Parlando ai giovani impegnati in un percorso di formazione sociopolitica, all’interno del Progetto Policoro della Conferenza Episcopale Italiana, il Papa osserva che oggi “la politica non gode di ottima fama”, soprattutto perché è inefficiente e distante dalla vita della gente, e afferma che un buon politico deve coinvolgere le persone, generare imprenditorialità e far sentire la bellezza di appartenere a una comunità
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
L’urgenza della pace oggi e il compito della politica: Papa Francesco approfondisce questi temi con i giovani che nell’ambito del Progetto Policoro della Conferenza Episcopale Italiana sono coinvolti nel percorso di formazione sociopolitica “Da ferita a feritoia – Padri e madri di pace nelle periferie del mondo”. Li riceve in udienza nella Sala Clementina del palazzo apostolico e nel suo discorso spiega anzitutto cos’è la guerra.
La guerra è il fallimento della politica. Si alimenta del veleno che considera l’altro come nemico. La guerra ci fa toccare con mano l’assurdità della corsa agli armamenti e del loro uso per la risoluzione dei conflitti.
Serve invece una “migliore politica”, sostiene il Pontefice “educarsi alla pace” e fare “un’altra guerra, una guerra interiore, una guerra su sé stessi per lavorare per la pace”.
Due diversi modi di fare politica
Fra i giovani “la politica non gode di ottima fama”, considera Francesco, a causa della corruzione, e perché è inefficiente e distante dalla vita della gente. E allora c’è bisogno di “buona politica”.
E la differenza la fanno le persone. Lo vediamo nelle amministrazioni locali: un conto è un sindaco o un assessore disponibile, e un altro è chi è inaccessibile; un conto è la politica che ascolta la realtà, che ascolta i poveri, e un altro è quella che sta chiusa nei palazzi. La politica distillata.
Il potere esercitato come dominio
Il Papa offre, a tal proposito, due esempi tratti dalla Bibbia: quello del re Acab, che “rappresenta la peggiore politica” – quel farsi spazio eliminando gli altri – che persegue non il bene comune ma interessi particolari e usa ogni mezzo per soddisfarli”: vuole allargare il suo giardino appropriandosi della vigna di Nabot che non vuole vendere la sua proprietà; Nabot verrà allora ucciso e Acab otterrà ciò che voleva.
La politica che esercita il potere come dominio e non come servizio non è capace di prendersi cura, calpesta i poveri, sfrutta la terra e affronta i conflitti con la guerra. Non sa dialogare.
L’amministrazione che cura l’interesse del popolo
L’esempio di una buona politica è invece quello di Giuseppe, figlio di Giacobbe, che “venduto come schiavo dai fratelli” viene portato poi in Egitto e, dopo varie vicende, entra al servizio del faraone che gli affida incarichi amministrativi. Francesco fa notare che “Giuseppe, che ha sofferto l’ingiustizia personalmente, non cerca il proprio interesse ma quello del popolo” e “si fa artigiano di pace”, tessendo “rapporti capaci di innovare la società”.
Avere attenzione per gli ultimi e dialogare in modo costruttivo
Per il Papa, allora, la politica deve essere alimentata dalla tenerezza e dalla fecondità: ossia “l’amore che si fa vicino e concreto”, spiega Francesco citando la Fratelli tutti, quel lasciarsi intenerire dai più piccoli, i più deboli e i più poveri, e la condivisione fatta di “dialoghi, di fiducia, di comprensione, di ascolto, di tempo speso, di risposte pronte e non rimandate”. Questo, specifica il Pontefice, “significa guardare all’avvenire e investire sulle generazioni future; avviare processi piuttosto che occupare spazi”.
Il buon politico
Infine il Papa invita i giovani del Progetto Policoro a riflettere su ciò che un buon politico deve fare e conclude il suo discorso offrendo alcuni consigli.
La vostra preoccupazione non sia il consenso elettorale né il successo personale, ma coinvolgere le persone, generare imprenditorialità – imprenditorialità, generare quello -, far fiorire sogni, far sentire la bellezza di appartenere a una comunità. La partecipazione è il balsamo sulle ferite della democrazia. Vi invito a dare il vostro contributo, a partecipare e a invitare i vostri coetanei a farlo, farlo sempre con il fine e lo stile del servizio. Il politico è un servitore.