All’udienza al Gruppo congiunto di Lavoro per il Dialogo tra Santa Sede e Palestina, il Papa ricorda i tormenti della Città santa e delle “sofferenze dei suoi figli”: la compassione per lei deve diventare più forte di qualsiasi ideologia, perché “merita il rispetto e la venerazione di tutti”
Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
Duemila anni fa Gesù pianse su Gerusalemme. Duemila anni dopo le lacrime continuano a scorrere “perché è come una madre il cui cuore non trova pace a causa delle sofferenze dei suoi figli”. Il Papa ricorda la storia e il presente della Città santa e implicitamente le ombre della terra su cui sorge, che ancora in questi giorni racconta pagine di cronaca intrise di sangue e violenza tra israeliani e palestinesi.
L’occasione è il saluto che Francesco rivolge ai partecipanti al colloquio del Gruppo Congiunto di Lavoro per il Dialogo, entità formata da rappresentanti del Dicastero per il Dialogo Interreligioso e della Commissione palestinese per il Dialogo Interreligioso e fondata dal cardinale Jean-Louis Tauran e dallo Sceicco Mahmoud Al-Habbash, presente all’udienza in Vaticano.
Quanti piangono per Gersusalemme
Accennando i tanti episodi della vita e della missione di Gesù che hanno avuto per teatro Gerusalemme, fino alla nascita stessa della Chiesa nel Cenacolo, Francesco ribadisce che la città – nel cui nome è contenuta la parola “pace” – è un luogo che “ha un valore universale”. Quindi si sofferma sul valore di quel pianto di Gesù narrato nel Vangelo:
Non dobbiamo passare oltre troppo in fretta. Questo pianto di Gesù merita di essere meditato, in silenzio. Fratelli e sorelle, quanti uomini e donne, ebrei, cristiani, musulmani, hanno pianto e piangono ancora oggi per Gerusalemme! Anche per noi, a volte, pensare alla Città santa muove alle lacrime, perché è come una madre il cui cuore non trova pace a causa delle sofferenze dei suoi figli.
Amata come una madre
Il dolore di Gesù, afferma Francesco, “richiama il valore della compassione: la compassione di Dio per Gerusalemme, che deve diventare la nostra compassione, più forte di qualsiasi ideologia, di qualsiasi schieramento. Più grande – conclude – dev’essere sempre l’amore per la Città santa, come per una madre, che merita il rispetto e la venerazione di tutti”.