Chiesa Cattolica – Italiana

Francesco: andiamo avanti nel cammino dell’unità “perchè il mondo creda”

Nella Basilica di San Paolo fuori le mura, Papa Francesco celebra i Secondi Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo che chiudono la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Nell’omelia sottolinea la chiamata alla conversione del cuore: solo l’amore “che non torna sul passato per prendere le distanze o puntare il dito, solo questo amore che in nome di Dio antepone il fratello alla ferrea difesa del proprio sistema religioso, ci unirà”

Adriana Masotti – Città del Vaticano

“Amerai il Signore Dio tuo … e il prossimo tuo come te stesso”, il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno. Nella basilica di San Paolo fuori le mura, Papa Francesco presiede la celebrazione dei Secondi Vespri in chiusura della Settimana, nella Solennità della Conversione di San Paolo. Alla celebrazione con i 1500 fedeli che riempiono la basilica, sono presenti l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e il Metropolita Policarpo in rappresentanza del Patriarcato Ecumenico che Francesco ringrazia in modo particolare, i membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, e i vescovi cattolici e anglicani che partecipano all’incontro della Commissione internazionale per l’Unità e la Missione, in corso a Roma.

Il Papa ai Vespri per la conclusione della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani

Due domande sbagliate

“Che devo fare per ereditare la vita eterna?” e “Chi è il mio prossimo?”, sono le due domande contenute nel brano del Vangelo di questa sera su cui il Papa si sofferma per dire subito che l’espressione “fare per ereditare” e quindi “per avere” indica “una religiosità distorta basata sul possesso anziché sul dono, dove Dio è il mezzo per ottenere ciò che voglio, non il fine da amare con tutto il cuore”. Poi c’è quella sul prossimo:

Se la prima domanda rischiava di ridurre Dio al proprio “io”, questa cerca di dividere: dividere le persone in chi si deve amare e in chi si può ignorare. E dividere non è mai da Dio, è il diavolo, è il divisore. Gesù, però, non replica facendo teoria, ma con la parabola del buon samaritano, con una storia concreta, che chiama in causa anche noi. 

Un momento della celebrazione a San Paolo fuori le Mura

Solo l’amore gratuito ci unirà

Il Samaritano del racconto evangelico, osserva il Papa, non è un sacerdote o un levita ma “un eretico” che si fa lui stesso prossimo prendendosi cura delle ferite di un fratello. La domanda da porsi non è, dunque, “chi è il mio prossimo?”, ma: “io mi faccio prossimo?”. Francesco prosegue: 

Solo questo amore che diventa servizio gratuito, solo questo amore che Gesù ha proclamato e vissuto, avvicinerà i cristiani separati gli uni agli altri. Sì, solo questo amore, che non torna sul passato per prendere le distanze o puntare il dito, solo questo amore che in nome di Dio antepone il fratello alla ferrea difesa del proprio sistema religioso, solo questo amore ci unirà. Prima il fratello, dopo il sistema.

Che cosa devo fare, Signore?

“Chi è il mio prossimo”, afferma il Papa, è una domanda che ci interpella tutti, come singoli e come Chiese. Le nostre comunità, suggerisce “si fanno prossime? O restano barricate in difesa dei propri interessi, gelose della loro autonomia, rinchiuse nel calcolo dei propri vantaggi?”. Perchè “se così fosse, non si tratterebbe solo di sbagli strategici, ma di infedeltà al Vangelo”. Il Pontefice ritorna poi alla prima domanda e fa notare come san Paolo, di cui oggi si ricorda la conversione, avesse posto la domanda giusta non ponendo obiettivi ma dicendo semplicemente: “che cosa devo fare, Signore”?

La sua conversione nasce da un capovolgimento esistenziale, dove il primato non appartiene più alla sua bravura di fronte alla Legge, ma alla docilità nei riguardi di Dio, in una totale apertura a ciò che Lui vuole. Se Lui è il tesoro, il nostro programma ecclesiale non può che consistere nel fare la sua volontà, nell’andare incontro ai suoi desideri.

Papa Francesco durante l’omelia

Desiderio del Signore è l’unità

E volontà del Signore è l’unità, afferma il Papa, “perché tutti siano una sola cosa”, chiede Gesù al Padre. Per realizzare questo è necessaria la preghiera e la conversione del cuore. “Questa è la via: camminare insieme e servire insieme, mettendo la preghiera al primo posto”. Preghiamo per l’unità, ribadisce il Papa, “e continuiamo a pregare pure per la fine delle guerre, specialmente in Ucraina e in Terra Santa”. Quindi ringrazia le comunità cristiane del Burkina Faso che hanno preparato i sussidi per la celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità di quest’anno. “Possa l’amore al prossimo prendere il posto della violenza che affligge il loro Paese”, dice Francesco e poi conclude: 

Alzati, dice Gesù a ciascuno di noi e alla nostra ricerca di unità. Alziamoci allora, nel nome di Cristo, dalle nostre stanchezze e dalle nostre abitudini, e proseguiamo, andiamo avanti, perché Lui lo vuole, e lo vuole “perché il mondo creda”.

Il mandato conferito da Francesco e dall’arcivescovo Welby

Al termine dell’omelia di Francesco è l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby – ricevuto questa mattina dal Papa in Vaticano – ad offrire a braccio la sua riflessione nella quale affida a Dio e a Maria il cammino verso l’unità, chiedendo i doni della libertà “dalle catene dell’odio” e dell’“amore” che è frutto proprio della libertà. Insieme all’arcivescovo anglicano, Francesco conferisce il mandato ai vescovi della Chiesa cattolica e di quella anglicana, membri della Commissione internazionale per l’Unità e la Missione, perchè insieme possano testimoniare l’unità voluta da Dio nelle rispettive regioni. 

L’intervento del primate anglicano Welby

Il saluto finale del cardinale Koch

E’ poi il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani a concludere con il suo indirizzo di saluto la celebrazione. Il porporato ricorda che “Ama il Signore Dio tuo… e ama il prossimo tuo come te stesso”, la frase della Bibbia scelta dal gruppo ecumenico del Burkina Faso, “mette in evidenza che l’amore è particolarmente importante in tutti gli sforzi ecumenici”. Quello che viene definito come l'”ecumenismo della carità”, prosegue, è “il presupposto indispensabile” per “ogni dialogo teologico della verità”. La carità non cancella le differenze, osserva ancora, ma “le concilia in un’unità ancora più bella”. “Chiediamo al Signore di aiutarci, ogni volta che ci incontriamo tra noi cristiani, a comprendere sempre più a fondo il suo comandamento dell’amore e a viverlo in modo credibile, lasciandoci continuamente donare il suo amore nella preghiera”. 

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