A Marsiglia, il segretario per i Rapporti con gli Stati ribadisce la posizione della Santa Sede nel corso di una conferenza con il corpo consolare, rappresentanti delle comunità orientali e della Chiesa locale francese
L’Osservatore Romano
«Una soluzione a due Stati, unica via per risolvere questo conflitto senza fine, affinché israeliani e palestinesi possano finalmente vivere in pace e sicurezza»: la posizione della Santa Sede in merito alla drammatica situazione in Terra Santa è stata ribadita stamane, venerdì 2 febbraio, dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher a Marsiglia. Il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali ha partecipato a una conferenza nella basilica di Notre-Dame-de-la-Garde con il corpo consolare, rappresentanti delle comunità orientali, sacerdoti, diaconi e responsabili dei servizi arcidiocesani della Chiesa locale francese guidata dal cardinale Jean-Marc Aveline.
Prima di rispondere alle domande degli intervenuti, il presule ha tenuto una relazione sulla diplomazia della Santa Sede nell’attuale contesto. Rilanciando le preoccupazioni espresse a più riprese da Papa Francesco, ha parlato del Medio Oriente lacerato dalle divisioni, delle sofferenze dei popoli iracheno e siriano e dei rifugiati in Giordania e Libano; del «radicamento del conflitto della Federazione Russa in Ucraina, dopo quasi due anni di guerra e centinaia di migliaia di vittime innocenti»; dei rapporti tesi tra Armenia e Azerbaigian nel Caucaso meridionale, con il dramma degli sfollati nel Nagorno-Karabakh; «delle forti tensioni nelle Americhe, in particolare tra Venezuela e Guyana, in Perú e in Nicaragua, dove anche se non c’è una guerra aperta», si riscontrano «fenomeni di polarizzazione che indeboliscono le istituzioni democratiche»; e del «continente africano, colpito da molteplici crisi umanitarie dovute al terrorismo internazionale (in particolare nel Sahel), da complessi problemi socio-politici e dagli effetti devastanti del cambiamento climatico, nonché dalle conseguenze di colpi di stato militari e di alcuni risultati di processi elettorali caratterizzati da corruzione, intimidazione e violenza», con i conseguenti fenomeni migratori, al centro anche della visita compiuta dal Pontefice a Marsiglia nel settembre scorso, per la conclusione dei “Rencontres Méditerranéennes”.
Chiedendosi cosa può fare la diplomazia di fronte alle tragedie di questo mondo, monsignor Gallagher ha ricostruito la storia dell’azione della Santa Sede, che attraverso la rete delle rappresentanze pontificie intrattiene relazioni con 184 Paesi, il primo dei quali è stato proprio il regno di Francia nel xv secolo. Suoi «obiettivi fondamentali e immutabili — comuni ai diversi pontificati — sono la difesa della libertà di culto e libertà religiosa; la promozione di una visione etica delle grandi questioni che riguardano l’umanità; la difesa della dignità e dei diritti fondamentali; la promozione della riconciliazione, della pace e dello sviluppo integrale della persona».
Soprattutto, ha aggiunto, si tratta di «lavorare per la pace, parola fragile e allo stesso tempo esigente, in un momento storico in cui essa è sempre più minacciata, indebolita e in parte perduta». Una «diplomazia atipica» l’ha definita Gallagher, «libera da ogni ambizione politica, economica o militare», che nel tempo «ha saputo fare della sua singolarità una forza, e della sua voce una bussola che guida le coscienze attraverso le tragedie di questo mondo».
In concreto, ha detto ancora il relatore, «la nostra azione consiste nel tessere reti; promuovere il dialogo tra i belligeranti, chiunque essi siano; contribuire a risolvere i conflitti geopolitici senza umiliare i vinti, per ottenere una pace duratura; lottare per l’eliminazione della povertà; invocare una politica di disarmo, una transizione ecologica, tutelare la dignità umana per risparmiare la sofferenza delle popolazioni». Nella consapevolezza che «questa etica della vita basata su principi morali e questa “cultura dell’incontro” tra le persone richiedono grande pazienza, capacità di ascolto, discrezione e fiducia». Elencando «i segnali di speranza degli ultimi mesi, che dimostrano» come la diplomazia non sia «inattiva», ha citato la recente nomina di un rappresentante pontificio residente ad Hanoi, grazie anche alla collaborazione della Chiesa del Viet Nam; la ratifica dell’Accordo supplementare tra Santa Sede e Kazakhstan, che facilita la presenza di agenti pastorali nel Paese dell’Asia centrale; il centenario delle relazioni diplomatiche con la Repubblica di Panamá, il 70° di quelle con la Repubblica Islamica dell’Iran, il 60° delle relazioni con la Repubblica di Corea e il 50° di quelle con l’Australia.
E a tutto ciò, ha chiosato, «si aggiunge ovviamente la mediazione d’influenza esercitata direttamente dal Papa», visto che «la diplomazia della Santa Sede prevede anche l’intervento diretto del Pontefice», sia durante le udienze in Vaticano a capi di Stato e di Governo e ad altre personalità pubbliche, sia durante i viaggi apostolici, da ultimo quelli in Mongolia, nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan, e in Ungheria. Infine «un altro ambito è l’impegno della Chiesa nel dialogo interreligioso» come autentico «cammino di pace».
La giornata marsigliese del segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali era iniziata di buon mattino nella basilica di Saint-Victor, dove si è conclusa la tradizionale processione nella festa della Presentazione del Signore. Da secoli la città mediterranea in occasione della “Candelora” rinnova questo rito di pietà popolare, svegliandosi alle 6 al suono delle campane: dopo l’arrivo del Vangelo via mare al Porto Vecchio, un corteo orante si snoda fino ai resti monumentali dell’antica abbazia di Saint-Victor, per la celebrazione della messa nella cripta.
All’omelia odierna l’arcivescovo Gallagher ha trasmesso ai presenti «il ringraziamento e l’incoraggiamento di Papa Francesco», che «nel settembre scorso è stato profondamente toccato dal calore della vostra accoglienza, dal coraggio con cui affrontate giorno dopo giorno le sfide e le avversità e dalla vostra dedizione per una civiltà dell’incontro con Dio e con il prossimo». E proprio “festa dell’incontro” è il nome con cui in Oriente è nata la festa della Presentazione. Ricostruendone la storia, il celebrante si è soffermato sui “personaggi principali” di questo incontro nel tempio di Gerusalemme — la Vergine Maria, Giuseppe, Gesù bambino e gli anziani Simeone e Anna — come testimoni di speranza. Allo stesso modo di Marsiglia, arcidiocesi e città che con i suoi abitanti rappresentano un «mosaico di speranza», accogliente per i tanti migranti che qui approdano in cerca di un futuro migliore. E in proposito, il presule ha suggerito di invocare «la forza del Signore, ricordando l’antica antifona della festa odierna: “Il vecchio portava il bambino, ma il bambino sosteneva il vecchio” (Senex puerum portabat, puer autem senem regebat)».
Il rito si è concluso con la benedizione delle candele verdi, che richiamano il colore del manto della Vergine, e delle “navettes”, biscottini aromatizzati ai fiori d’arancio dalla caratteristica forma a barchetta, che secondo la tradizione simboleggiano l’arrivo in Provenza delle tre sante Marie, discepole di Cristo.