Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
Lo aveva in cuore da qualche anno, da quando in un videomessaggio del 2018 ai partecipanti a un convegno internazionale sull’argomento Francesco aveva affermato a chiare note che il “catechista è una vocazione”: “Essere catechista, questa è la vocazione, non lavorare da catechista”.
E poco dopo aggiungeva che tale “forma di servizio che viene svolto nella comunità cristiana” richiedeva di essere riconosciuta “come un vero e genuino ministero della Chiesa”. La convinzione è maturata e ha preso la forma del Motu proprio Antiquum ministerium che martedì prossimo alle 11.30 verrà presentato in Sala Stampa vaticana, come annunciato oggi, alla presenza dell’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, e di monsignor Franz-Peter Tebartz-van Elst, delegato per la Catechesi del dicastero.
In prima linea
Il Motu proprio dunque istituirà formalmente il ministero di catechista, sviluppando quella dimensione evangelizzatrice dei laici auspicata dal Vaticano II. Un ruolo cui, aveva detto Francesco nel videomessaggio, spetta la responsabilità di “un primo annuncio”. In un contesto di “indifferenza religiosa – aveva indicato il Papa – la vostra parola sempre sarà un primo annuncio, che arriva a toccare il cuore e la mente di tante persone che sono di attesa di incontrare Cristo”.
A dimensione comunitaria
Un servizio da vivere con intensità di fede e in una dimensione comunitaria, come sottolineato anche lo scorso 31 gennaio nell’udienza ai partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio catechistico nazionale della Cei. “Questo è il tempo – aveva detto il Papa – per essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno. È il tempo di comunità missionarie, libere e disinteressate, che non cerchino rilevanza e tornaconti, ma percorrano i sentieri della gente del nostro tempo, chinandosi su chi è ai margini”..