Il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali interviene all’Assemblea generale delle Nazioni Unite parlando ai Paesi membri di come il mondo sia preda di conflitti, di rigurgiti nazionalisti, del rischio rappresentato dal possesso di armi nucleari e di sempre più drammatiche forme di ingiustizia e di persecuzione religiosa.: l’Onu torni all’origine e rilanci “il coordinamento tra gli Stati per raggiungere fini davvero comuni”
Vatican News
In un momento in cui lo “sgretolamento della fiducia tra le nazioni” ha portato all’”aumento del numero e della gravità dei conflitti e delle guerre”, bisogna “iniziare a ricostruire la fiducia per riaccendere la stabilità, la pace e la prosperità globali”. L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, interviene al dibattito della Settimana ad alto livello in apertura della 78.ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ieri 26 settembre, attraversando con un intenso discorso le crisi che feriscono l’umanità, dalle guerre, come quella in Ucraina, o in Siria, o in Sudan, alle crisi ambientali, alle ricadute di nazionalismi ed estremismi. Il rappresentante vaticano parla della “colonizzazione ideologica” più volte denunciata da Papa Francesco che nel tempo ha caratterizzato riunioni internazionali ad alto livello, laddove si riscontra la tendenza da parte dei singoli Stati a “imporre le proprie idee e la propria agenda” e dove “i Paesi più ricchi e potenti cercano di imporre la propria visione del mondo ai Paesi più poveri, promuovendo valori culturali estranei che non condividono”, dove lo stato di diritto sembra talvolta essere sostituito dalla legge del più forte. Gallagher chiede di tornare all’ascolto e al dialogo, per risolvere i conflitti e diminuire le sofferenze dell’umanità. Mettere a tacere o escludere chi è in disaccordo, spiega il presule, mina “la natura stessa dei forum multilaterali globali, che dovrebbero continuare a corrispondere alla loro vocazione primaria di luoghi di autentico incontro e dialogo tra Stati ugualmente sovrani”.
Le Nazioni Unite tornino all’origine
Dialogo, responsabilità condivisa e cooperazione, sono le tre parole chiave indicate da monsignor Gallagher perché si arrivi a un “multilateralismo efficace”, il tutto sempre all’insegna della solidarietà globale “che si esprima concretamente nell’aiuto a chi soffre”, con i governanti pronti a “mettere da parte i propri bisogni, le proprie aspettative e i propri desideri di sovranità o di onnipotenza di fronte allo sguardo concreto dei più fragili”. Qualsiasi riforma delle Nazioni Unite, sottolinea, “non deve basarsi in primo luogo sulla moltiplicazione di riunioni, discorsi, strutture o istituzioni, ma sul rendere ciò che già esiste più efficiente e in linea con l’epoca che stiamo vivendo”. L’Onu, è l’indicazione, deve “tornare alle origini”, ossia rilanciare “il coordinamento tra gli Stati per raggiungere fini davvero comuni”.
Il rischio nucleare
Monsignor Gallagher torna quindi a ribadire punti fondamentale per la Santa Sede: l’uso dell’energia atomica a fini bellici, discussione riaperta dal conflitto in Ucraina, è più che mai, indicato dal Papa, “un crimine contro la dignità degli esseri umani”, e anche “il semplice possesso di armi nucleari è immorale”. Come detto anche durante il suo intervento alla commemorazione della Giornata Internazionale per la completa eliminazione delle armi nucleari, “purtroppo, il rischio di una guerra nucleare è ai massimi livelli da generazioni, con minacce irragionevoli dell’uso di armi nucleari, mentre la corsa agli armamenti prosegue senza sosta (…) Il mondo deve invertire la rotta. Papa Francesco insiste sul fatto che “l’obiettivo finale dell’eliminazione totale delle armi nucleari diventa una sfida e un imperativo morale e umanitario”. La richiesta agli Stati è quella di firmare e ratificare il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari, quello sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari e quello di non proliferazione. Nel testo, il presule, affronta anche la sfida rappresentata dalla intelligenza artificiale, una innovazione sempre più presente nelle singole vite e nelle comunità, che chiede una “seria riflessione etica sull’uso e l’integrazione di sistemi e processi di supercomputer nella nostra vita quotidiana”, che investe inevitabilmente anche lo sviluppo dell’uso di sistemi di armi autonome letali (LAWS). Anche in questo caso occorre avviare negoziati per disciplinare queste armi, attuando nel frattempo una moratoria, poiché il loro uso deve sempre essere “in linea con il diritto umanitario internazionale”.
Intelligenza artificiale e COP28
La Santa Sede, quindi, “sostiene l’istituzione di un’Organizzazione Internazionale per l’Intelligenza Artificiale, volta a facilitare il più completo scambio di informazioni scientifiche e tecnologiche per usi pacifici e per la promozione del bene comune e dello sviluppo umano integrale”. Lo sviluppo di nuove tecnologie deve essere finalizzato a mitigare le crisi che colpiscono il mondo, che va invece urgentemente salvaguardato. La grande ingiustizia, sottolinea monsignor Gallagher, è che “coloro che contribuiscono meno all’inquinamento siano quelli che pagano il prezzo più alto e sono i più esposti agli effetti negativi del cambiamento climatico”. L’indicazione alla comunità internazionale è quella di concentrarsi “su un risultato positivo alla prossima COP28 negli Emirati Arabi Uniti, senza ridurre le discussioni sul cambiamento climatico a questioni di finanziamento”, che rischiano di “mettere in ombra l’obiettivo finale di proteggere la nostra casa comune”.
Le troppe forme di ingiustizia
Il rappresentante vaticano ricorda poi che quest’anno ricorre il il 75.mo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani e il 30.mo anniversario della Dichiarazione e del Programma d’azione di Vienna, documenti che “invitano a una riflessione approfondita sul fondamento dei diritti umani e sul loro rispetto nel mondo contemporaneo, per rinnovare gli impegni a favore della difesa della dignità umana”. Il presule indica le diverse e numerose forme di ingiustizia che affliggono l’umanità, a partire da quelle che colpisce prima di tutto “i nascituri, ai quali viene negato il diritto di venire al mondo, in alcuni casi a causa del loro sesso o della loro disabilità”; chi non ha accesso “ai mezzi indispensabili per una vita dignitosa”; chi viene escluso da un’istruzione adeguata”; chi viene ingiustamente privato “del lavoro” o lo vive sotto forma di schiavitù; chi è detenuto “in condizioni disumane”, o subisce torture, o al quale “viene negata la possibilità di riscatto”. L’elenco continua con “le vittime di sparizioni forzate e delle loro famiglie; con coloro che vivono in un clima dominato dal sospetto e dal disprezzo, che sono oggetto di atti di intolleranza, discriminazione e violenza a causa del loro sesso, età, razza, etnia, nazionalità o religione”, infine tutti coloro che subiscono le violazioni dei loro diritti in un contesto di conflitto armato, mentre “trafficanti di morte senza scrupoli si arricchiscono al prezzo del sangue dei loro fratelli e sorelle”.
Le persecuzioni religiose
La “cartina di tornasole” attraverso la quale si può verificare il grado di tutela dei diritti umani, è per monsignor Gallagher “il grado di libertà di religione o di credo in un Paese”, in un momento in cui vi sono ancora persecuzioni contro chi professa la propria fede in pubblico, in cui in molti luoghi in cui “la libertà religiosa è fortemente limitata” e in cui si vive anche “una vera e propria persecuzione religiosa” che è in aumento quando si tratta di cristiani. I governi, è la richiesta, “hanno il dovere di proteggere la libertà religiosa dei loro cittadini”; la libertà religiosa, inoltre, al pari dell’istruzione e di altri diritti fondamentali, “può essere una componente importante per consentire agli emarginati di essere agenti dignitosi del proprio destino”.
I conflitti nel mondo, dall’Ucraina, alla Siria, al Sudan
Tra i tanti drammatici eventi che hanno caratterizzato l’anno in corso, il presule elenca il conflitto in Ucraina ferita che “invece di guarire si sta allargando e approfondendo”. All’impegno di tanti Paesi intervenuti in aiuto dell’Ucraina e del suo popolo, è l’amara constatazione, non è corrisposto un “uguale sforzo per trovare il modo di superare il confronto”. Si è lontani dal dialogo che possa aprire “strade di pace e di ricostruzione”, che è ciò che la Santa Sede “auspica e cerca di promuovere con ciascuno dei suoi innumerevoli appelli e iniziative, che dipendono dalla cooperazione di tutti gli attori internazionali”. Lo sguardo spazia, dall’Ucraina si passa alla Siria, afflitta da 12 anni di guerra, dal terremoto e dalla grande povertà, e per la quale la Santa Sede “oltre a incoraggiare la ripresa di un processo politico di riconciliazione”, chiede che la popolazione non sia afflitta dalle sanzioni internazionali imposte al governo siriano da Unione europea, Stati Uniti e Regno Unito. La preoccupazione riguarda anche il Sudan da mesi devastato da scontri armati con vittime e sfollati, afflitto dalla crisi umanitaria, e per il quale la Santa Sede “rivolge un accorato appello a deporre le armi affinché il dialogo possa prevalere e le sofferenze della popolazione possano essere alleviate”. La Santa Sede, prosegue ancora il rappresentante vaticano, “segue da vicino gli eventi politici nell’Africa subsahariana e rinnova il suo impegno per la promozione della pace, della giustizia e della prosperità”. Se da una parte fondamentale è l’azione delle Chiese locali nei processi di riconciliazione nazionale, dall’altra però, nella regione, si vivono violenza e frequenti colpi di stato “che interrompono i processi democratici, causano morte e distruzione e provocano crisi umanitarie e migratorie”.
Mettere fine allo sfruttamento economico e finanziario
Di fronte a “ingiuste dinamiche del colonialismo”, favorite da interessi economici internazionali, monsignor Gallagher si appella poi alle Nazioni Unite affinché “cessi ogni tipo di sfruttamento economico e finanziario e si abbia cura di promuovere una cooperazione internazionale generosa e rispettosa”. Il pensiero poi va al Nicaragua, “con il quale la Santa Sede auspica un dialogo diplomatico rispettoso per il bene della Chiesa locale e di tutta la popolazione” e anche alla drammatica situazione che si vive nel Nagorno-Karabakh, per la quale “la Santa Sede sollecita il dialogo e i negoziati tra l’Azerbaigian e l’Armenia, con il sostegno della Comunità internazionale, che favoriranno un accordo sostenibile, il più presto possibile” e che vede l’espressione delle condoglianze “alle famiglie delle vittime dell’esplosione in una stazione di servizio vicino alla città di Stepanakert”. Preoccupazione viene poi indicata per quanto accade “a Gerusalemme e in particolare per gli attacchi contro le comunità cristiane”, episodi che oltre a minacciare la convivenza tra le diverse comunità, minacciano “l’identità stessa della città di Gerusalemme, che alcuni non riescono a concepire come luogo di incontro tra le tre fedi, cristianesimo, ebraismo e islam”. L’appello è quindi a israeliani e palestinesi perché si arrivi ad un “dialogo sincero”, un appello esteso alla comunità internazionale “affinché Gerusalemme non venga dimenticata, affinché il progetto di una Città Santa come luogo di pace per tutti e di tutti, con uno status speciale garantito a livello internazionale, non venga abbandonato”.
La marcia indietro della storia
In chiusura, monsignor Gallagher, rileva con amarezza come l’ascesa dei nazionalismi miopi, estremisti, rancorosi e aggressivi, e all’origine di “conflitti anacronistici e superati”, stia facendo vivere al mondo una “marcia indietro nella storia”. La richiesta è quindi rivolta a tutti i membri dell’Onu affinché, seguendo l’indicazione di Papa Francesco, la pace sia un dovere, “perché è solo nella ricerca della pace e nella convivenza pacifica tra gli Stati che possiamo diventare nazioni veramente unite, in un’unica famiglia umana”.