Il Papa, in un messaggio a firma del cardinale Parolin, scrive ai partecipanti al Forum della pace di Parigi, in corso oggi e domani, chiedendo nuovamente la cessazione dei conflitti: ascolto, dialogo e cooperazione sono gli unici mezzi per risolvere i contrasti
Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
Mentre missili e attacchi nei vari teatri di conflitto non danno tregua al bisogno della pace, il Papa da parte sua non dà tregua alla guerra. Appelli alle coscienze si susseguono praticamente a cadenza giornaliera e anche oggi, 10 novembre, è un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin a ribadire i punti del suo magistero, rivolto per l’occasione ai partecipanti al Forum della pace di Parigi, in corso oggi e domani, che attraverso dibattiti e panel riguardanti temi diversi si confrontano su un pensiero di fondo ben preciso, quello della “ricerca di un terreno comune in un mondo di rivalità”.
Processo “lento e paziente”
Nel messaggio, letto dal nunzio apostolico in Francia Celestino Migliore, Francesco chiede che il Forum sia un “segno di speranza” sostenuto da impegni che “incoraggino un dialogo sincero, basato sull’ascolto del grido di tutti coloro che soffrono a causa del terrorismo, della violenza generalizzata e delle guerre, tutti flagelli che vanno a vantaggio solo di alcuni gruppi alimentando interessi particolari, purtroppo – osserva – spesso mascherati da nobili intenzioni”. All’opposto, sul versante del bene comune, c’è la costruzione difficile della pace – “processo lento e paziente”, lo definisce il Papa, che “richiede il coraggio e l’impegno concreto di tutte le persone di buona volontà che hanno a cuore il presente e il futuro dell’umanità e del pianeta”.
Onu e diritti, divario da colmare
Francesco osserva con realismo che a 75 anni esatti dall’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani, ancora resta un “persistente divario tra i solenni impegni assunti il 10 dicembre 1948 e la realtà”, divario che “deve ancora essere colmato, e in alcuni casi con grande urgenza”. Quanti bambini, a causa dei conflitti, sono privati, scrive, del “diritto fondamentale e primario alla vita e all’integrità fisica e mentale”? E analogamente quante persone lo sono del “diritto all’acqua potabile e al cibo sano”, del “diritto alla libertà di religione, alla salute, a un alloggio dignitoso, a un’istruzione di qualità e a un lavoro dignitoso”?
“Non vale le lacrime di una madre”
Domande che riportano alla convinzione tante volte ripetuta dal Papa da ogni udienza, finestra, incontro, ovvero che “la guerra è sempre una sconfitta dell’umanità” e che nessuna, sottolinea nel messaggio, “vale le lacrime di una madre che ha visto il proprio figlio mutilato o ucciso”, o “la perdita della vita di un solo essere umano, un essere sacro creato a immagine e somiglianza del Creatore”, o “l’avvelenamento della nostra casa comune”, o “la disperazione di chi è costretto a lasciare la propria patria”. Ascolto, dialogo e cooperazione sono gli unici mezzi per risolvere i contrasti e ciò che urge, conclude, è “far tacere le armi” e “ripensare la produzione e il commercio di questi strumenti di morte”, perché “le ragioni della pace siano finalmente ascoltate in modo forte e chiaro”.