All’udienza con la delegazione della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, il Papa sottolinea che, senza la preghiera, l’apostolato diventa “una questione imprenditoriale” o un lavoro di tipo “politico”
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Parla a braccio e in spagnolo Francesco con la delegazione della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, fondazione vaticana che ha lo scopo di mobilitare i cattolici di fronte alle sfide dell’umanità e della missione della Chiesa attraverso la preghiera, con intenzioni affidate dal Pontefice. Nata come Apostolato della Preghiera nel XIX secolo per iniziativa dei gesuiti, oggi è presente in 89 Paesi e vi aderiscono oltre 22 milioni di cattolici.
La preghiera dà senso all’apostolato
Nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico, Francesco rivolge un breve saluto ai 36 delegati manifestando apprezzamento per il loro “lavoro ecclesiale”. Quindi sottolinea l’importanza della preghiera.
Nel lavoro apostolico di un fedele, di un diacono, di un sacerdote, di un consacrato, di una consacrata, di un vescovo, se si porta avanti bene, si sente fortemente il bisogno della preghiera, dell’intercessione. L’azione da sola, sebbene sia apostolica, senza preghiera, è una questione imprenditoriale. Ciò che dà senso all’apostolato è la preghiera.
Il primo dovere di ogni cristiano
Il Papa ricorda, poi, che la preghiera è parte essenziale della vita dei credenti e che il primo dovere di ciascun vescovo e di ogni cristiano è pregare.
La preghiera. Altrimenti corriamo il rischio di diventare un’istituzione puramente naturale, mondana. O un lavoro di tipo politico.
E proprio per il sostegno a “questa mistica della preghiera nella Chiesa”, concludendo l’udienza, Francesco rivolge il suo grazie alla Rete Mondiale di Preghiera del Papa.