Nel videomessaggio diffuso dalla Rete mondiale di Preghiera con le intenzioni per il mese di novembre, il Pontefice chiede al popolo di Dio preghiere perché nel suo ministero possa essere docile allo Spirito Santo: posso immaginare che tutti i Papi, all’inizio del loro pontificato, abbiano avuto quella sensazione di paura, di vertigine. Per favore, vi chiedo di giudicare con benevolenza
Antonella Palermo – Città del Vaticano
È diventata una consuetudine che Papa Francesco, alla fine di udienze e discorsi, si congeda con la frase: “Non dimenticatevi di pregate per me”. Nel videomessaggio realizzato dalla Rete mondiale di Preghiera del Papa, con le intenzioni del Pontefice per il mese di novembre, questa formula viene ulteriormente rilanciata con un tono intimo e confidenziale.
La preghiera del Popolo di Dio che dà forza al Papa
Il Papa apre il suo cuore ai fedeli ammettendo, ancora una volta, che ha bisogno della preghiera per continuare a compiere il suo ministero petrino. Le immagini a corredo delle parole del Successore di Pietro sono una sorta di mini racconto emozionale del suo pontificato. Accanto ai momenti più noti, come i primi attimi dopo l’elezione, ce ne sono altri quasi inediti, con abbracci e orazioni in varie parti del mondo. Li unisce l’umanità contagiosa di Francesco.
Chiedete al Signore che mi benedica. Le vostre preghiere mi danno forza e mi aiutano a discernere e ad accompagnare la Chiesa ascoltando lo Spirito Santo. Essere Papa non significa perdere la propria umanità. Al contrario, la mia umanità cresce ogni giorno di più con il popolo santo e fedele di Dio.
Ad essere Papa si impara
Chiunque ricorderà quelle prime parole del neo-eletto Francesco, dieci anni fa, pronunciate prima di impartire la benedizione, come Vescovo di Roma, a quanti erano riuniti in piazza San Pietro: “Vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica”, disse. Sigillò così fin da allora l’importanza della “preghiera del popolo”, che più volte sarebbe stata riposta al centro, e in quella circostanza così speciale chiese umilmente in uno spazio di silenzio la benedizione. Oggi, alla fine di un mese intenso, quello di ottobre, in cui la Chiesa universale è stata impegnata, attraverso i suoi delegati, nei lavori del Sinodo sulla sinodalità, il Papa condivide un concetto chiave: che le persone non sono un monolite, cambiano, perché parte integrante del processo in cui la società, e nello specifico la Chiesa tutta, è coinvolta:
Perché essere Papa è anche un processo. Si prende coscienza di ciò che significa essere un pastore. E in questo processo si impara ad essere più caritatevoli, più misericordiosi e, soprattutto, più pazienti, come il nostro padre Dio, che è così paziente. Posso immaginare che tutti i Papi, all’inizio del loro pontificato, abbiano avuto quella sensazione di paura, di vertigine, di chi sa che sarà giudicato duramente. Perché il Signore chiederà a noi Vescovi di rendere seriamente conto del nostro operato.
Chiedendo il dono dello Spirito e la docilità al suo aiuto
Lo Spirito Santo è il protagonista: è un’espressione che ha ripetuto innumeroli volte Francesco a proposito del discernimento sinodale. Di fatto, ammette la stessa cosa nel videomessaggio. Padre Frédéric Fornos, direttore internazionale della Rete, sottolinea che novembre diventa “un mese per sentire con la Chiesa”, come dicono gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio. E che “questo sentire invita a una benevolenza a priori”. Allo Spirito dunque bisogna rivolgersi:
Per favore, vi chiedo di giudicare con benevolenza. E di pregare perché il Papa – chiunque sia, oggi è il mio turno – riceva l’aiuto dello Spirito Santo, sia docile a questo aiuto. Preghiamo per il Papa, perché nell’esercizio della sua missione continui ad accompagnare nella fede il gregge a lui affidato da Gesù, sempre con l’aiuto dello Spirito Santo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me. E pregate per me! A favore!