Tiziana Campisi – Città del Vaticano
La pagina del Vangelo che descrive Gesù, nel Tempio di Gerusalemme, guardare gli scribi passeggiare “per essere notati, salutati, riveriti e per avere posti di onore” e una vedova versare nel tesoro “tutto quanto aveva per vivere” ci mette davanti lo stridente contrasto, dice Francesco: “i ricchi, che danno il superfluo per farsi vedere, e una povera donna che, senza apparire, offre tutto il poco che ha”. Il Papa spiega che è proprio questo “guardare” di Gesù ad offrirci il suo insegnamento: dobbiamo guardarci “da chi vive la fede con doppiezza, come quegli scribi”, “per non diventare come loro; mentre la vedova dobbiamo ‘guardarla’ per prenderla come modello”.
Anzitutto, guardarsi dagli ipocriti, cioè stare attenti a non basare la vita sul culto dell’apparenza, dell’esteriorità, sulla cura esagerata della propria immagine. E, soprattutto, stare attenti a non piegare la fede ai nostri interessi.
Mai approfittare del proprio ruolo
“Quegli scribi – aggiunge Francesco – coprivano, con il nome di Dio, la propria vanagloria e, ancora peggio, usavano la religione per curare i loro affari, abusando della loro autorità e sfruttando i poveri”. È il pericolo, oggi, del clericalismo: “essere sopra gli umili, sfruttarli, bastonarli, ma sentirsi perfetti. Questo è il male del clericalismo. Per il Pontefice “è un monito per ogni tempo e per tutti, Chiesa e società”.
Mai approfittare del proprio ruolo per schiacciare gli altri, mai guadagnare sulla pelle dei più deboli! E vigilare, per non cadere nella vanità, perché non ci succeda di fissarci sulle apparenze, perdendo la sostanza e vivendo nella superficialità. Chiediamoci: in quello che diciamo e facciamo, desideriamo essere apprezzati e gratificati oppure rendere un servizio a Dio e al prossimo, specialmente ai più deboli? Vigiliamo sulle falsità del cuore, sull’ipocrisia, che è una pericolosa malattia dell’anima!
Dare quanto si possiede per trovare tutto in Dio
Per guarire da questa malattia dell’anima, il rimedio suggerito dal Papa è l’invito di Gesù “a guardare alla povera vedova”: da una parte “per fare l’offerta, deve tornare a casa priva persino del poco che ha per vivere”, e qui c’è da apprendere “quanto è importante liberare il sacro dai legami con il denaro”; dall’altra c’è da lodare il suo gettare “nel tesoro tutto ciò che ha. Non le rimane niente, ma trova in Dio il suo tutto”.
Non teme di perdere il poco che ha, perché ha fiducia nel tanto di Dio, che moltiplica la gioia di chi dona. Ecco allora che Gesù la propone come maestra di fede: lei non frequenta il Tempio per mettersi la coscienza a posto, non prega per farsi vedere, non ostenta la fede, ma dona con il cuore, con generosità e gratuità.
Il “suono” di una fede senza orpelli esteriori
Descrivendo il gesto della vedova, Francesco osserva che “le sue monetine hanno un suono più bello delle grandi offerte dei ricchi, perché esprimono una vita dedita a Dio con sincerità, una fede che non vive di apparenze ma di fiducia incondizionata”. Ed esorta ad imparare da lei “una fede senza orpelli esteriori, ma interiormente sincera”, “fatta di amore umile per Dio e per i fratelli”.
Alla fine della preghiera mariana il Papa ha espresso preoccupazione per le notizie che giungono dal Corno d’Africa, in particolare dall’Etiopia, dove il conflitto che perdura da più di un anno sta provocando una grave crisi umanitaria e numerose vittime. Francesco ha invitato alla preghiera e ha levato un appello affinché prevalga il dialogo. Ha poi anche ricordato le vittime dell’incendio a Freetown in Sierra Leone, in seguito all’esplosione di carburante. E ha infine menzionato l’esempio di fede dei tre martiri della fede uccisi nel 1936 durante la guerra civile spagnola beatificati ieri a Manresa, in Spagna.