Chiesa Cattolica – Italiana

Germania occidentale sott’acqua: fermare il riscaldamento della Terra

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Si aggrava ancora il bilancio delle vittime delle inondazioni che hanno colpito mercoledì e giovedì due regioni della Germania occidentale. Secondo l’ultimo aggiornamento delle autorità sono almeno 103 le vittime e 1300 i dispersi nel Nord Reno-Vestfalia e in Renania-Palatinato. Un fenomeno definito dai media di “proporzioni storiche” e che ha colpito anche le zone confinanti del Belgio con 23 morti, Lussemburgo e Olanda, dove ci sono almeno altri 12 morti e migliaia di persone da ore senza corrente. Particolarmente colpito, in Germania, il distretto di Ahrweiler, mentre il bilancio è aggravato anche dalle vittime di una nuova frana in Westfalia, a Erftstadt-Blessem, che ha travolto alcune case e auto.

Le conseguenze dei cambiamenti climatici

Il sottosegretario agli Interni di Berlino, Stephan Mayer, ha parlato di “catastrofe umanitaria“. “In pochi minuti – ha spiegato – piccoli ruscelli si sono trasformati in fiumi in piena, la gente non era preparata a quello che è successo: chi si trovava in cantina o al pianterreno è stato colpito improvvisamente, senza possibilità di fuga”. La cancelliera tedesca Angela Merkel si è detta “sconcertata”, parlando di tragedia senza precedenti, e la ministra dell’Ambiente Svenja Schulze ha ribadito come non sia possibile minimizzare quanto accaduto, descrivendolo come semplice “maltempo”, ma sia necessario rendersi conto che si tratta delle drammatiche conseguenze dovute ai cambiamenti climatici.

Accelerare le misure di protezione del clima

Armin Laschet, ministro-presidente del Nord Reno-Vestfalia e candidato della Cdu alla cancelleria, ha visitato Altena, nella provincia del Sauerland, dove mercoledì pomeriggio un vigile del fuoco è morto dopo aver salvato un uomo in un’area del villaggio semisommersa dall’acqua. Anche Laschet ha indicato come responsabile il riscaldamento climatico: “Di catastrofi simili – ha detto – ne dovremo affrontare di continuo e questo significa che occorre accelerare le misure di protezione del clima a livello federale, europeo e globale, poiché il clima non è più il problema di un solo Paese”. 

Fiorani: rischiamo un clima meno adatto alla vita dell’uomo

“L’umanità sta cominciando a rendersi conto che il clima che cambia è un pericolo, una minaccia, come lo è la pandemia – ci dice il fisico Luca Fiorani, docente di Sviluppo sostenibile all’Università Sophia di Loppiano e divulgatore scientifico – con la differenza che gli effetti di un’azione di prevenzione del virus si vedono nel giro di poche settimane, mentre per smaltire tutto il gas serra che abbiamo mandato nell’atmosfera ci vorranno anni. Per questo bisogna agire subito, applicando davvero l’Accordo di Parigi sul clima.

Ascolta l’intervista a Luca Fiorani

Professor Fiorani: inondazioni in Germania e in tutta l’Europa occidentale, caldo mediorientale in Canada, cosa sta succedendo alla Terra?

Sta succedendo purtroppo quello che gli scienziati dicono da decenni: sta avvenendo un cambiamento del clima del nostro Pianeta. Il clima però è un concetto statistico, parliamo di medie misurate lungo gli anni. Quindi non è un fenomeno estremo come un inondazione in Germania, o un ondata di calore in Canada che fa il clima, ma è pur vero che il ripetersi sempre più frequente, in maniera statisticamente fondata, di questi eventi, dimostra che effettivamente il clima sta cambiando. Quindi dobbiamo aspettarci sempre di più questo tipo di eventi estremi, ondate di calore e piogge torrenziali.

Qualche climatologo dice che questo clima non è più adatto all’uomo, è quello di secoli fa, quando l’uomo non c’era ancora, e che i mari si alzeranno molto. È troppo pessimista?

Da un certo punto di vista è corretto. Il problema, se cambia il clima, non è per il Pianeta, che è una sfera rocciosa che grosso modo continuerà a ruotare attorno alla propria stella. Il problema è vedere se il clima, il l’atmosfera che circonda questo Pianeta, sarà adatta alla vita dell’uomo. Noi cominciamo a temere sempre di più che questo clima sarà sempre meno adatto alla vita dell’essere umano. Non ultimo c’è il problema dell’innalzamento del livello del mare: alla fine del secolo molte città costiere come New York, come Venezia, come tante altre, saranno veramente in pericolo.

In Germania molte persone tra le vittime non erano preparate, erano nei propri scantinati… Ma queste ultime inondazioni erano davvero imprevedibili? Cosa è successo al servizio metereologico tedesco, solitamente così efficiente?

E’ vero che la previsione è sempre molto difficile: è più facile predire il clima, che è un concetto medio, statistico, piuttosto che prevedere puntualmente cosa accade in un certo punto del Pianeta, in un certo istante temporale. Questo è ancora molto difficile, per noi, e le previsioni sono attendibili solo qualche giorno prima, non di più. Probabilmente qui ha giocato il fatto che queste piogge erano di una violenza veramente particolare e la gente non ne era abituata.

Da più parti ora si chiede di accelerare l’adozione di misure di protezione del clima. Cosa si può fare di più rispetto all’ Accordo di Parigi?

Innanzitutto dobbiamo cominciare ad applicarli rigorosamente, questi accodi sul clima. Quello di Parigi è un accordo che ha molti aspetti positivi e ci indica una strada: ci dice che dobbiamo far sì che la temperatura del Pianeta non aumenti più di un grado e mezzo. Però noi questo accordo lo dobbiamo riempire di contenuti, di azioni concrete. E’ venuto il momento in cui l’umanità comincia a rendersi conto che veramente il clima che cambia è un pericolo, è una minaccia, un po’ come la minaccia della pandemia. Con la differenza che i tempi di reazione della pandemia sono dell’ordine della settimana. Io lascio circolare il virus, e dopo un paio di settimane vedo la curva dei contagi salire in modo esponenziale. Invece nel clima se io lascio i gas serra andare in atmosfera, ci vogliono anni, decenni per vedere gli effetti. Ma quando io comincio ad agire, purtroppo dobbiamo aspettarci che questi gas serra continueranno a girare perché il loro tempo di vita non è così breve. Ecco che abbiamo una crescita di questi fenomeni, come abbiamo visto nella pandemia, ma purtroppo i tempi di reazione sono più lenti. Bisogna allora veramente cominciare a pensare di agire subito. Dobbiamo quindi fare quella transizione ecologica che comporta la decarbonizzazione della nostra economia, cioè noi non dobbiamo più emettere gas serra. La buona notizia è che da quando la presidenza degli Stati Uniti è cambiata e si è impegnata fortemente in questo campo, c’è stato un “effetto domino” e molti altri Paesi hanno cominciato a dire: noi nel 2050 prevediamo di raggiungere la neutralità carbonica, cioè prevediamo di non emettere più gas serra in atmosfera.

Exit mobile version
Vai alla barra degli strumenti