Il Papa con Bartolomeo I, l’arcivescovo di Canterbury Welby e i leader di altre confessioni cristiane ha presieduto la preghiera ecumenica presinodale in Piazza San Pietro: il Padre non ama proclami e schiamazzi, l’unità dei cristiani cresce senza rumore davanti alla croce
Michele Raviart – Città del Vaticano
Otto minuti di silenzio “davanti al Signore”, che “è presente” e “ci unisce”. Otto minuti in cui Papa Francesco, il Patriarca ecumenico ortodosso Bartolomeo I, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e gli altri leader e rappresentanti ecclesiali, insieme, hanno pregato con i circa 18 mila persone, tra cui migliaia di giovani giunti in Piazza San Pietro da molte parti del mondo per la Veglia ecumenica organizzata dalla Comunità di Taizè. L’intenzione è quella di affidare allo Spirito Santo i lavori della prima sessione del XVI Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi “per una Chiesa sinodale”, che inizierà il 4 ottobre dopo che da domani i partecipanti svolgeranno tre giorni di ritiro spirituale nella Fraterna Domus di Sacrofano, vicino Roma.
Il Sinodo come kairòs di fraternità
Insieme, “Together”, è anche in nome di questo raduno del popolo di Dio riunito, come ha detto Francesco nella sua omelia, “come la comunità cristiana delle origini il giorno di Pentecoste”, “come un unico gregge, amato e radunato da un solo Pastore” e “come la grande folla dell’Apocalisse”. Insieme per chiedere a Dio “di imparare nuovamente a fare silenzio per ascoltare la voce del Padre, la chiamata di Gesù e il gemito dello Spirito” in vista di un Sinodo – inteso come un camminare insieme non solo dei cattolici, ma di tutti i cristiani – che sia kairòs di fraternità e luogo dove lo Spirito Santo purifichi la Chiesa dalle chiacchere, dalle ideologie e dalle polarizzazioni”.
Dio non ama i proclami, ma il filo sonoro del silenzio
Il silenzio, infatti, sottolinea Francesco, è “importante e potente” e “può esprimere un dolore indicibile di fronte alle disgrazie, ma anche, nei momenti di gioia, una letizia che trascende le parole”. È innanzitutto essenziale “nella vita del credente” perché sta all’inizio e alla fine dell’esistenza terrena di Cristo. Il Verbo che tace nella notte della Natività e sulla croce. “In un mondo pieno di rumore”, spiega ancora il Papa accanto al Crocifisso francescano di San Damiano posto sul sagrato di San Pietro, “non siamo più abituati al silenzio, anzi a volte facciamo fatica a sopportarlo, perché ci mette di fronte a Dio e a noi stessi”.
D’altronde la verità non ha bisogno, per giungere al cuore degli uomini, di grida violente. Dio non ama i proclami e gli schiamazzi, le chiacchiere e il fragore: preferisce piuttosto, come ha fatto con Elia, parlare nel «sussurro di una brezza leggera» in un “filo sonoro di silenzio”.
Essere sinodali vuol dire accogliersi l’uno con l’altro
Come testimonia tutta l’assemblea che tacque dopo il discorso di Pietro al Concilio di il silenzio è essenziale anche nella vita della Chiesa:
Rende possibile la comunicazione fraterna, in cui lo Spirito Santo armonizza i punti di vista, perché Lui è l’armonia. Essere sinodali vuol dire accoglierci gli uni gli altri così, nella consapevolezza che tutti abbiamo qualcosa da testimoniare e da imparare, mettendoci insieme in ascolto dello “Spirito della verità”.
Permette anche, attraverso il discernimento, l’ascolto dei “gemiti inesprimibili” che riecheggiano spesso nascosti nel Popolo di Dio. “Chiediamo dunque allo Spirito”, afferma il Papa “il dono dell’ascolto per i partecipanti al Sinodo”.
La preghiera essenza dell’unità dei cristiani
Il silenzio fatto preghiera – da cui l’ecumenismo comincia e senza la quale è sterile”, è infine essenziale “nel cammino di unità dei cristiani”, “come Cristo la vuole” e “non come frutto autonomo dei nostri sforzi e secondo criteri puramente umani”.
L’unità dei cristiani cresce in silenzio davanti alla croce, proprio come i semi che riceveremo e che raffigurano i diversi doni elargiti dallo Spirito Santo alle varie tradizioni: a noi il compito di seminarli, nella certezza che Dio solo dona la crescita.
Chiediamo, conclude Francesco, di saper adorare uniti e in silenzio, “come i Magi”, il misterio del Dio fatto uomo, “certi che più saremo vicino a Cristo più saremo vicini tra di noi.
La preparazione alla veglia
Prima della veglia, organizzata in collaborazione con la Segreteria del Sinodo dei vescovi, il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, quello per i Laici, la Famiglia e la Vita e il vicariato di Roma e che ha visto coinvolte circa 50 tra realtà ecclesiali, gruppi e movimenti, quattro sono stati i momenti di ringraziamento a Dio ricordati sul sagrato di San Pietro. Dapprima quello “per il dono dell’unità” e ricordare “non c’è sinodalità senza ecumenismo e non c’è ecumenismo senza sinodalità” , con testimonianze dal Libano, dalla Slovenia e dall’Indonesia. Poi il ringraziamento per “il dono dell’altro”, con la rappresentazione dell’episodio evangelico del buon samaritano da parte dell’associazione di aiuto alle persone disabili Fede e Luce. Il ringraziamento per “il dono della pace” è simboleggiato da un giubbotto di salvataggio posto ai piedi del crocifisso, per ricordare le tante tragedie del Mediterraneo – e dalla testimonianza di una ragazza sfollata in Colombia e un ragazzo di Aleppo, in Siria. La recita del Cantico delle creature di San Francesco ha introdotto invece il ringraziamento “al dono del creato”, con sette video che hanno mostrato la bellezza della Creazione e come l’uomo stia fallendo la cura di questo dono di Dio.