarà terribile

All’annuncio israeliano dell’assedio totale su Gaza, il francescano esprime tutta la sua preoccupazione: “Niente luce, niente acqua, niente viveri. Sarà terribile per la popolazione. Così come sarà difficile arrivare con i beni necessari, alimentari e medicine, in alcune zone della Palestina”, riferisce. Le sue parole proprio mentre risuona l’eco delle dichiarazioni del premier Netanyahu a colloquio telefonico con il presidente americano Biden: “Dobbiamo entrare a Gaza. Non possiamo trattare ora”.

La comunità internazionale si faccia “osservatore speciale”

Che sia sempre mancato un deficit di presenza delle cancellerie europee occidentali sul conflitto israelo-palestinese, è convinto il religioso, il quale ha diffuso in queste ore un nuovo personale comunicato relativo alla crisi scoppiata sabato scorso: “Non è il primo comunicato che faccio. Ho sollecitato in diverse occasioni la comunità internazionale ad intervenire nelle guerre precedenti, nei grandi disordini avvenuti in precedenza. Ma non abbiamo avuto nessun intervento. Nessuna presa di posizione per mettere d’accordo le due parti. Sono trascorsi decenni senza aver alcun sostegno e senza pensare a un tavolo di dialogo”.

L’accorata invocazione che arriva da Faltas, sentita prioritaria per lui, “è di avere nel Paese la presenza di una delegazione internazionale che lavori seriamente per portare le parti al dialogo. Non servono le armi – scandisce – serve che si prenda una reale coscienza di riportare questa terra alla pace, perché è possibile che la comunità internazionale si faccia ‘osservatore speciale’ dei problemi che esistono ma che devono trovare la sospirata soluzione per Gerusalemme”.

I cristiani hanno paura di essere presi di mira perché arabi

Sulla condizione dei cristiani in questo frangente, il vicario ricorda che questa minoranza sta “soffrendo molto” dinanzi a tutta la distruzione, la morte. Precisa, inoltre, che “i cristiani sono tutti palestinesi e hanno molta paura. Sono chiusi in casa”. Racconta anche che tutti gli operai di Betlemme che lavorano presso la Custodia, nella scuola, nei conventi non vanno al lavoro perché è molto difficile attraversare i check point; “hanno paura di essere presi di mira, di subire aggressioni perché arabi. Tutti abbiamo paura – conclude in questa sua testimonianza a caldo – perché sabato 7 ottobre è accaduto l’inimmaginabile conl’inizio della guerra. Oggi non sappiamo cosa accadrà. Il futuro è confuso. Fa paura. È come entrare in un vicolo buio dove si intravede un filo di luce e a questo filo la comunità cristiana si aggrappa perché è la nostra speranza che sosteniamo con la nostra preghiera”.

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