Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
“Non tralasciamo di ringraziare: se siamo portatori di gratitudine, anche il mondo diventa migliore, magari anche solo di poco, ma è ciò che basta per trasmettergli un po’ di speranza. Tutto è unito e legato, e ciascuno può fare la sua parte là dove si trova”. All’udienza generale, dalla Biblioteca privata del Palazzo Apostolico, Papa Francesco esorta a coltivare “l’allegrezza” alimentata dalla “gioia dell’incontro con Gesù”. “Il demonio invece, dopo averci illusi, ci lascia sempre tristi e soli”. “Se siamo in Cristo – spiega il Pontefice – nessun peccato e nessuna minaccia ci potranno mai impedire di continuare con letizia il cammino, insieme a tanti compagni di strada”. “Alla fine di questo anno difficile – ha detto salutando fratelli e sorelle di lingua tedesca – siamo forse tentati di vedere anzitutto ciò che non era possibile fare e ciò che ci mancava. Ma non dimentichiamo le tante, innumerevoli ragioni per cui ringraziare Dio e i nostri vicini”.
Riconoscersi preceduti dalla grazia
Ricordando l’episodio dei dieci lebbrosi guariti, riportato dall’evangelista Luca, il Papa sottolinea che solo uno, un samaritano, torna a ringraziare Gesù per la grazia ricevuta. “Questo racconto per così dire – spiega Francesco – divide il mondo in due: chi non ringrazia e chi ringrazia; chi prende tutto come gli fosse dovuto, e chi accoglie tutto come dono, come grazia”.
La preghiera di ringraziamento comincia sempre da qui: dal riconoscersi preceduti dalla grazia. Siamo stati pensati prima che imparassimo a pensare; siamo stati amati prima che imparassimo ad amare; siamo stati desiderati prima che nel nostro cuore spuntasse un desiderio. Se guardiamo la vita così, allora il “grazie” diventa il motivo conduttore delle nostre giornate. Grazie. Tante volte dimentichiamo di dire grazie.
Grati per il dono della vita
“Per noi cristiani – sottolinea il Pontefice – il rendimento di grazie ha dato il nome al Sacramento più essenziale che ci sia: l’Eucaristia”.
La parola greca, infatti, significa proprio questo: ringraziamento. I cristiani, come tutti i credenti, benedicono Dio per il dono della vita. Vivere è anzitutto aver ricevuto la vita. Tutti nasciamo perché qualcuno ha desiderato per noi la vita. E questo è solo il primo di una lunga serie di debiti che contraiamo vivendo. Debiti di riconoscenza. Nella nostra esistenza, più di una persona ci ha guardato con occhi puri, gratuitamente. Spesso si tratta di educatori, catechisti, persone che hanno svolto il loro ruolo oltre la misura richiesta dal dovere. E hanno fatto sorgere in noi la gratitudine. Anche l’amicizia è un dono di cui essere sempre grati.
L’incontro con Gesù e la gioia di essere amati
“Questo ‘grazie’,” che dobbiamo dire continuamente ” e che il cristiano condivide con tutti, si dilata nell’incontro con Gesù”. Riferendosi ancora all’episodio dei dieci lebbrosi guariti, il Papa sottolinea che il samaritano, oltre ad essere guarito, è anche certo “di essere amato”:
Naturalmente tutti erano felici per aver recuperato la salute, potendo così uscire da quella interminabile quarantena forzata che li escludeva dalla comunità. Ma tra loro ce n’è uno che a gioia aggiunge gioia: oltre alla guarigione, si rallegra per l’avvenuto incontro con Gesù. Non solo è liberato dal male, ma possiede ora anche la certezza di essere amato. Quresto è il nocciolo: la certezza di essere amati. E questo è il nocciolo: quando tu ringrazi, dai grazie, esprimi la certezza di essere amato. E questo è un passo grande: avere la certezza di essere amato. È la scoperta dell’amore come forza che regge il mondo.
Dimorando in Cristo, il mondo ci appare più bello
Con questa certezza nel cuore, tutto ha un altro sapore, un altro colore. “Non siamo più viandanti errabondi che vagano qua e là: abbiamo una casa, dimoriamo in Cristo, e da questa ‘dimora’ – conclude Francesco – contempliamo tutto il resto del mondo, ed esso ci appare infinitamente più bello”. “Siamo uomini e donne figli di grazia”. Dopo la catechesi, rivolgendo un cordiale saluto ai deli di lingua italiana, il Papa ha augurato infine a tutti che “il Nuovo Anno sia sereno e fecondo di ogni desiderato bene”. “Siate annunciatori nella società odierna della buona Novella recata dagli Angeli a Betlemme”.