Adriana Masotti – Città del Vaticano
Raccogliere fondi per finanziare un tour, in programma nei prossimi mesi pandemia permettendo, in un campo profughi lungo la cosiddetta rotta balcanica percorsa da migliaia di migranti. Il campo si trova a Bihać, città della Bosnia Erzegovina e in esso opera il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS). Il Gen Rossso che si propone di portare ovunque un messaggio di fraternità, vuole portare ai migranti che occupano il campo prossimità, sollievo e sostegno umanitario, nonché formazione di base attraverso le arti dello spettacolo. Il Gruppo artistico internazionale intende anche richiamare l’attenzione su un dramma non risolto, dando voce a chi non ce l’ha.
Un progetto che conta sulla solidarietà di tanti
Il progetto del Gen Rosso è quello di realizzare un concerto direttamente nel campo profughi di Bihać, in cui i protagonisti siano gli stessi migranti. Tutto questo sarà possibile solo grazie all’aiuto di tanti, per questo è nata l’idea del concerto Higher che la band presenterà domenica 23 maggio alle ore 21:00, in live streaming direttamente dai Gen Rosso Studios di Loppiano, dove lavora e risiede abitualmente. ll ricavato dei ticket – secondo la formula di donazione libera e spontanea – sarà devoluto all’organizzazione e al coinvolgimento, nel concerto LIFE, di un grande numero di migranti opportunamente preparati, nel giro di soli 3 giorni di workshop, a salire sul palco a fianco del Gen Rosso.
Il concerto in live streaming Higher
Tramite il linguaggio dell’arte, il concerto di domenica si snoderà in un percorso che si sviluppa in quattro quadri, ciascuno su un tema: Dio Amore, siamo amati e quindi amiamo; l’importante cambiamento che passa attraverso il dolore; l’amore reciproco cioè l’essere l’uno per l’altro; la luce e la gioia – Pasqua. Nel concerto ci sarà anche la presenza di alcuni artisti amici che per la prima volta si esibiscono con i componenti del Gen Rosso: Emanuele Conte, cantautore italiano; Karine Aguiar, cantante dell’Amazzonia e Albert Illa, cantautore e musicista spagnolo.
Chirco: porteremo la nostra musica, ma anche noi stessi
Da sempre il Gen Rosso non fa solo concerti, ma vuole condividere i problemi e le necessità delle persone che incontra: giovani, detenuti, poveri, immigrati. Ha continuato a farlo anche in questo lungo periodo segnato dal Covid-19. Questa volta l’attenzione è rivolta a quanti hanno lasciato le loro case alla ricerca di un futuro migliore. A Emanuele Chirco, direttore musicale e arrangiatore della band, oltre che alle tastiere, abbiamo chiesto quale la ragione di questa scelta e quale l’obiettivo?
R. – L’idea è nata dallo stimolo molto grande che abbiamo ricevuto dalle parole di Papa Francesco sulla necessità di fare qualcosa per chi vive ai margini della società. Ci siamo domandati che cosa avremmo potuto fare noi di concreto uscendo un po’ da ciò che abbiamo fatto in questo ultimo anno e mezzo, quindi soprattutto in rete, appena avremmo potuto viaggiare, per ritornare ad incontrare le persone in presenza. Allora abbiamo pensato proprio agli immigrati che in questo momento si trovano in questa città della Bosnia Erzegovina e che vivono veramente una situazione assolutamente precaria perché sono fermi lì, sono tantissimi e, bisogna dirlo, non li vuole nessuno. Tornare indietro non possono perché hanno fatto un percorso lunghissimo, ma non possono neppure andare avanti e superare il confine. Allora abbiamo pensato che se loro non possono muoversi potevamo andare noi da loro. Ovviamente questo si può realizzare solo se troviamo i fondi per finanziare questo progetto. Ecco quindi il concerto di domenica 23 maggio alle 21, per cercare di raggiungere un po’ dei soldi che occorrono per poter noi andare da loro e fermarci anche una settimana.
Il concerto di domenica in live streaming è, dunque, solo il primo passo per poi arrivare in presenza proprio lì nel campo profughi e realizzare qualcosa con loro…
R. – E’ così, perchè si sa che il Gen Rosso non realizza solo concerti, ma dovunque va a cantare, organizza poi degli workshop, generalmente con i ragazzi delle scuole, ma non solo, per coinvolgerli insieme a noi sul palco a cantare, a danzare, a volte anche a suonare. Ecco, vogliamo fare questo con gli immigrati che si trovano ora a Bihać, vedremo come fare, ma noi sappiamo adattarci e anche fossero una chitarra, un paio di casse e un paio di microfoni, prepareremo un concerto per far sentire loro veramente protagonisti di questo momento. Sono veramente ai margini della società, e noi vorremmo dare loro l’attenzione giusta, anche attraverso i media, perché tutta l’Unione Europea si faccia attenta a tutto ciò che sta succedendo lì.
Ci presenti brevemente il concerto Higher, in preparazione a questo vostro progetto?
R. – Il titolo Higher, più in alto, è lo stesso dell’ultimo singolo realizzato dal Gen Rosso, sarà un concerto con 22 canzoni, alcune del nostro patrimonio storico, altre più recenti comprese le più nuove, i 5 singoli dell’ultimo anno. All’interno di questo concerto abbiamo voluto fare però qualcosa di più invitando tre amici ospiti, quindi saranno con noi a cantare per la prima volta una cantante brasiliana dell’Amazzonia, un cantante musicista spagnolo e un cantautore italiano, dunque sarà un concerto ricco di emozioni, ricco di nuove sonorità e anche di nuove partecipazioni che allargano sempre di più la costellazione del Gen Rosso. Perchè negli anni ci siamo resi conto che un solo Gen Rosso non basta! Pensando appunto alle tante esigenze dell’umanità un solo Gen Rosso non basta, occorre allargare questa costellazione e allora desideriamo coinvolgere nella nostra attività tanti altri nuovi giovani artisti che, condividendo con noi lo spirito del carisma dell’unità di Chiara Lubich, possano poi portare l’esperienza vissuta insieme a noi anche nei loro ambiti e nelle loro nazioni.
Ci sono tanti modi per esprimere solidarietà con chi soffre e diverse organizzazioni lo fanno facendo anche in questo territorio della Bosnia Erzegovina. Voi portate la vostra musica e voi stessi, ma che cosa volete dire a persone che vivono una situazione così critica e magari non sono neppure cristiani. Come parlare ad esempio di Dio, presente in alcune vostre canzoni, in questo contesto?
R. – Certo, è una sfida, ma mi pare di poter dire che è la cosa più semplice, perché esiste un filo di contatto con tutti, un filo di contatto che collega cuore e mente con tutti, dove le diversità che in questo caso potrebbero anche essere quelle religiose o culturali, non contano, non contano perché c’è la persona davanti a tutto. Noi andiamo lì portando quello che sappiamo fare, e non è andare e cantare una canzone, ma andare e cantare la nostra vita, la nostra esperienza che è fatta di vicinanza alle persone, del prendersi cura. Cosa può fare oggi la musica, forse potrebbe anche fare poco, apparentemente. Ma è quello che c’è attorno alla nostra musica che può fare tanto, forse tantissimo prechè è stare con loro, poter vivere, se vogliamo, il disagio che vivono loro e poterne anche parlare agli altri, parlare al mondo, alle persone che ci seguono, raccontare a tutti la loro storia e cercare di catalizzare l’attenzione laddove veramente ce n’è tanto bisogno. E poi c’è qualcosa anche nel cuore della gente, c’è uno spazio che ha tanto bisogno di essere colmato di attenzione e di ascolto. E allora il nostro Gruppo così internazionale, con all’interno tante culture diverse, tanti luoghi diversi di provenienza e di lingue, in questo momento potrà dare a quelle persone un senso anche al loro stare lì.
Emanuele, stiamo tutti ricominciando a vivere una vita di maggiore normalità. Voi vi state preparando al ritorno sul palco delle città del mondo?
R. – Certamente, anche se devo dire che il nostro impegno e il contatto con la gente non si è mai interrotto. Sin dalle prime settimane di lookdown, l’anno scorso, quando abbiamo dovuto fermarci, abbiamo capito che dovevamo continuare a stare con la gente. Allora da lì è iniziata un’avventura settimanale, poi diventata bisettimanale in cui siamo riusciti sempre ad entrare nelle case delle persone, quindi fondamentalmente per noi non è cambiato molto: prima la gente veniva ai nostri concerti, poi il concerto è andato a casa della gente, siamo entrati nelle loro famiglie. Adesso vorremmo riuscire a portare con noi l’esperienza digitale fatta, aggiungendo nuovamente il concerto in presenza. Ecco, stiamo lavorando su questo doppio binario: il concerto nei teatri, ma nel frattempo proiettato on line per raggiungere ancora più persone.
Chi è il Gen Rosso
Il Gruppo artistico internazionale, International Performing Arts Group, nasce nel 1966 a Loppiano, vicino a Firenze, da un’idea di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, che regala una batteria rossa ad un gruppo di ragazzi per comunicare, attraverso la musica, i messaggi di pace e fratellanza universale e concorrere così alla realizzazione di un mondo più unito. L’originale attività del Gen Rosso scaturisce dal suo bagaglio artistico-culturale, dall’internazionalità dei suoi componenti e dall’impegno personale di ciascuno ad attuare, nel contesto di vita quotidiana, i valori di cui si fa ambasciatore.