Chiesa Cattolica – Italiana

Francesco: mettiamo da parte indifferenza e paura per far fiorire la pace

Il Papa ha ricevuto i nuovi ambasciatori presso la Santa Sede di Etiopia, Zambia, Tanzania, Burundi, Qatar e Mauritania, in occasione della presentazione delle lettere credenziali. Ricordata la “tragedia dei conflitti” in Sudan, Ucraina, Gaza e Haiti assieme al dramma della migrazione forzata

Isabella Piro – Città del Vaticano

Da un lato, c’è una “famiglia delle nazioni” lacerata dalla “tragedia di conflitti civili, regionali e internazionali”. Dall’altro, c’è la diplomazia che opera in nome del bene comune, della tutela dei diritti fondamentali e della costruzione di “una cultura di solidarietà fraterna e di cooperazione”. Papa Francesco sottolinea questa dicotomia nell’udienza concessa oggi, 8 giugno, a sei nuovi ambasciatori che hanno presentato le lettere credenziali.

La comunità internazionale come “famiglia di nazioni”

Ai rappresentanti diplomatici di Etiopia, Zambia, Tanzania, Burundi, Qatar e Mauritania, il Pontefice ha indicato tre parole guida per il loro servizio: famiglia, speranza e pace.

L’immagine di famiglia applicata alla comunità internazionale è appropriata, perché le famiglie “costituiscono il primo luogo in cui si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità, della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura dell’altro” (Lett. enc. Fratelli tutti, 114).

La tragedia dei conflitti in Ucraina e a Gaza

Il compito della diplomazia, afferma Francesco, è proprio quello di “promuovere e far crescere questi valori”, indispensabili per lo sviluppo integrale della persona e il progresso dei popoli, soprattutto in contesti particolarmente difficili:

Purtroppo, il tessuto della famiglia delle nazioni è oggi lacerato dalla tragedia di conflitti civili, regionali e internazionali. Pensiamo soltanto a cosa sta succedendo in Sudan, Ucraina, Gaza e Haiti, per fare solo alcuni esempi.

Il mondo lacerata da crisi umanitarie, migrazioni forzate, tratta

Il Papa non dimentica le “molteplici crisi umanitarie” presenti in diverse parti del mondo, le popolazioni prive di “alloggio, cibo, acqua e cure mediche adeguati”. Il suo pensiero va anche alla migrazione forzata, al “flagello del traffico di esseri umani”, ai tragici effetti dei mutamenti climatici, agli “squilibri economici globali”, nonché al “declino della natalità” che si sperimenta in molti Paesi.

Essere segni di speranza

Ma di fronte a questo scenario, si può rispondere con il “dialogo lungimirante, costruttivo e creativo” e con la speranza:

La speranza ci porta a riconoscere il bene presente nel mondo, e ci dà la forza necessaria ad affrontare le sfide dei nostri giorni. Per questo motivo, mi piace pensare a voi, cari Ambasciatori, come a segni di speranza, perché siete donne e uomini che cercano di costruire ponti tra i popoli, e non muri.

L’auspicio del Pontefice è quello di creare “una società più giusta e umana, in cui tutti siano accolti e in cui a tutti siano date le opportunità necessarie ad avanzare insieme sul sentiero della fraternità e della convivenza pacifica”.

La pace riconosce la dignità dell’altro

Ed è qui che entra in gioco la terza parola guida, la pace, intesa come “frutto di relazioni che riconoscono e accolgono l’altro nella sua inalienabile dignità” (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2024):

Solo quando mettiamo da parte l’indifferenza e la paura può fiorire un genuino clima di rispetto reciproco, che porti a una durevole concordia.

Essere costruttori di pace, dunque, è il mandato che Papa Francesco affida ai nuovi ambasciatori, “segno eloquente della volontà della comunità internazionale” di affrontare le ingiustizie, la discriminazione, la povertà e la disuguaglianza che affliggono il mondo.

I nuovi diplomatici – quattro donne e due uomini – sono Mahlet Hailu Guadey (Etiopia), Macenje Mazoka (Zambia), Hassan Iddi Mwamweta (Tanzania), Annonciata Sendazirasa (Burundi), Asma Naji Hussain Al-Amri (Qatar) e Mohamed Tahya Teiss (Mauritania).

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