Il Papa scrive un messaggio ai partecipantid del IV Congresso Internazionale di “PLURIEL, la Piattaforma Universitaria di Ricerca sull’Islam”, impengnata in un convegno ad Abu Dhabi sugli impatti del documento sul fratellanza umana, a cinque anni dalla firma. Il Pontefice sottolinea i tre ostacoli principali al dialogo: la non conoscenza dell’altro, l’assenza di ascolto e la mancanza di flessibilità intellettuale
Michele Raviart – Città del Vaticano
In un momento in cui la fratellanza e il vivere insieme sono rimessi in discussione dalle ingiustizie e dalle guerre che sono sempre “sconfitte dell’umanità”, Papa Francesco si congratula con chi porta avanti i principi e i temi del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato proprio cinque anni fa ad Abu Dhabi insieme al grande imam di Al-Azhar Al-Tayyeb. Il Pontefice esprime il proprio apprezzamento in un messaggio ai partecipanti del IV Congresso Internazionale di “PLURIEL”, la Piattaforma Universitaria di Ricerca sull’Islam che riunisce circa 180 studiosi e ricercatori di 27 Paesi impegnati nel dialogo tra cristiani e musulmani e riuniti in questi giorni nella città degli Emirati Arabi Uniti per analizzare gli impatti e le prospettive del documento.
Non fermarsi alle parole
“Facciamo in mondo che il nostro sogno di fratellanza nella pace non si fermi alle parole!”, è l’auspicio del Papa, che sottolinea la ricchezza immensa della parola ”dialogo” che “non può limitarsi a discutere attorno a un tavolo”. Tre, tuttavia, sono i mali nella società contemporanea che impediscono questo percorso, “tre mancanze dello spirito umano che distruggono la fratellanza e che è opportuno identificare bene per ritrovare la saggezza e la pace”. La prima è la “non conoscenza dell’altro”. Conoscere l’altro, costruire una fiducia reciproca, cambiare l’immagine negativa che possiamo avere di questo “fratello in umanità”, nelle pubblicazioni, nei discorsi e nell’insegnamento, è il modo per iniziare processi di pace accettabili per tutti, sottolinea Francesco. È questa, per il Papa, la via da seguire per evitare di costruire una civiltà dell’”anti-fratello”, percepito in maniera semplicistica come un nemico. La pace, infatti, senza una educazione basata sul rispetto e sulla conoscenza dell’altro, di fatto, non ha né valore né futuro.
Imparare ad ascoltare
L’intelligenza umana, sottolinea ancora il Pontefice, “si può sviluppare solo se resta curiosa e aperta a tutti i campi del reale, e se sa comunicare liberamente il frutto delle sue scoperte”, ma per fare questo è necessario ascoltare. L’”assenza di ascolto” è, quindi, la seconda trappola che nuoce alla fratellanza. Per dibattere, scrive il Papa, “occorre imparare ad ascoltare, ossia fare silenzio e rallentare, l’opposto della direzione attuale del nostro mondo postmoderno sempre agitato, pieno di immagini e di rumori”. Senza cedere all’emotività, ma anche senza temere gli inevitabili malintesi.
Avere flessibilità intellettuale
“Quanti mali si potrebbero evitare – osserva Francesco -, se ci fosse più ascolto, silenzio e al contempo parole vere, nelle famiglie, nelle comunità politiche o religiose, all’interno stesso delle università e tra i popoli e le culture!”. Dibattere, tuttavia, presuppone un’educazione alla flessibilità intellettuale, la cui mancanza è il terzo ostacolo alla fraternità. “La formazione e la ricerca”, conclude il Papa, devono quindi “mirare a rendere gli uomini e le donne dei nostri popoli non rigidi, ma duttili, vivi, aperti all’alterità, fraterni”.