Fausta Speranza – Città del Vaticano
Oggi i tribunali di Londra ascolteranno due ricorsi dell’ultimo minuto a proposito della questione dei richiedenti asilo dal Rwanda. Si tratta dell’accordo tra governo britannico e governo rwandese che prevede il trasferimento di richiedenti asilo nel Paese africano in cambio di un pagamento iniziale di 120 milioni di sterline (148 milioni di dollari). Il primo volo è previsto per domani e dovrebbe riguardare 30 persone di cui non è stata indicata la nazionalità. Secondo organizzazioni umanitarie, si tratta di persone in fuga dall’Afghanistan e dalla Siria.
L’ennesimo ricorso
La Corte d’Appello ascolterà le argomentazioni di due gruppi per i diritti umani e un sindacato oggi dopo che venerdì scorso un giudice dell’Alta Corte di Londra ha rifiutato la loro richiesta di un’ingiunzione che bloccasse il decollo del volo. Il giudice ha affermato la scorsa settimana che vi era un “interesse pubblico materiale” nel consentire al governo di perseguire la politica. L’Alta Corte ascolterà separatamente le argomentazioni di Asylum Aid, l’organizzazione per i rifugiati che ha lanciato una seconda sfida legale per impedire al governo di portare i rifugiati in Rwanda. Ne abbiamo parlato con Christopher Hein, docente di Diritto e politiche di immigrazione e asilo e Gestione delle migrazioni all’Università Luiss:
Il professor Hein ricorda innanzitutto che i ricorsi contro la decisione del governo britannico dell’espulsione e contro questo accordo sono appoggiati dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) che – aggiunge – ha dichiarato che il piano del governo di concedere ai richiedenti asilo sette giorni per ottenere consulenza legale e presentare il loro caso per evitare l’espulsione è imperfetto e ingiusto. Su questo specifico punto sembra si pronuncerà lo stesso giudice che venerdì ha respinto la prima richiesta di decreto ingiuntivo.
Le motivazioni del governo di Londra
Il professor Hein ricorda che secondo il premier Johnson, la strategia di espulsione mira a minare le reti di traffico di esseri umani e a fermare il flusso di migranti che rischiano la vita attraversando la Manica su piccole imbarcazioni provenienti dall’Europa e aggiunge che effettivamente il flusso attraverso la Manica è sempre più consistente. Hein ribadisce la contrarietà dell’Alto Commissariato per i rifugiati dell’Onu sottolineando che si tratta di provvedimenti che non rispettano i diritti dell’uomo anche perché in Rwanda ci sono sistemi di gestione che però rischiano il collasso se si pensa al numero di persone che potrebbe entrare in base a questo accordo. Secondo Hein, la vera motivazione è politica e consiste nell’intenzione che faccia da deterrente. Si vorrebbe – afferma – scoraggiare chiunque dall’arrivare in Gran Bretagna paventando il rischio che ci si ritrovi in Rwanda. Da parte sua, il principe di Galles Carlo rimane “politicamente neutrale”: lo ha affermato l’ufficio stampa della Clarence House, la residenza dell’erede al trono britannico e della consorte Camilla, in risposta alle indiscrezioni di stampa diffuse oggi secondo cui Carlo avrebbe giudicato sconcertante il piano del governo britannico di mandare in Ruanda migranti giunti illegalmente nel Regno Unito. “Non commentiamo su presunte conversazioni private e anonime con il principe di Galles, se non per ribadire che rimane politicamente neutrale. Le questioni che riguardano le politiche sono decisioni che spettano al governo”, ha fatto sapere Clarence House, riferisce Press Association. Il Times, citando una fonte anonima, aveva scritto che in conversazioni private Carlo si sarebbe detto “più che deluso” dalla vicenda.
Dibattito anche in Francia
Crescono i flussi migratori verso la Francia, secondo la Caritas, che stima in media 150 arrivi giornalieri. La stima deriva dal numero di coloro che si presentano alla mensa per colazione e pranzo. Ad arrivare sono soprattutto afghani, iracheni, curdi e ivoriani. In una lettera pubblicata sul sito della diocesi, il vescovo di Ventimiglia Antonio Suetta ricorda l’anniversario dei sette anni da quell’ 11 giugno 2015 in cui il governo francese sospese gli accordi di Schengen, ripristinando i controlli alla frontiera. “Tale decisione – si legge – rinnovata di sei mesi in sei mesi, perdura e continua a produrre conseguenze molto negative, innanzitutto nei confronti delle persone migranti in viaggio, ma indirettamente anche verso”. Al confine – dice – è sistematica la richiesta dei documenti, ma solo a chi ha la pelle scura, con il conseguente respingimento e la permanenza in città. Ma ciò in questi anni non ha fermato i migranti, li ha portati a rivolgersi a trafficanti o a rischiare la vita per evitare i controlli; purtroppo sono decine le vittime: folgorate sui tetti dei treni, cadute dalle montagne, investite sull’autostrada. Monsignor Suetta interviene sulle differenze di trattamento tra i profughi africani o asiatici e gli ucraini. La decisione del Governo francese risulta ancora più ‘stridente’ – spiega – da quando è iniziata la guerra in Ucraina in quanto ai profughi ucraini è riconosciuto il diritto a muoversi all’interno dell’Unione Europea e a scegliere in quale Paese rifugiarsi. Vescovo e Caritas auspicano che “in attesa che cambino le regole, si proceda speditamente con l’apertura di un nuovo centro di accoglienza per affrontare una situazione assai complessa per i migranti e per il territorio e per riconoscere la dignità delle persone in viaggio”.
Dibattito anche in Francia
Crescono i flussi migratori verso la Francia, secondo la Caritas, che stima in media 150 arrivi giornalieri. La stima deriva dal numero di coloro che si presentano alla mensa per colazione e pranzo. Ad arrivare sono soprattutto afghani, iracheni, curdi e ivoriani. In una lettera pubblicata sul sito della diocesi, il vescovo di Ventimiglia Antonio Suetta ricorda l’anniversario dei sette anni da quell’ 11 giugno 2015 in cui il governo francese sospese gli accordi di Schengen, ripristinando i controlli alla frontiera. “Tale decisione – si legge – rinnovata di sei mesi in sei mesi, perdura e continua a produrre conseguenze molto negative, innanzitutto nei confronti delle persone migranti in viaggio, ma indirettamente anche verso”. Al confine – dice – è sistematica la richiesta dei documenti, ma solo a chi ha la pelle scura, con il conseguente respingimento e la permanenza in città. Ma ciò in questi anni non ha fermato i migranti, li ha portati a rivolgersi a trafficanti o a rischiare la vita per evitare i controlli; purtroppo sono decine le vittime: folgorate sui tetti dei treni, cadute dalle montagne, investite sull’autostrada. Monsignor Suetta interviene sulle differenze di trattamento tra i profughi africani o asiatici e gli ucraini. La decisione del Governo francese risulta ancora più ‘stridente’ – spiega – da quando è iniziata la guerra in Ucraina in quanto ai profughi ucraini è riconosciuto il diritto a muoversi all’interno dell’Unione Europea e a scegliere in quale Paese rifugiarsi. Vescovo e Caritas auspicano che “in attesa che cambino le regole, si proceda speditamente con l’apertura di un nuovo centro di accoglienza per affrontare una situazione assai complessa per i migranti e per il territorio e per riconoscere la dignità delle persone in viaggio”.
Prima intesa Ue su ridistribuzione
Commissione europea e presidenza francese del Consiglio si riuniscono nei prossimi giorni per mettere a punto la piattaforma di solidarietà approvata venerdì scorso in tema di richiedenti asilo. I ministri dell’Interno dei Paesi UE hanno raggiunto un primo accordo per la ridistribuzione (volontaria) dei migranti che arrivano via mare, con l’obiettivo di alleviare il peso sui Paesi di primo sbarco. La ricollocazione dei richiedenti asilo sarebbe volontaria ma chi si rifiuta di partecipare sarebbe obbligato a offrire un sostegno finanziario diretto ai Paesi di primo arrivo. Di segnale importante parla monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Commissione per le Migrazioni della CEI e della Fondazione Migrantes:
Monsignor Perego parla di passo avanti significativo in termini di messaggio offerto dai ministri degli Interni. Sottolinea che servono altre decisioni a livello istituzionale per rendere operativa questa indicazione ma certamente – afferma – si tratta – di un primo pronunciamento a nome dei governi importante anche perché chiarisce che i Paesi di primo approdo non possono essere lasciati soli nel gestire un’emergenza. Ricorda che da tempo se ne parla con precedenti di tensione e con tentativi di incoraggiare alla corresponsabilità. Un meccanismo che obbliga all’accoglienza o che impone comunque un contributo economico può aiutare nella sensibilizzazione dei Paesi che si sentono fuori dalle rotte. Peraltro monsignor perego accenna alla questione ucraina come ad un tragico evento che ha aperto nuovi orizzonti di migrazioni per Paesi non toccati dalle rotte sul Mediterraneo.