Eugenio Bonanata – Città del Vaticano
La pandemia non ferma ‘24 ore per il Signore’, la tradizionale iniziativa tesa a ricondurre i fedeli al sacramento della riconciliazione. Il presidente del Pontificio Consiglio della Nuova Evangelizzazione, monsignor Rino Fisichella, parla del motto scelto per l’edizione 2021 – ‘Egli perdona tutte le colpe’ – e spiega subito che anche quest’anno l’emergenza sanitaria obbliga ad essere più prudenti.
“Dunque non ci sarà il consueto appuntamento in Piazza San Pietro alla presenza del Santo Padre. Tuttavia – prosegue – chiediamo ugualmente che in tutte le nostre comunità ci possa essere uno spazio e un luogo per poter continuare a celebrare l’iniziativa con tutte le precauzioni necessarie in questo momento”. Le adesioni sono comunque numerose, stando alle informazioni che arrivano al dicastero vaticano un po’ da tutto il mondo dalle Diocesi, dalle associazioni e dalle carceri.
Un’occasione per riflettere
Il presule sottolinea che si tratta di un’occasione per riflettere sulla propria vita e per sperimentare direttamente la misericordia di Dio. E per farlo occorre vivere con consapevolezza l’incontro col sacerdote. “Significa trovare la forza di comprendere ciò che noi siamo, i nostri limiti, le nostre contraddizioni, e quindi il nostro peccato, per presentarci davanti ad un uomo che a nome di Dio ci parla, ci consola e ci offre il perdono divino”. Percepire questa vicinanza di Dio, è particolarmente importante in vista della Pasqua che rappresenta il segno più tangibile della speranza che il Signore dà a ciascuno di noi e all’umanità intera.
Pandemia e Confessione
Monsignor Fisichella esorta a non perdere il senso profondo del sacramento della Confessione, malgrado le limitazioni in atto a causa della pandemia. “Assieme alle Conferenze Episcopali di tanti Paesi – precisa – abbiamo proposto di trovare le forme perché la confessione possa essere organizzata e celebrata in ogni caso con le dovute norme di sicurezza”. Il presule ricorda come tutto questo si traduca in genere nell’utilizzo di uno spazio interno alla Chiesa più ampio che garantisca la distanza tra il confessore e il penitente, ma anche la riservatezza e la discrezione necessarie per preservare il segreto di questo sacramento. “Là dove invece si volesse mantenere la dimensione del confessionale tradizionale – aggiunge – è bene che ci siano delle situazioni di sicurezza e di riparo, come il plexiglass, la plastica e tutte quelle soluzioni che impediscono qualsiasi eventuale forma diffusione del virus”.
Perdono, difficile ma necessario
Ma cosa dire ai fedeli che non hanno la possibilità di uscire di casa? Monsignor Fisichella consiglia di mettere in pratica ciò che diceva l’apostolo Pietro, e cioè che la carità perdona una moltitudine di peccati. Non solo gesti di carità, però. Per il presule si dovrebbe avere la capacità di mettere in campo anche gesti di perdono. Un precetto rivolto a ciascuno di noi nella propria quotidianità: in famiglia, al lavoro, nelle relazioni. Sempre in una dimensione di apertura verso gli altri, cercando di abbandonare la logica piuttosto diffusa di sentirsi parte offesa e quindi di pretendere il perdono. “Perdonare non è facile – ammette. Serve umanamente tanto coraggio, tanta disponibilità e tanto tempo. Forse può aiutare la consapevolezza di chiedere perdono per le nostre azioni”. Comunque, c’è la grazia di Dio che ci viene incontro: “la sua presenza nella nostra vita è garanzia che il perdono può essere autenticamente realizzato”, dice il presule ricordando le parole del Papa in Iraq dove ha ribadito che perdonare è necessario per rimanere cristiani. “Uno degli incontri – afferma monsignor Fisichella – è avvenuto con quella donna cui avevano ucciso un figlio che ha detto al Pontefice di aver perdonato chi ha compiuto questo gesto. Una testimonianza – conclude – tra le più significative di tutto il viaggio”.