Francesco e lo spirito di Helsinki, un magistero per la pace in Europa

Vatican News

Evocati durante il viaggio in Kazahkstan dello scorso anno, i principi dell’accordo che i leader europei firmarono nel ’75 hanno spesso trovato spazio nei discorsi rivolti dal Papa alle autorità dei Paesi esteri visitati. Perché ascolto, dialogo e “creatività diplomatica” sono imprescindibili per sottrarre il Vecchio continente, e non solo, alla tirannia e agli interessi della guerra

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Fu un colpo ai bastioni della Guerra fredda, la Conferenza di Helsinki del 1975. Su quella carta che nella capitale finlandese firmarono politici come Aldo Moro, Valéry Giscard d’Estaing, Leonid Brežnev e Gerald Ford, vi erano fissati dei principi che alla luce della guerra che da un anno e mezzo sta insanguinando un pezzo d’Europa sembrano diventati carta straccia sotto i cingoli dei carri armati e le traiettorie dei missili che fanno strage di civili nei condomini: “Non ricorso alla minaccia o all’uso della forza; inviolabilità delle frontiere; integrità territoriale degli Stati; composizione pacifica delle controversie”. Questo concordarono fra l’altro i leader di quell’Europa nemmeno così lontana dalla nostra. Ma solo in apparenza “sembrano” non valere più tanto. Perché nella generale inerzia della diplomazia internazionale, che non ha trovato finora l’approccio decisivo per spostare il conflitto in Ucraina dai cannoni a un tavolo di confronto, lo “spirito di Helsinki” continua a essere ricordato, sostenuto e diffuso in particolare dalla voce del Papa.
 

Diplomazia creativa

Francesco, per così dire fin dal giorno uno dell’invasione russa, ha tessuto un magistero della pace insistendo con tenacia con le autorità mondiali perché cerchino e mostrino “dialogo, negoziati, ascolto, abilità e creatività diplomatica”, come disse per esempio nell’introduzione al suo libro “Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace”, pubblicato lo scorso anno. Questa linea di pensiero – tante volte e in vari modi riproposta dalla finestra di un Angelus come dalla sedia di un’udienza in Vaticano – ha trovato di frequente uno spazio privilegiato nei discorsi rivolti alle autorità dei Paesi visitati, ovvero in quegli incontri che da consuetudine aprono i viaggi apostolici all’estero.

Leader del dialogo

È stato in Kazakhstan in particolare, nel settembre 2022, che Francesco ha fatto esplicito riferimento allo “spirito di Helsjnki”, ovvero a un’idealità – da cui deve discendere un metodo pratico – che deve animare il lavoro della politica e della diplomazia internazionali. È “sempre più pressante – aveva detto in quella circostanza – la necessità di allargare l’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro, perché il problema di qualcuno è oggi problema di tutti”, sottolineando che l’Europa contemporanea ha “bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo ‘spirito di Helsinki’, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni”.

“Europa di solidi legami”

Nell’aprile di quest’anno durante la visita in Ungheria, parlando alle autorità di Budapest, “città dei ponti”, il Papa ha detto di pensare “a un’Europa che non sia ostaggio delle parti”, preda “di populismi autoreferenziali”, ma neanche una “realtà fluida, se non gassosa” disciolta “in una sorta di sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli”. La visione condivisa con il suo uditorio è stata al contrario quella di un’Europa costruita e “centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia”, un’Europa di “solidi legami”.

Europa, ritrova “l’animo giovane”

L’eco di queste convinzioni – e in fondo di quello spirito che soffiò nell’Europa che 50 anni fa voleva lasciarsi alle spalle il ricordo di un’immane tragedia collettiva – è tornato anche oggi, in apertura della Gmg, in una Lisbona che raccoglie una fetta ampia del continente di domani. Di nuovo, nelle parole di Francesco alle autorità portoghesi, la spinta pressante a cercare “rotte coraggiose di pace”. Un‘Europa inclusiva che, grazie ai padri fondatori del continente “che pensavano alla grande”, sappia ritrovare il suo animo giovane e, andando “oltre i bisogni dell’immediato, sappia sognare “la grandezza dell’insieme”.