Chiesa Cattolica – Italiana

Gaza, aumentano le vittime. Raid sul campo profughi di Bureij, civili sotto le macerie

Oltre 41.200 i morti finora nella Striscia. Guterres denuncia le sofferenze “inimmaginabili” dei palestinesi, mentre Blinken, in Egitto, discuterà della tregua. Lapid parla di una guerra “sempre più vicina” tra Israele e Hezbollah

Vatican News

Aumentano le vittime dei raid israeliani a Gaza e sembra anche aumentare la distanza che separa da un cessate il fuoco. I morti sono saliti, secondo un nuovo bilancio fornito dal ministero della sanità di Hamas, a 41.252, tra loro vi sarebbe, secondo l’esercito israeliano, il capo dell’unità missilistica della Jihad islamica palestinese, rimasto ucciso in un attacco nella zona umanitaria designata da Israele nell’area di Khan Younis. Altri morti si contano a Gaza centrale, nel campo profughi di Bureij, tra loro anche un bambino. Decine le persone ancora intrappolate sotto le macerie. I palestinesi patiscono sofferenze “inimmaginabili”, denuncia il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che, rimanendo fermo sulla condanna degli attacchi terroristici condotti da Hamas, ribadisce “che nulla giustifica la punizione collettiva della popolazione palestinese” che è ciò che si vede “drammaticamente a Gaza”. Il segretario di Stato Usa Blinken è intanto, da oggi, in Egitto, per co-presiedere l’apertura del dialogo strategico Usa-Egitto per discutere della tregua a Gaza con il rilascio degli ostaggi e l’intervento per alleviare le sofferenze dei palestinesi. La Lega Araba ha intanto presentato una nuova bozza di risoluzione per un cessate il fuoco, chiedendo di avviare “seri negoziati” per l’attuazione della soluzione dei due Stati.

Il rischio guerra Israele-Hezbollah

“Siamo preparati a condurre una lunga guerra di logoramento”, aveva dichiarato ieri Yahya Sinwar, capo di Hamas, spiegando di poter contare sul sostegno dei gruppi di “resistenza” in Libano, in Iraq e nello Yemen. E proprio con lo sguardo rivolto al Libano, il leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, ha espresso scetticismo circa la possibilità che la diplomazia possa scongiurare una incursione israeliana contro Hezbollah in territorio libanese. Ci sono almeno 60 mila civili, ha spiegato Lapid, che da quasi un anno non possono vivere nelle loro case nel nord da quasi un anno, minacciati dai bombardamenti di Hezbollah, ha aggiunto Lapid, esprimendo il timore di essere molto “vicini a una guerra violenta che minaccerà molte parti di Israele”. Ieri il premier israeliano Netanyahu aveva parlato della necessità di un “cambiamento fondamentale” nella situazione della sicurezza del nord per permettere ai residenti israeliani di tornare nelle loro case. Israele, era stato l’avvertimento del premier, “farà tutto il necessario per garantire la loro sicurezza”.

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