All’udienza generale, il Papa dedica la catechesi alla virtù che ha come radice l’amore con cui Cristo risponde alle sofferenze: non c’è cosa, per quanto piccola, purché sopportata per amore di Dio, che passi senza ricompensa presso Dio
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
La pazienza è quella virtù che Gesù ci mostra nella Passione, “con mitezza e mansuetudine”, infatti, “accetta di essere arrestato, schiaffeggiato e condannato ingiustamente”. Alla vigilia del Triduo Pasquale, il Papa lo spiega nella sua terza catechesi dedicata alle virtù, all’udienza generale spostata per via della pioggia da Piazza San Pietro, dov’era programmata, in Aula Paolo VI. “È vero che sarete un po’ ammucchiati, ma almeno saremo non bagnati”, scherza Francesco all’inizio, affrontando poi il testo della catechesi in prima persona, senza l’ausilio di un lettore come avvenuto nelle ultime settimane per via della bronchite che lo aveva colpito.
I Vangeli, osserva il Papa, raccontano che Cristo “davanti a Pilato non recrimina; sopporta gli insulti, gli sputi e la flagellazione dei soldati; porta il peso della croce; perdona chi lo inchioda al legno e sulla croce non risponde alle provocazioni, ma offre misericordia”; tutto questo, sottolinea Francesco, ci offre un insegnamento.
La pazienza di Gesù non consiste in una stoica resistenza nel soffrire, ma è il frutto di un amore più grande.
Il primo tratto di ogni grande amore
La Bibbia ci rivela più volte che “Dio, di fronte alla nostra infedeltà, si mostra ‘lento all’ira’”, fa notare il Papa, e non sfoga “il proprio disgusto per il male e il peccato dell’uomo”, semmai è “pronto ogni volta a ricominciare da capo con infinita pazienza”. E se per San Paolo questo proporre il perdono davanti al peccato “è il primo tratto dell’amore di Dio”, per Francesco è anche “il primo tratto di ogni grande amore, che sa rispondere al male col bene, che non si chiude nella rabbia e nello sconforto, ma persevera e rilancia”.
Alla radice della pazienza c’è l’amore, come dice Sant’Agostino: “Uno è tanto più forte a sopportare qualunque male, quanto in lui è maggiore l’amore di Dio”.
Una virtù di cui si è spesso carenti
Dunque testimonia l’amore di Cristo il “cristiano paziente”, sottolinea Francesco, che richiama anche l’esempio di “mamme e papà, lavoratori, medici e infermieri, ammalati che ogni giorno, nel nascondimento, abbelliscono il mondo con una santa pazienza”, virtù che non sempre si possiede.
Nella normalità siamo impazienti, tutti. Ne abbiamo bisogno come della “vitamina essenziale” per andare avanti, ma ci viene istintivo spazientirci – è un istinto spazientirci – e rispondere al male col male: è difficile stare calmi, controllare l’istinto, trattenere brutte risposte, disinnescare litigi e conflitti in famiglia, al lavoro, o nella comunità cristiana. Subito viene la risposta; non siamo capaci di stare pazienti.
Andare controcorrente e attendere
Ma come essere pazienti? Per il Papa occorre “andare controcorrente rispetto alla mentalità oggi diffusa, in cui dominano la fretta e il ‘tutto e subito’; dove, anziché attendere che maturino le situazioni, si spremono le persone, pretendendo che cambino all’istante”. Tra l’altro fretta e impazienza sono “nemiche della vita spirituale”, avverte Francesco, Dio, invece “è amore, e chi ama non si stanca, non è irascibile, non dà ultimatum, ma sa attendere”.
Assimilare la pazienza del Crocifisso
Per accrescere, poi, la pazienza, che è “un frutto dello Spirito Santo”, occorre pregare e chiederla “allo Spirito di Cristo”, raccomanda il Papa.
Specialmente in questi giorni ci farà bene contemplare il Crocifisso per assimilarne la pazienza. Un bell’esercizio è anche quello di portare a Lui le persone più fastidiose (…). Si comincia dal chiedere di guardarle con compassione, con lo sguardo di Dio, sapendo distinguere i loro volti dai loro sbagli. Noi abbiamo l’abitudine di catalogare le persone con gli sbagli che fanno. No, non è buono questo. Cerchiamo le persone per i loro volti, per il loro cuore e non per gli sbagli.
Ampliare lo sguardo
Infine la pazienza va coltivata, e per questo “è bene ampliare lo sguardo”, ad esempio non restringendolo soltanto ai propri guai, è il suggerimento di Francesco, ma volgendolo alle sofferenze più gravi degli altri per imparare a sopportare le proprie, come invita a fare l’Imitazione di Cristo, “ricordando che ‘non c’è cosa, per quanto piccola, purché sopportata per amore di Dio, che passi senza ricompensa presso Dio’”. E quando ci si sente “nella morsa della prova”, c’è da aprirsi fiduciosamente e “con speranza alla novità di Dio”, incoraggia il Papa, perché Lui “non lascia deluse le nostre attese”.