Chiesa Cattolica – Italiana

Fondazione Ozanam: con la pandemia deve aumentare la solidarietà

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

La pandemia di coronavirus ha avuto una ricaduta pesante sulla situazione sociale. La povertà si tocca e si vede con sempre più evidenza. Aggrava le condizioni di chi già era indigente, senza casa e senza sostegno, e coinvolge anche persone e famiglie che fino a poco tempo fa vivevano in condizioni economiche normali. Il lavoro che è venuto a mancare ha creato una fascia di “nuovi poveri”, che sono costretti, per tirare avanti, a ricorrere alla solidarietà delle associazioni benefiche. Accanto alla Caritas, in un grande città come Roma, ruotano una serie di organizzazioni che sono diventate essenziali per la sopravvivenza di tanti. Operano capillarmente, scovando e aiutando anche coloro che si perdono nei meandri della grande città.

Alla ricerca dei nuovi poveri

Tra le realtà impegnate senza sosta sul territorio, nella capitale c’è la Fondazione Beato Federico Ozanam San Vincenzo de’ Paoli onlus. Il vicepresidente Roberto Cipriani, sociologo, spiega a Radio Vaticana-Vatican News, che è importante essere vicini alla gente per risolvere difficoltà anche piccole, ma che, se trascurate, potrebbero diventare grandi.

Ascolta l’intervista a Roberto Cipriani

È un’attività intensa che, in particolare in questo tempo di pandemia, abbiamo cercato di svolgere con grande impegno, perché le risorse sono venute meno e invece le esigenze sono aumentate. Abbiamo notato che avevano bisogno di un aiuto anche persone che in precedenza non ricorrevano alla Caritas o alla San Vincenzo o alla fondazione Ozanam. Oggi richiedono interventi di sostegno per il pagamento della bolletta della luce oppure del condominio, o ancora l’affitto della casa. E questo impegno si aggiunge all’abituale e costante nostra presenza sul territorio della città di Roma per l’offerta di cibo e di alimenti.

A proposito delle nuove povertà, in che modo le persone, le famiglie riescono ad accettare una situazione di disagio, provenendo da una condizione economica normale?

Da sociologo faccio l’osservatore partecipante, per così dire. Parto da un primo dettaglio: girando per una città come Roma si vedono molti locali di ristorazione chiusi che non hanno più riaperto. Questo significa che coloro che avevano messo su una piccola impresa nel settore della ristorazione non riescono ad andare avanti e che naturalmente anche gli operatori, i camerieri e i cuochi, quelli che contribuivano all’andamento della attività si trovano senza lavoro.

Quindi diverse famiglie si trovano senza sostegno da un giorno all’altro…

Certo, e non tutti hanno i nonni o i genitori anziani che, grazie alla loro pensione, riescono ad aiutare i familiari che ne hanno bisogno. Questa è una situazione lampante, evidentissima. Le chiusure degli esercizi per la ristorazione, ma potrei parlare anche dei teatri, delle sale da concerto musicale, delle palestre o altri esercizi commerciali, hanno provocato tanta difficoltà nella gente. E’ evidente tutto questo.

Un’altra delle vostre attività è quella di portare un pasto caldo alla sera ai senza fissa dimora…

Si, questa attività non manca mai e non si è interrotta neanche durante la pandemia. E’ per noi una tradizione molto partecipata: ogni venerdì, nei dintorni di piazza San Pietro, portiamo cibo a chi ne ha veramente bisogno.

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