Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
Mentre parla, con l’espressione e il tono della voce che virano su un dolore sordo, è facile intuire le immagini che salgono alla mente, dettate dalla cronaca che riferisce di attività navali sul Mar Nero al confine tra Russia e Ucraina e di un possibile allargamento ad altre nazioni dello scenario di un conflitto che in quel quadrante dura da anni. Ancora una volta il Papa chiede da Roma di abbassare tensioni che invece di nuovo registrano un picco in un teatro bellico che gli esperti definirebbero “a bassa intensità”. Non per Francesco che esprime invece tutta la sua “preoccupazione” per gli avvenimenti in corso “in alcune aree dell’Ucraina orientale, dove – dice – negli ultimi mesi si sono moltiplicate le violazioni del cessate il fuoco”.
Osservo con inquietudine l’incremento delle attività militari. Per favore, auspico fortemente che si eviti l’aumento della tensione e al contrario si pongano gesti capaci di promuovere la fiducia reciproca e favorire la riconciliazione e la pace, tanto necessarie e tanto desiderate.
Il cerchio dell’appello si chiude come sempre con Francesco, con l’attenzione ai più indifesi che restano nella tenaglia delle strategie politico-militari.
Si abbia a cuore anche la grave situazione umanitaria in cui versa quella popolazione alla quale esprimo la mia vicinanza e per la quale vi invito a pregare.
L’Ave Maria sfuma alla fine nel sorriso di un Papa che ha ritrovato la vicinanza alla gente, ma intanto prima dell’appello Francesco aveva ricordato la beatificazione di ieri nell’Abbazia cistercense di Casamari di Simeone Cardon e dei suoi cinque compagni monaci uccisi nel 1799, quando i soldati francesi in ritirata da Napoli saccheggiarono chiese e monasteri, questi miti discepoli di Cristo resistettero con coraggio eroico fino alla morte per difendere l’eucaristia dalla profanazione.
Il loro esempio ci spinga a un maggiore impegni di fedeltà a Dio capace anche di trasformare la società e di renderla più giusta e fraterna.