Gambetti: studiamo nuovi modi e linguaggi per chi viene a San Pietro

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Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Una istituzione millenaria che si ripensa nel futuro. Francesco ha compiuto il primo passo poco meno di un mese fa, il 28 agosto, ridisegnando il profilo del Capitolo di San Pietro, fondato nel 1053 allo scopo di curare l’aspetto liturgico e di preghiera all’interno della Basilica vaticana – compito che si è intersecato, secoli dopo, con l’attività Fabbrica di San Pietro, nata per la costruzione della casa madre della cattolicità. Ed è proprio per venire incontro alle nuove esigenze di accoglienza anzitutto spirituale dei pellegrini, ma anche dei semplici turisti, che hanno ripreso a riempire le navate petrine, che il Papa ha avviato il processo di riforma del Capitolo con le recenti Norme transitorie. Ai media vaticani il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica di San Pietro e presidente della Fabbrica di San Pietro, ha spiegato la direzione di marcia impressa dalla decisione di Francesco.
 

Eminenza, cosa si vuole raggiungere con questo riassetto rispetto al passato, che nel caso di questa istituzione è un passato davvero antico?

Un passato antico e glorioso che ora, nel senso della continuità, ha come orizzonte quello di un rinnovamento che possa far proseguire questa istituzione nel tempo e soprattutto, è la speranza, continui a portare oggi i frutti dello Spirito. La finalità è ristrutturare gradualmente la costituzione del Capitolo e la sua opera in modo che sempre di più possa venire incontro alle nuove domande dei fedeli, dei visitatori, cercando di offrire un messaggio che possa far avvicinare il più possibile le persone alla sacralità del luogo, ai significati che custodisce, e possa anche far crescere e sviluppare l’amore e l’attrazione per il bello, la bellezza della liturgia soprattutto, ma anche dell’arte.

Quali sono le nuove domande dei visitatori?

La percezione è che accanto alla domanda tradizionale di poter avvicinarsi alla santità del luogo e delle persone che qui sono custodite – abbiamo tanti santi qui in Basilica, molti Papi a partire da San Pietro – e quindi al desiderio di accostarsi ai sacramenti vi sia una domanda crescente – sia pure non così indirizzata – di spiritualità, di riscoperta dell’interiorità, ma in una modalità diversa rispetto al passato. Mi pare ci sia una larga parte di persone in visita qui, e non solo, che sta riscoprendo il contatto col trascendente, lo riassaporando, anche se magari non sa dare un nome a questo e una forma definita a questa esigenza. Queste persone hanno bisogno di essere in certo modo indirizzate, di vedere che da qualche parte c’è un approdo. Da questo punto di vista allora, occorre rimodulare la comunicazione del messaggio, che rimane sempre lo stesso, cioè di ripensare la modalità con cui viene presentata la persona di Gesù e quindi tutta la santità che ne deriva, specie in questo luogo in particolare. Un linguaggio, direi quasi una lingua, che possa essere decodificata da chi ascolta, da chi si avvicina, sapendo che tra i vari linguaggi c’è anche quello dell’arte, della bellezza del luogo.

In cosa consiste quindi la risposta a questa domanda dal punto di vista più prettamente spirituale?

Ci siamo messi in moto per ripensare la proposta liturgica che il Capitolo da tempo praticamente immemore cura e che riguarda la celebrazione dell’Eucarestia e i momenti dell’ufficio liturgico, come le Lodi e i Vespri. Il primo elemento riguarda la lingua e dal momento che questo è un luogo internazionale stiamo ragionando, pur sapendo che una lingua unica è impossibile, sulla come fare nelle celebrazioni così da favorire nelle persone una comprensibilità che tocchi la sensibilità del cuore. Poi, ripensiamo anche i momenti celebrativi, dall’Eucaristia alla preghiera. Vorremmo arricchire quella del Capitolo e renderla fruibile alle persone che vengono. Mentre in Basilica, dove c’è già l’adorazione permanente nella Cappella del Santissimo, nulla vieta che si possano proporre anche altri momenti di adorazione, in momenti circoscritti della giornata o della serata. Come pure stiamo pensando di proporre una sorta di lectio che racconti la vicenda di Gesù con lo sguardo di Pietro. Inoltre, nei periodi che dal punto di vista atmosferico lo consentono, pensiamo si possa fare qualcosa anche sulla piazza. Già con il Giubileo del Duemila c’erano momenti dedicati durante la settimana ai pellegrini.

Il Capitolo di San Pietro si è via via occupato anche dell’amministrazione del patrimonio della Basilica. In questo ambito particolare la riforma voluta dal Papa come interviene?

Interviene distinguendo più chiaramente le attività. C’è un’attività di animazione liturgica e pastorale che è propria del Capitolo – inteso come i membri del capitolo, cioè i canonici – e c’è un’attività di amministrazione che in parte ancora rimarrà in capo al Capitolo e in parte è assunta dalla Fabbrica di San Pietro. L’idea di fondo è di intrecciare, distinguendoli meglio, gli ambiti di attività. La Fabbrica è chiamata come dice il termine stesso a “fabbricare”, quindi a conservare, a custodire, ma anche a promuovere la tutela del bene, ma anche a portare avanti attività che favoriscano questa conservazione. Al Capitolo tuttavia restano in capo alcuni beni che si sono costituiti nel tempo e questa parte di patrimonio, che non chiede una gestione particolarmente impegnativa, consente al Capitolo di disporre di alcuni beni per le opere che continuerà a compiere, in particolare di assistenza, di sostegno di alcune situazioni di bisogno – un’attenzione bella riguarda ad esempio i sacerdoti che sono in difficoltà – ma anche per alcune attività caritative. Se ci sarà la possibilità, se le poche risorse lo permetteranno, l’idea è di riprendere, come il Capitolo faceva in passato, la promozione del culto in altre chiese fuori Roma, in Italia ma anche in giro per il mondo. In questo senso, una delle cose che mi ha colpito di del passato riguarda l’incoronazione delle Madonne, cioè il Capitolo inviava un contributo alle chiese che desideravano incoronare i quadri, le statue mariane, abbiamo anche conservata una mostra con queste icone.

Quindi, per quanto concerne la Fabbrica, in che modo eserciterà la sua funzione?

La priorità della Fabbrica sarà investire le risorse a disposizione per rendere sempre più sicuro, più bello e più ordinato il complesso monumentale. Ma una delle cose su cui cominciamo a ragionare è che sarebbe bello promuovere anche una scuola di formazione alle arti e ai mestieri, che dia la possibilità ai giovani di apprendere e magari inserirsi in qualche attività. Tra l’altro, proprio pensando ad alcuni mestieri, avremmo bisogno che non si perdessero: per esempio lo scalpellino, il mosaicista, o l’artista falegname da laboratorio, capace di dare con le mani la giusta curvatura, di tracciare il profilo utile, che spesso sono un unicum e non possono essere prodotti industrialmente. Questo ci piacerebbe e per il Capitolo sarà uno dei motivi di riflessione comune quando avremo composto il Capitolo dei canonici.

A questo proposito in che modo cambierà la composizione del Capitolo?

È previsto un passaggio di molti da canonici a canonici onorari in base all’età, in base a mansioni che si possono o non si possono svolgere… C’è quindi questa attenzione importante, che il Papa ha voluto che fosse un elemento per la transizione, cioè dare continuità all’accompagnamento di tutti quei canonici che usciranno dal Capitolo e che magari hanno necessità di vario genere, un po’ per l’età, un po’ per infermità varie o altre situazioni, affinché nessuno si trovi in difficoltà.