Andrea De Angelis – Città del Vaticano
La carenza di piogge e in genere di umidità che si protrae per un lungo periodo di tempo, rendendo arida e bruciata la terra. Il decremento dell’acqua disponibile in un particolare periodo e per una particolare zona. Se la prima è la definizione classica di siccità, la seconda è più idonea a quanto sta accadendo in Italia dove le terre non risultano aride e bruciate come accade, purtroppo, in altre regioni del mondo, ma si assiste ad un decremento dell’acqua mai visto nel corso di questo secolo. Una situazione eccezionale, dunque, che ha portato alla dichiarazione dello stato di emergenza in numerose regioni dello Stivale, in particolare nel nord del Paese.
Il monito del Papa
Già all’inizio di giugno, dunque prima dell’estate, gli esperti mettevano in guardia dal rischio siccità in Italia. Con il passare delle settimane il pericolo è diventato reale: i principali fiumi, dal Po al Tevere, hanno raggiunto livelli negativi record per quanto concerne la portata; numerose attività del settore primario sono state costrette a ridurre o addirittura interrompere il loro piano produttivo; diverse amministrazioni locali hanno deciso di intervenire razionando l’acqua e chiudendo, ad esempio, fontane pubbliche e piscine. Un vero e proprio campanello d’allarme in vista di una stagione, quella estiva, appena iniziata. Papa Francesco già lo scorso 29 giugno, al termine dell’Angelus, parlando dei roghi che avevano interessato la città di Roma e della siccità, pronunciava queste parole:
In questi giorni, a Roma, sono scoppiati diversi incendi, favoriti dalle temperature molto alte, mentre in tanti luoghi la siccità rappresenta ormai un problema grave, che sta causando seri danni alle attività produttive e all’ambiente. Auspico che si attuino le misure necessarie a fronteggiare queste urgenze e a prevenire le emergenze future. Tutto questo deve farci riflettere sulla tutela del creato, che è responsabilità nostra, di ciascuno di noi. Non è una moda, è una responsabilità: il futuro della terra è nelle nostre mani e con le nostre decisioni!
La siccità nella Laudato si’
Tutelare il creato, con particolare riferimento alla siccità, non è dunque una moda, ma una responsabilità. Nell’enciclica Laudato si’, al primo capitolo, Francesco sottolinea come l’acqua “potabile e pulita” sia una “questione di primaria importanza”, specialmente nei molti luoghi dove “la domanda supera l’offerta sostenibile” e nei momenti critici “non viene amministrata con imparzialità”:
L’acqua potabile e pulita rappresenta una questione di primaria importanza, perché è indispensabile per la vita umana e per sostenere gli ecosistemi terrestri e acquatici. Le fonti di acqua dolce riforniscono i settori sanitari, agropastorali e industriali. La disponibilità di acqua è rimasta relativamente costante per lungo tempo, ma ora in molti luoghi la domanda supera l’offerta sostenibile, con gravi conseguenze a breve e lungo termine. Grandi città, dipendenti da importanti riserve idriche, soffrono periodi di carenza della risorsa, che nei momenti critici non viene amministrata sempre con una adeguata gestione e con imparzialità. La povertà di acqua pubblica si ha specialmente in Africa, dove grandi settori della popolazione non accedono all’acqua potabile sicura, o subiscono siccità che rendono difficile la produzione di cibo. In alcuni Paesi ci sono regioni con abbondanza di acqua, mentre altre patiscono una grave carenza.
Sempre nel primo capitolo dell’enciclica del 2015, il Papa torna a parlare di siccità per affrontare l’inequità, una piaga che colpisce “individui e Paesi interi” dando vita a un “vero debito ecologico”, connesso a squilibri con “conseguenze in ambito ecologico e nell’utilizzo delle risorse naturali”:
In modo particolare c’è da calcolare l’uso dello spazio ambientale di tutto il pianeta per depositare rifiuti gassosi che sono andati accumulandosi durante due secoli e hanno generato una situazione che ora colpisce tutti i Paesi del mondo. Il riscaldamento causato dall’enorme consumo di alcuni Paesi ricchi ha ripercussioni nei luoghi più poveri della terra, specialmente in Africa, dove l’aumento della temperatura unito alla siccità ha effetti disastrosi sul rendimento delle coltivazioni.
Un problema strutturale
“L’enciclica del Papa l’abbiamo accolta con entusiasmo perché era davvero vicina al nostro modo di pensare, a quel guardare lontano nel tempo, sia nel passato che nel futuro. Oggi possiamo dire che Francesco aveva ragione”. Domenico Angelone, responsabile della comunicazione del Consiglio Nazionale dei Geologi, parla così della Laudato si’. “L’acqua è la fonte della vita, non deve essere una fonte di business e l’attenzione deve essere massima, ieri, oggi e sempre”, spiega, ricordando come “non è possibile aspettare ancora, è necessario fare qualcosa nell’immediato”.
L’esperto sottolinea come l’Italia “si sia trovata impreparata davanti al cambiamento climatico, ad una pressione antropica crescente già dalla metà dello scorso secolo”. Per questo è corretto affermare che “il problema è strutturale, registra una curva crescente e per questo, purtroppo, oggi se ne parla un po’ di più”. Secondo Angelone “c’è stata una certa miopia nel sottovalutare la questione siccità quando interessava un’altra parte del mondo, già allora – rimarca – doveva interessarci, ed oggi ancor di più perché, come prevedibile, ci riguarda in prima persona”. Per comprendere i fenomeni dunque “i tempi sono lunghi, ed è questo – conclude – il concetto da affermare con forza: ciò che facciamo oggi, sarà al servizio o a discapito delle generazioni future, compresa la questione idrica”.
L’appello dei geologi italiani
Già cinque anni fa l’Associazione Italiana degli Idrogeologi aveva sottolineato che la più consistente risorsa idrica del territorio italiano era costituita dalle acque sotterranee. Secondo i dati Istat del 2019, le acque sotterranee garantiscono l’84% del fabbisogno idropotabile, oltre a coprire una parte significativa delle esigenze agricole e industriali. Pur risentendo della diminuzione delle piogge, la risorsa idrica sotterranea nazionale si rinnova annualmente per circa 50 miliardi di metri cubi, valore paragonabile all’acqua invasata in media nel Lago di Garda e a quella che mediamente il fiume Po scarica nell’Adriatico in un anno. Le acque sotterranee, spiegano gli esperti, risultano immediatamente disponibili in molti contesti e offrono soluzioni durature nel tempo, a condizione che siano valutate attentamente le potenzialità degli acquiferi e monitorati costantemente gli effetti dei prelievi. Ciò non elimina la necessità di adattamento e mitigazione degli effetti delle variazioni climatiche, ma contribuisce alla ottimizzazione della gestione della risorsa superficiale e di situazioni emergenziali. Da qui la richiesta del Consiglio Nazionale dei Geologi di istituire un’Agenzia Nazionale per il Governo della Risorsa, in grado di eliminare la frammentarietà della governance e restituire una regia unica per una pianificazione a lungo e medio termine.