Videomessaggio del Papa con le intenzioni di preghiera per giugno, mese in cui ricorre la Giornata internazionale delle Nazioni Unite per le vittime tale pratica antica ma che esiste ancora oggi in diversi Paesi. Ed esiste, dice il Pontefice, anche in forme sofisticate come “trattamenti degradanti, deprivazione dei sensi o detenzioni di massa in condizioni disumane”. Appello alla comunità internazionale perché garantisca un sostegno a vittime e familiari
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
“Come è possibile che la capacità di crudeltà dell’uomo sia così grande?”. Davanti agli occhi il Papa ha le immagini di detenuti in condizioni disumane: legati a una sedia, incappucciati, con le mani legate. Fotogrammi che scorrono nel videomessaggio di preghiera per il mese di giugno tutto incentrato a denunciare la pratica antica ma ancora esistente della tortura. Anzi delle “forme di tortura molto violente” in uso ancora oggi nel mondo, incluse quelle più “sofisticate” come “i trattamenti degradanti, la deprivazione dei sensi o le detenzioni di massa in condizioni disumane, che tolgono la dignità alla persona”. All’umanità il Papa pone un quesito doloroso: perché questa crudeltà? Perché di queste proporzioni?
La Giornata internazionale per le vittime di tortura
Il filmato è diffuso come di consueto all’inizio del mese dalla Rete Mondiale di preghiera del Papa in oltre 20 lingue, con una copertura di circa 114 Paesi. La scelta della intenzione di preghiera non è casuale: il prossimo 26 giugno ricorrerà infatti la Giornata internazionale delle Nazioni Unite a sostegno delle vittime della tortura, che segna l’entrata in vigore nel 1987 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (una convenzione ratificata da 162 Paesi), approvata nel 1984.
Strumenti di morte
Nel video, mentre il Pontefice scandisce in spagnolo la sua denuncia, viene mostrato l’inquietante inventario in una ipotetica stanza di tortura: secchi d’acqua con stracci, corde, batterie elettriche, pinze, martelli, machete. E non solo…
Esistono forme di tortura molto violente, altre più sofisticate: come i trattamenti degradanti, la deprivazione dei sensi o le detenzioni di massa in condizioni disumane, che tolgono la dignità alla person
La passione di Cristo
Chi riduce l’uomo a una “cosa”, perde esso stesso l’umanità. È quanto accadde anche agli aguzzini di Gesù, che durante la passione sperimentò la tortura e morì portandone i segni: le ferite delle spine e dei colpi di frusta, i lividi delle percosse, i polsi tumefatti dalle corde. Lo raccontano, nel Video, i particolari dell’Ecce homo del santuario omonimo di Mesoraca, in provincia di Crotone, che impressionano per il loro realismo.
Pensiamo a come Gesù stesso venne torturato e crocifisso.
Il grido del Papa
Papa Francesco lancia quindi il suo grido: “Fermiamo questo orrore della tortura. È imprescindibile mettere la dignità della persona al di sopra di tutto”.
Altrimenti le vittime non sono persone, sono “cose”, e possono essere abusate oltre misura, causandone la morte o provocando danni psicologici e fisici permanenti per tutta la vita.
La tortura nei secoli
Di ‘casi’ a testimonianza di questa brutalità è piena la storia. La tortura è una pratica che risale all’antichità. E se nel XVIII e XIX secolo, i Paesi occidentali hanno abolito ufficialmente il ricorso alla tortura nel sistema giudiziario e il suo uso è oggi vietato dal diritto internazionale, tale realtà che continua ad avere luogo in molti Paesi. Dal 1981, le Nazioni Unite hanno contato almeno 50 mila vittime di torture all’anno, in ogni parte del mondo. O almeno questo è il dato delle persone aiutate dal Fondo Volontario dell’organismo. Probabile che siano ancora di più le vittime e che la tortura si sia moltiplicata ora nelle aree di conflitto, come nel caso dell’aggressione russa all’Ucraina, dove sono stati riportati atti di tortura perpetrati da soldati russi contro militari e civili ucraini.
“Nuove torture”
Allo stesso tempo, e anche a motivo dell’arrivo di nuove tecnologie, è aumentato l’uso di pratiche di tortura non crudeli, come la tortura psicologica. C’è infine un’aggravante: nel mondo si fatica a individuare e punire i responsabili di torture e maltrattamenti, per motivi dovuti anche alla negazione sistemica, all’ostruzionismo e alla deliberata evasione di responsabilità da parte delle autorità pubbliche; questo scenario rende dunque difficile il conteggio e la registrazione delle vittime.
L’appello alla comunità internazionale
Ecco allora l’appello del Papa a tutta la comunità internazionale, affinché “si impegni concretamente nell’abolizione della tortura, garantendo un sostegno alle vittime e ai loro familiari”. Appello che riverbera le parole di Jorge Mario Bergoglio in un discorso del 2014 alla delegazione dell’Associazione internazionale di diritto penale, quando sottolineò che “questi abusi si potranno fermare unicamente con il fermo impegno della comunità internazionale a riconoscere il principio del primato pro homine, vale a dire della dignità della persona umana sopra ogni cosa”.
Padre Fornos: ferita nella carne dell’umanità
Alle parole del Papa, fanno eco quelle di padre Frédéric Fornos S.J., direttore Internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, che afferma: “Qualunque siano le ragioni, la tortura non può essere legittimata”. Il gesuita cita un tweet del Papa dal suo account @Pontifex del 26 giugno: “Torturare le persone è un peccato mortale! Le comunità cristiane si impegnino a sostenere le vittime della tortura”. “Gesù Cristo – aggiunge Fornos – il volto di Dio per i cristiani, si è avvicinato a tutti coloro che sono stati torturati nel corso della storia nella sua Passione. Per questo, come ci dice Francesco in Fratelli Tutti, ‘ogni violenza commessa contro un essere umano è una ferita nella carne dell’umanità’”.